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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  L’isola che c’č, di massimolegnani 28/02/2021
 
L’isola che c’è

di massimolegnani



Tinte calde alle pareti, arredo sobrio, locali luminosi, musica in sordina, pochi tavolini, ciascuno con la sua lampada da lettura, qualche divanetto tra gli scaffali dei libri, ogni cosa invitava a restare, una sosta che non fosse di minuti contati. Su un bancone a ferro di cavallo erano sparsi con elegante casualità stuzzicanti cabaret di paste, libri aperti, piccoli panini ai più svariati semi, book fotografici, zuccheriere, qualche bottiglia, volumetti di poesia. E al centro lei, Carlina, ad accogliere, offrire, consigliare, con una discrezione attenta ai bisogni dei clienti.

L’idea di coniugare cibo e lettura in un luogo caldo dove il tempo fosse come sospeso era senz’altro buona, ma l’isola che c’è aveva aperto i battenti da oltre un mese e ancora non aveva avuto il successo che avrebbe meritato. Forse Carlina non aveva tenuto conto della scarsa propensione alla cultura della propria cittadina, o forse lei doveva vincere la tradizionale diffidenza dei suoi concittadini per le novità. In ogni caso Carlina, donna minuta dal viso affilato e dal sorriso incostante, si era immersa nel progetto con tutta sé stessa ed era determinata a insistere e resistere. Non era eroismo, il suo, ma la discreta eredità di sua nonna che le aveva permesso di iniziare quest’avventura senza dover contrarre debiti. Certo con quella somma altri avrebbero preferito regalarsi un soggiorno in un’isola tropicale, lei stessa avrebbe potuto riscattare l’appartamentino in cui viveva in affitto, ma Carlina non aveva avuto dubbi sull’utilizzo di quel lascito. D’altronde era stata proprio sua nonna a trasmetterle la passione per i libri e sicuramente sarebbe stata entusiasta della sua scelta. In realtà sarebbe stata l’unica entusiasta perché parenti e amici fino all’ultimo avevano cercato di dissuaderla e ora, a cose fatte, la confortavano con eccessiva premura, come fossero già certi del suo imminente fallimento. Nemmeno Marco l’aveva sostenuta. Al contrario, pragmatico come sempre, aveva messo su carta uno studio accurato, calcoli, conti e proiezioni a dimostrarle con perfida precisione quale sarebbe stato l’esito del negozio.

Dead line prevista: 17 marzo, le disse Marco porgendole il foglio. Carlina diede una scorsa alle cifre, fece un sorriso amaro e sminuzzò la carta in tanti pezzetti che gli fece cadere addosso come coriandoli a carnevale. Era il 15 dicembre, l’isola aperta da appena una settimana, questa è la dead line del nostro rapporto, gli disse voltandogli le spalle.

I soldi della nonna finirono presto. Ora Carlina doveva dar fondo ai propri risparmi, ma intanto era stato superato lo scoglio del 17 marzo e qualche cliente in più cominciava a presentarsi in negozio. Si slacciava il cappotto, si accomodava a un tavolino, allungava una mano su un libro lasciato lì aperto come per caso, chiedeva una fetta di torta e, sorseggiando una tazza di tè o un vino da meditazione, s’immergeva nella lettura dimenticando i propri affanni.

 
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