Alle
tombe di Virgilio e Leopardi
di
Gianluca Ferrari
Chi
si rimembra di voi, poeti?
Nuvole
pigre appena scalfite
dai
fischi di treni veloci
su
questo parco dove gli arbusti
e
i fiori crescono rigogliosi
soltanto
nelle descrizioni
delle
targhe sul terreno (almeno
vi
nutrono di qualche magra
consolazione:
perché l’origine
di
ciascheduna specie
è
ricondotta ai versi
del
proprio mito come, per esempio,
quella
del narciso). Una salitella
tutta
accoccolata di tornanti
-
grosso gatto bolso, assopito
in
polverose stanze…
A
mezza costa, dove sei tu, Leopardi,
un
lungo spiraglio oscuro di tufo
racchiude,
laggiù al fondo
il
gran
sterminator Vesevo,
innocua
perla
di fuoco. I passi di chi viene
a
salutarvi quasi risuonan
fragorosi
e solitari, magma
di
perdute cose. Napoli
v’ha
ingoiati, sepolti in rivolo
impensato:
erbaio che oscilla
tra
ruggini e treni; qui sbocciano semi
al
contrario: quali parole scambi
col
grande Mantovano?
Parole
che spalancano cieli ctoni,
mutano
vermi in voli, forse convincono
le
rosse rabbie del monte a rimanere
ancora
quieta profondità di rose.
Da Acquerelli
gotici (edito in proprio, 2020)
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