Letture e riletture
Alcuni
lo sanno, ma molti no e allora colgo l'occasione per spiegare come avviene il
procedimento di recensione che ho adottato fin dall'inizio.
Leggo
con attenzione il romanzo o la raccolta di racconti, operazione che a seconda dei
casi può durare da una settimana a una decina di giorni. Ultimata questa fase,
lascio riposare il tutto per circa 5-6 giorni, poi, solo nel caso che il testo
mi sia risultato gradito, procedo a una rilettura delle parti che hanno destato
maggiore interesse. Dopo 3-4 giorni anche questo lavoro è finito e posso
procedere a stilare la recensione, impegno che al massimo è di una giornata.
Perché
vi ho detto tutto questo? Il motivo è semplice: io scrivo commenti critici solo
delle opere che mi sono piaciute per una precisa scelta volta a non declassare
quegli autori che hanno impegnato la mia mente non in modo soddisfacente. Il
problema, però, è che il numero dei testi non graditi sta aumentando in misura
quasi esponenziale e quello che mi spiace di più è che la maggior parte sono
stati scritti da esordienti.
Ho
cercato di analizzare questo fenomeno e sono giunto ad alcune conclusioni:
a)
larga parte di
questi testi presenta caratteristiche di banalità, quasi fossero svolgimenti di
temi scolastici; e quando non pochi cercano di allontanarsi da schemi e trame
super utilizzate si avventurano in vicende del tutto improbabili, come se la
vita di ogni giorno non offrisse abbastanza spunti o idee; c'è quasi un
ripudio, o meglio una vergogna a parlare della vita, come se fosse un elemento
secondario.
b)
L'impostazione
spesso non è armonica, nel senso che non è presente una linea logica che unisce
i vari capitoli, tanto che, più di una volta, ho avuto l'impressione di
trovarmi non di fronte a un romanzo, ma a una raccolta di racconti; se si
volessero richiamare i termini cinematografici si potrebbe dire che non poche
opere presentano gravi lacune di montaggio.
c)
Comprendo che
il servizio di editing qualche volta chiuda un occhio involontariamente, ma ho
ravvisato in taluni scritti errori di sintassi e, ancor peggio, di grammatica,
e non si trattava certo di refusi.
Sembrerebbe
quindi che più aumentano gli scrittori, più cala la qualità delle opere e
questo può essere logico, dato che la massificazione determina sempre una meno
accurata realizzazione del progetto.
Forse
sono io che ho uno spirito troppo critico, forse sono troppo esigente, ma se
guardiamo la realtà dei fatti ci troviamo di fronte a una marea di apprendisti
scrittori che sono riusciti a pubblicare solo un libro e poi basta. Questo ci
dovrebbe far pensare che per essere autori è indispensabile avere qualche cosa
da dire e saperlo dire.
Il
traguardo, infatti, non è essere pubblicati, ma essere letti e apprezzati.