Basta
con islamici che sposano bambine
di
Ferdinando Camon
Quotidiani
locali del Gruppo "Espresso-Repubblica", più "Nuova
Sardegna" e "Alto Adige" 11 aprile 2017
Ennesimo
caso: ieri un marito islamico ha picchiato la moglie perché
usciva di casa senza il burqa. A Napoli. In Italia stiamo tutti
ragionando su questo tema: gli islamici che puniscono la moglie o le
figlie perché non si comportano islamicamente, commettono un
reato? O dobbiamo tollerarli, in nome del multiculturalismo? Ho
sostenuto più volte che è un reato, e va punito. Tanti
lettori mi domandano: “E chi lo dice?”. Rispondo: la
nostra Costituzione. E se chi viene qui non la conosce? Coloro che
vengono a vivere qui devono conoscerla. Domanda maligna ma un po’
sciocca: “E quanti italiani conoscono la nostra Costituzione?”.
Risposta, che può sconcertare ma poi la spiego: “Tutti”.
Non nel senso scolastico, sapere gli articoli a memoria, ma nel senso
pratico, conoscere i diritti e i doveri. Ogni italiano sa che l’uomo
non vale più della donna, che il cattolico non vale più
del non cattolico, che la teocrazia non vale più della
democrazia. Perché gli italiani “sono prodotti”
dalla nostra Costituzione, mentre gli islamici sono prodotti da
un’altra Costituzione, e su quei punti la pensano in maniera
opposta. Osservazione: ma loro credono che la loro sia la maniera
giusta. In nome del multiculturalismo dobbiamo permettere che si
comportino come la loro civiltà li ha educati?
Vedo
che un giurista interviene su questo punto delicatissimo e risponde
che “c’è reato solo quando c’è dolo”,
cioè quando chi commette un’azione è cosciente
che è illecita. Vecchia questione. Ebbene, è
un’inaccettabile. Tu hai una figlia di 14-15 anni e la obblighi
a sposare un uomo di 40 anni che lei non ha mai visto: nel tuo paese
è un’usanza, tu sei cresciuto con questa usanza, la
segui e ti senti a posto, se non la segui ti senti in colpa. Si può
punire questo comportamento? Sì. Perché ogni padre e
ogni madre sanno che obbligare una figlia a rapporti sessuali da
bambina è innaturale, obbligarla con uno sconosciuto è
violenza sessuale, aggravata dalla tua parentela e dalla sua piccola
età. Una figlia d’islamici a 14 anni è piccola
come una figlia nostra, non è che matura prima, e se tu la
obblighi a fare sesso, sai di andare contro natura. Non è che
lo sai solo se sei cristiano, lo sai in quanto uomo e padre. Una
figlia d’islamici deve uscire di casa vestita secondo i dettami
islamici, perché nei paesi islamici tutte vestono così.
Ma se vive qui, vorrà uscire vestita come le compagne. Il caso
estremo ha portato un padre a sgozzare una figlia, mentre il fratello
la teneva ferma e la madre guardava. Può darsi che in qualche
sperduto villaggio dell’Islam questo avvenga e la Giustizia non
si muova. Ma qui si muove, qui è un crimine. Si può
ammettere o perdonare, perché i genitori son cresciuti con
questa idea? No. È un crimine orrendo. Va punito?
Massimamente. Perché “non possono non sapere che
tagliare la gola a una figlia è un omicidio aggravatissimo”.
Il problema di giudicare secondo il nostro Diritto gente cresciuta in
un altro Diritto è stato affrontato col processo di
Norimberga. Gli imputati dicevano: “Obbedivamo agli ordini”,
ma l’accusa ribatteva: “Non potevate non sapere che erano
ordini criminali”. E molti furono condannati all’impiccagione.
Non per le loro idee, ma per le loro azioni. Il problema di
processare secondo un Diritto un imputato cresciuto in un altro
Diritto è noto come “processare il nemico”. C’è
un libro, pubblicato in Italia da Einaudi, con questo titolo. Anche
Cristo fu processato da nemico: lo processava l’Impero Romano,
in quanto lui predicava insegnamenti contrari a quelli dell’Impero.
L’Impero lo condannò, ma senza trovare colpa alcuna,
lavandosene le mani. Ma in coloro che picchiano la moglie mandandola
all’ospedale, sgozzano le figlie con i coltelli da cucina,
sposano con la forza le figlie piccole a sconosciuti, le colpe ci
sono. E loro non possono non saperle.
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