L’isola
che c’è
di
massimolegnani
Tinte
calde alle pareti, arredo sobrio, locali luminosi, musica in sordina,
pochi tavolini, ciascuno con la sua lampada da lettura, qualche
divanetto tra gli scaffali dei libri, ogni cosa invitava a restare,
una sosta che non fosse di minuti contati. Su un bancone a ferro di
cavallo erano sparsi con elegante casualità stuzzicanti
cabaret di paste, libri aperti, piccoli panini ai più svariati
semi, book fotografici, zuccheriere, qualche bottiglia, volumetti di
poesia. E al centro lei, Carlina, ad accogliere, offrire,
consigliare, con una discrezione attenta ai bisogni dei clienti.
L’idea
di coniugare cibo e lettura in un luogo caldo dove il tempo fosse
come sospeso era senz’altro buona, ma l’isola che c’è
aveva aperto i battenti da oltre un mese e ancora non aveva avuto
il successo che avrebbe meritato. Forse Carlina non aveva tenuto
conto della scarsa propensione alla cultura della propria cittadina,
o forse lei doveva vincere la tradizionale diffidenza dei suoi
concittadini per le novità. In ogni caso Carlina, donna minuta
dal viso affilato e dal sorriso incostante, si era immersa nel
progetto con tutta sé stessa ed era determinata a insistere e
resistere. Non era eroismo, il suo, ma la discreta eredità di
sua nonna che le aveva permesso di iniziare quest’avventura
senza dover contrarre debiti. Certo con quella somma altri avrebbero
preferito regalarsi un soggiorno in un’isola tropicale, lei
stessa avrebbe potuto riscattare l’appartamentino in cui viveva
in affitto, ma Carlina non aveva avuto dubbi sull’utilizzo di
quel lascito. D’altronde era stata proprio sua nonna a
trasmetterle la passione per i libri e sicuramente sarebbe stata
entusiasta della sua scelta. In realtà sarebbe stata l’unica
entusiasta perché parenti e amici fino all’ultimo
avevano cercato di dissuaderla e ora, a cose fatte, la confortavano
con eccessiva premura, come fossero già certi del suo
imminente fallimento. Nemmeno Marco l’aveva sostenuta. Al
contrario, pragmatico come sempre, aveva messo su carta uno studio
accurato, calcoli, conti e proiezioni a dimostrarle con perfida
precisione quale sarebbe stato l’esito del negozio.
Dead
line prevista: 17 marzo, le disse Marco porgendole il foglio.
Carlina diede una scorsa alle cifre, fece un sorriso amaro e sminuzzò
la carta in tanti pezzetti che gli fece cadere addosso come
coriandoli a carnevale. Era il 15 dicembre, l’isola aperta da
appena una settimana, questa è la dead line del nostro
rapporto, gli disse voltandogli le spalle.
I
soldi della nonna finirono presto. Ora Carlina doveva dar fondo ai
propri risparmi, ma intanto era stato superato lo scoglio del 17
marzo e qualche cliente in più cominciava a presentarsi in
negozio. Si slacciava il cappotto, si accomodava a un tavolino,
allungava una mano su un libro lasciato lì aperto come per
caso, chiedeva una fetta di torta e, sorseggiando una tazza di tè
o un vino da meditazione, s’immergeva nella lettura
dimenticando i propri affanni.
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