Quo
vadis Unione Europea, quo vadis democrazia?
di
Lorenzo Russo
Sorta
con l'intenzione di creare una zona di pace e sviluppo economico tra
i paesi del continente, dopo secoli di continue lotte e conflitti
bellici che sfociarono nelle due tremende guerre mondiali, sembra
oggi, dopo settant'anni di vita, aver raggiunto un notevole punto
critico volto al suo disgregamento.
E
questo non mi meraviglia, in quanto non fu mai un'unione vera, quella
creata per migliorare le condizioni di vita dei suoi popoli, bensì
un'unione al servizio del capitale e profitto.
Troppo
occidentale, quindi, sulla scia dell'economia tipo „USA“
e meno europea, quella ispirata dal desiderio dei suoi popoli che,
drammatizzati dalle vicende del passato, non altro vollero che
convivere in pace e il progresso economico-sociale.
Un
certo grado di benessere è stato pur raggiunto, ma non è
quel benessere ispirato dalla coscienza cristiana, bensì dal
sistema del profitto materiale, seguente una curva di sviluppo
alternante tra un plus di breve durata e un minus sempre più
difficile da superare e sempre a scapito del popolo minuto.
E
non solo, il processo economico del mercato globale in atto comporta
una riduzione del benessere nei paesi finora più evoluti e
benestanti da una parte e solo un leggero superamento delle
condizioni di vita nei paesi veramente poveri dall'altra.
Chi
crede che così il mondo possa migliorare rimarrà
deluso, nel constatare che i ricchi lo saranno sempre di più e
gli altri sempre meno benestanti.
Nell'ambito
della politica economica del profitto non c'è posto per chi
vorrebbe che la ricchezza creata venga distribuita equamente.
Si
nota già in Europa un peggioramento delle condizioni di vita
dei popoli a causa della quasi permanente stagnazione dell'economia,
che costringe gli stati a indebitarsi sempre di più e
conseguentemente a ridurre i sostegni sociali.
Qui
mi meraviglia che i beneficiari di prebende varie, stipendi superiori
alle loro prestazioni e pensioni mai guadagnate non vogliano dar
segno di possedere una coscienza civile riducendole a un livello
comprensibile agli elettori.
Le
origini di questo malgoverno risiedono nel non aver curato in tempo
l'educazione morale e civile dei suoi membri.
Di
fatto, negli ultimi decenni è sorto un accaparramento di posti
e posizioni senza legittimazione formativa e caratteriale dei
pretendenti.
La
democrazia, fondata sui partiti, è colma di cicatrici causate
dal loro volere -elevato a principio- dettare e governare a tutti i
costi senza curarsi del bene dei cittadini.
Questo
sistema di governo si è allargato fino a raggiungere i
rappresentanti dell'Unione Europea, così che al cittadino non
resta che arrangiarsi, diventando opportunista, menefreghista,
populista, reazionario.
I
pochi cittadini rimasti seri non sanno che pesci pigliare e si
rassegnano.
Allora,
Europa addio, stato nazionale addio, e quanto tempo rimarrà
ancora fino al sorgere di una figura carismatica capace di
raddrizzare la situazione nefasta alla sua, da sempre conosciuta,
maniera, certo che il popolo disperato e avvilito lo seguirà
ovunque egli voglia dirigerlo.
La
storia si ripete, così, ancora una volta, perchè non
altro è che il riflesso del comportamento, in questo caso
ignorante, dell'uomo.
Ignoranza
umana o volontà divina, dove è la differenza, quando
l'uomo è un suo prodotto?
Gli
idealisti rimarranno illusi, anzi dovranno comprendere di aver
causato in parte la fine della prosperità, importando a
braccia aperte i credenti di un altro credo e cultura, e questo
perchè credono che sia richiesto dal loro Dio, che da sempre
tace, tanto da far pensare che non esista.
Eppure
esiste, ma in un'altra forma, in quella che assolve chiunque alla
fine di questa vita, ma che in essa è opportuno essere più
cauti e rigorosi nel sostenere verità generate da un ideale
spirituale pur ancora riflettente la limitatezza umana, ebbene
servendosi della ragione affinchè dal loro connubio diventi
buono nella saggezza.
Troppe
sono le difficoltà che impediscono la realizzazione di una
Europa unita e pacifica.
In
prima linea metto il sistema economico vigente, che non garantisce
una giusta spartizione del reddito prodotto e conseguentemente una
eliminazione della povertà.
In
seconda linea, non credo che la corsa ad essere il migliore
garantisca veramente una vita migliore.
Al
contrario, chi va più piano ha più tempo di valutare le
sue possibilità di raggiungere un successo beatificante e
nello stesso tempo di godere il trascorrere del tempo impiegato,
maturando in esso.
Il
contrario si riscontra ogni giorno: un frenetico stile di vita che
crea sconvolgimenti fisici e psichici, vizi di ogni sorta e danni
all'ambiente.
Che
l'uomo riesca a essere modesto e grato dopo aver sopportato grandi
catastrofi,
a volte da lui stesso causate, è conosciuto, ma che non riesca
a conservare queste buone caratteristiche nel tempo è segno
che non è ancora maturato.
Eppure
e grazie alla sua storia millenaria cristiana, l'Unione Europea
potrebbe emergere
sugli altri blocchi continentali seguendo una politica socio
economica progressista
che elimini gli sprechi, i privilegi non meritati,
i redditi non giustificati.
Nel
ruolo di precursore di una nuova vita, essa dovrebbe operare per il
beneficio di ogni membro, attraverso un programma intenso sia
educativo sia cognitivo, capace di coinvolgere ogni cittadino.
La
base, dettata dall'annunciazione cristiana, non le mancherebbe, dopo
il superamento di lotte interne condotte dai suoi rappresentanti per
mantenere il potere terreno su tutto e tutti con la forza e il
terrore.
Ciò
che le manca è il coraggio di tentare la sua realizzazione,
perchè è ancora schiava del potere industriale e
finanziario.
Non
mi sfugge che con l'avvento della democrazia sono sorti due antipodi
regolanti la convivenza sociale.
L'una,
la secolare religiosa, e l'altra quella dello stato, preteso dai
cittadini attraverso le lotte sociali dello scorso secolo con il
conseguente allargamento e miglioramento dell'istruzione.
Oggi
il cittadino pretende dallo stato di essere assistito e in caso di
necessità mantenuto, per cui ha meno bisogno di rivolgersi a
una comunità religiosa, fatto riscontrabile con la forte
diminuzione dei cittadini alle funzioni religiose.
Oggi
sono lo Stato e la Chiesa due entità indipendenti e regolanti
ognuna per sè la società.
Tutto
ciò non ha, a mio parere, nulla a che fare con il credo in un
Dio.
Dio
esiste per ognuno nella forma acquisita e non più in quella
riportata da una istituzione terrena in suo nome.
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