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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Dove nascono le storie, di massimolegnani 19/03/2018
 

Dove nascono le storie

di massimolegnani



Nello stanzone delle Poste Centrali, una stufa a gas, il soffitto troppo basso, le finestre sempre serrate e tanta gente, sudata o infreddolita, in code più o meno rassegnate, tutto rendeva l’aria mefitica estate e inverno, stagnante più dell’acqua ferma di palude. Eppure per lui era un posto stupendo, ci vedeva acqua limpida di sorgente. Questo era il suo luogo, la pipa spenta in bocca e i gomiti appoggiati a uno scrittoio piazzato in un angolo, di quelli alti che permettono di compilare indirizzi e ricevute restando in piedi, Camillo stava lì per puro diletto, mai una raccomandata da spedire o un pacco da ritirare. Stava lì per ore, come un altro sfaccendato sta a guardare gli operai al lavoro o i gorghi sempre nuovi al fiume. 
Non c’è persona per quanto poco appariscente che non abbia vissuto almeno una volta nella vita qualcosa di straordinario. Chissà chi l’aveva detto, certo l’aveva detto bene, con la voce incisiva e i modi coinvolgenti di chi ti sta rivelando una verità profonda, tanto che lui ne era rimasto profondamente colpito. Sta a te scoprirlo, aveva aggiunto quello, puntando un dito, come una chiamata alle armi, attraverso lo schermo o spingendoglielo direttamente sul torace durante una chiacchierata. Chissà com’era andata, non riusciva a ricordarselo. Ma in fondo non aveva importanza, importante era che lui avesse recepito il messaggio. Tra l’altro sto ingrassando e questa è l’occasione per fare un po’ di movimento, setacciare la città, scovare il luogo adatto, comportarmi come il cacciatore che batte la laguna alla ricerca del punto più propizio dove acquattarsi nella botte in attesa del passo delle anatre. Aveva scartato la stazione, troppa baraonda, appena studio una persona quella sale su un treno o prende di fretta il sottopasso e buonanotte. Il mercato della frutta era battuto dal vento e in estate era troppo esposto al sole. In Piazza di Città la gente andava sempre di corsa, solo i vecchi stazionavano in piccoli capannelli, e non è facile decifrare le rughe e spianare la pelle fino a riportare quei volti all’epoca in cui qualcosa era capitata, tra capo e collo, forse, o come una manna benedetta, lui non sapeva e non riusciva a interpretare. No, occorre iniziare con soggetti più semplici e più vari, decise, senza avere idea di cosa. 
La prima volta, alle Poste, vi era capitato per caso. Aveva seguito una donna che attraversava il parcheggio, il passo svelto, la falcata stretta, i polpacci nervosi, un insieme intrigante senza che ne vedesse il volto. Qualche negozio, dove lui aveva atteso con pazienza fuori, sbirciando appena dai vetri per capire come si comportasse la sua preda. Dopo alcune commissioni, la donna, già sulla via del ritorno all’auto, aveva inaspettatamente deviato verso l’edificio delle Poste. 
E lì era entrato anche lui. 
Non si accorge dell’odore stantio che regna sovrano, come un bambino non bada alla brutta musica che gracchia in un negozio di giocattoli. Si guarda intorno, polpaccionervoso gli è sgusciata via da sotto gli occhi, agile trota che con un guizzo s’è allontanata dal suo amo. L’uomo chiede permesso, s’insinua tra le file, stacca un numero per non essere diverso, il B18 coda della posta prioritaria, passa in rassegna i corpi, non ce n’è uno che assomigli a quelle gambe, la sua guida s’è involata, ma forse il suo compito s’era esaurito lì. In ogni caso presto la dimentica, incuriosito da tante storie sconosciute che lo pressano in silenzio. Sono talmente tante le storie da raccogliere e così a portata di pensiero che l’uomo si smarrisce nell’indecisione e quando sente che chiamano il suo numero infila la porta e scappa come un ladro. 
Camillo tornò alcuni giorni più tardi, come un assassino sul luogo di un delitto ancora da compiere, o come una vergine che va a bagnarsi sempre nella stessa acqua. È armato di taccuino e ha il piglio deciso di chi sa che quel giorno inizia un’avventura.

Naso aguzzo, pelle pallida, occhi in continuo movimento, le prime parole che scrisse. E, poco sotto, un grosso punto interrogativo che presto avrebbe sciolto. 

 
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