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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Un uomo semplice, di massimolegnani 01/12/2019
 
Un uomo semplice

di massimolegnani



S’incamminò lungo la vecchia costiera che, da quando avevano realizzato la superstrada poco più in alto, era diventata un percorso lungolago ad esclusivo uso di ciclisti e pedoni. Lì erano solo rumori minimi di passi e voci basse, fruscio di gomme sull’asfalto e di catene ben oliate, sciabordio dell’acqua a riva e di rari remi sul lago, e sopra questi suoni si diffondeva il gracchiare incolpevole dei corvi.

Dopo l’incidente, una caduta di bicicletta di cui non ricordava nulla, Luigi aveva dovuto rinunciare all’amata bicicletta, che suo figlio gli aveva letteralmente requisito. Era quindi costretto a muoversi a piedi, o con la corriera quando le distanze erano eccessive.

Aveva comunque mantenuto l’abitudine di prendere e andare, usciva da solo e camminava a lungo con il piglio di chi non agisce per diletto ma per uno scopo ben preciso, che però nemmeno lui sapeva quale fosse.

Quel giorno si era mosso per tempo così ora poteva procedere con un passo tranquillo che gli permettesse di sciogliere il garbuglio di pensieri. Ma i suoi pensieri, una volta dipanati e spurgati dai borbottii e mugugni da uomo solitario, si riducevano a ben poca cosa. Scorbutico e lunatico, aveva una parola di fastidio o di rancore per ogni persona conosciuta e per ogni cosa che gli succedeva intorno. Era come avvolto da una patina vischiosa di malumore da cui si liberava raramente, ma quando ci riusciva allora si apriva a sensazioni semplici che lo emozionavano. Per esempio era stato proprio lui a giudicare incolpevole il gracchiare dei corvi quando, fermatosi di colpo, aveva alzato lo sguardo a seguire il loro volo accompagnato da quel suono sgradevole.

Riprese la marcia con uno spirito più leggero e solo allora si accorse che c’era più gente del solito sulla strada, intere famiglie, gruppi di ragazzi che avrebbero dovuto essere a scuola, frotte di anziani dal passo incredibilmente svelto.

Luigi si lasciava superare da quella ininterrotta fiumana senza modificare la propria andatura. Le brigate a piedi o in bicicletta mostravano una strana euforia e una comunanza tra loro da cui lui si sentiva escluso.

Ogni tanto captava spezzoni di frasi che non l’aiutavano a comprendere che cosa stesse succedendo, chi diceva che avrebbe camminato sull’acqua, chi elogiava Cristo, chi sosteneva che era tutta una pagliacciata, ma voglio esserci perché ci guarderanno da tutto il mondo.

Luigi era sconcertato, possibile che i suoi compaesani fossero improvvisamente impazziti? Di che diavolo parlavano? Si decise a fermare un amico e a chiedere lumi.

Mi dici cosa capita?

Andiamo a Sulzano.

A fare?

Oggi la passerella è riservata a noi residenti del lago.

Quale passerella?

L’opera di Christo.

Di Cristo? Gesù è tornato sulla terra? Proprio qui?

Eddai, in che mondo vivi? Christo è l’artista che ha fatto l’installazione sul lago.

Installano un nuovo pontile al lido di Sulzano?


Alla fine l’uomo, vedendo lo smarrimento sul volto dell’amico, gli mostrò dallo smartphone alcune fotografie della passerella. Luigi doveva essere l’unico abitante del lago che non fosse al corrente dell’evento. La sua reazione fu secca, che cazzata! disse, e non aggiunse altro. Anzi, di lì a poco, smise di camminare a fianco del suo conoscente quasi a prendere le distanze da lui e da tutti gli altri.

Riprese la strada per conto suo con quel passo che non capivi se meditabondo o annoiato, ma che in ogni caso lo isolava dall’atmosfera festosa che lo circondava.

Si era spinto più in là del suo tratto abituale ed era arrivato alla vecchia galleria scavata nella roccia. Vi entrò titubante, ricordando le volte in cui accompagnava suo papà sul carro delle consegne a domicilio, la galleria era per lui un momento di paura, lo spaventava il rimbombo provocato dalle poche macchine e temeva sempre che una di queste nel buio li investisse. Rivisse con un brivido quelle emozioni, le grida allegre della gente che oggi rimbalzavano contro le pareti di roccia non erano meno terrifiche dei motori di un tempo.

Riaffiorò alla luce con sollievo.

E con la luce vide uno scorcio di lago che non ricordava: un breve prato malridotto, un muretto come una balconata sull’acqua, un cipresso solitario, il rilievo dei monti sull’altra sponda.

Abbandonò la strada e si stese sull’erba a guardare il cielo.

Corvi e gabbiani, il bianco e il nero. E il cipresso che svettava silenzioso.

Emise un sospiro prolungato, quasi gioioso, come di risveglio dopo un buon sonno. Poi si mise seduto e cavò di tasca il coltello, tagliò il pane e fette di formaggio. Bocconi lenti e occhi veloci che si saziavano al poco e al tanto che vedevano.

Luigi era arrivato.


 
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