Un
uomo semplice
di
massimolegnani
S’incamminò
lungo la vecchia costiera che, da quando avevano realizzato la
superstrada poco più in alto, era diventata un percorso
lungolago ad esclusivo uso di ciclisti e pedoni. Lì erano solo
rumori minimi di passi e voci basse, fruscio di gomme sull’asfalto
e di catene ben oliate, sciabordio dell’acqua a riva e di rari
remi sul lago, e sopra questi suoni si diffondeva il gracchiare
incolpevole dei corvi.
Dopo
l’incidente, una caduta di bicicletta di cui non ricordava
nulla, Luigi aveva dovuto rinunciare all’amata bicicletta, che
suo figlio gli aveva letteralmente requisito. Era quindi costretto a
muoversi a piedi, o con la corriera quando le distanze erano
eccessive.
Aveva
comunque mantenuto l’abitudine di prendere e andare,
usciva da solo e camminava a lungo con il piglio di chi non agisce
per diletto ma per uno scopo ben preciso, che però nemmeno lui
sapeva quale fosse.
Quel
giorno si era mosso per tempo così ora poteva procedere con un
passo tranquillo che gli permettesse di sciogliere il garbuglio di
pensieri. Ma i suoi pensieri, una volta dipanati e spurgati dai
borbottii e mugugni da uomo solitario, si riducevano a ben poca cosa.
Scorbutico e lunatico, aveva una parola di fastidio o di rancore per
ogni persona conosciuta e per ogni cosa che gli succedeva intorno.
Era come avvolto da una patina vischiosa di malumore da cui si
liberava raramente, ma quando ci riusciva allora si apriva a
sensazioni semplici che lo emozionavano. Per esempio era stato
proprio lui a giudicare incolpevole il gracchiare dei corvi quando,
fermatosi di colpo, aveva alzato lo sguardo a seguire il loro volo
accompagnato da quel suono sgradevole.
Riprese
la marcia con uno spirito più leggero e solo allora si accorse
che c’era più gente del solito sulla strada, intere
famiglie, gruppi di ragazzi che avrebbero dovuto essere a scuola,
frotte di anziani dal passo incredibilmente svelto.
Luigi
si lasciava superare da quella ininterrotta fiumana senza modificare
la propria andatura. Le brigate a piedi o in bicicletta mostravano
una strana euforia e una comunanza tra loro da cui lui si sentiva
escluso.
Ogni
tanto captava spezzoni di frasi che non l’aiutavano a
comprendere che cosa stesse succedendo, chi diceva che avrebbe
camminato sull’acqua, chi elogiava Cristo, chi sosteneva che
era tutta una pagliacciata, ma voglio esserci perché ci
guarderanno da tutto il mondo.
Luigi
era sconcertato, possibile che i suoi compaesani fossero
improvvisamente impazziti? Di che diavolo parlavano? Si decise a
fermare un amico e a chiedere lumi.
Mi
dici cosa capita?
Andiamo
a Sulzano.
A
fare?
Oggi
la passerella è riservata a noi residenti del lago.
Quale
passerella?
L’opera
di Christo.
Di
Cristo? Gesù è tornato sulla terra? Proprio qui?
Eddai,
in che mondo vivi? Christo è l’artista che ha fatto
l’installazione sul lago.
Installano
un nuovo pontile al lido di Sulzano?
Alla
fine l’uomo, vedendo lo smarrimento sul volto dell’amico,
gli mostrò dallo smartphone alcune fotografie della
passerella. Luigi doveva essere l’unico abitante del lago che
non fosse al corrente dell’evento. La sua reazione fu secca,
che cazzata! disse, e non aggiunse altro. Anzi, di lì a
poco, smise di camminare a fianco del suo conoscente quasi a prendere
le distanze da lui e da tutti gli altri.
Riprese
la strada per conto suo con quel passo che non capivi se meditabondo
o annoiato, ma che in ogni caso lo isolava dall’atmosfera
festosa che lo circondava.
Si
era spinto più in là del suo tratto abituale ed era
arrivato alla vecchia galleria scavata nella roccia. Vi entrò
titubante, ricordando le volte in cui accompagnava suo papà
sul carro delle consegne a domicilio, la galleria era per lui un
momento di paura, lo spaventava il rimbombo provocato dalle poche
macchine e temeva sempre che una di queste nel buio li investisse.
Rivisse con un brivido quelle emozioni, le grida allegre della gente
che oggi rimbalzavano contro le pareti di roccia non erano meno
terrifiche dei motori di un tempo.
Riaffiorò
alla luce con sollievo.
E
con la luce vide uno scorcio di lago che non ricordava: un breve
prato malridotto, un muretto come una balconata sull’acqua, un
cipresso solitario, il rilievo dei monti sull’altra sponda.
Abbandonò
la strada e si stese sull’erba a guardare il cielo.
Corvi
e gabbiani, il bianco e il nero. E il cipresso che svettava
silenzioso.
Emise
un sospiro prolungato, quasi gioioso, come di risveglio dopo un buon
sonno. Poi si mise seduto e cavò di tasca il coltello, tagliò
il pane e fette di formaggio. Bocconi lenti e occhi veloci che si
saziavano al poco e al tanto che vedevano.
Luigi
era arrivato.
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