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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Dialogo tra un architetto e un sognatore, di massimolegnani 21/05/2022
 
Dialogo tra un architetto e un sognatore

di massimolegnani



Prima la pietra, poi il legno, quindi il mattone e a seguire il cemento, l’acciaio, il vetro. Non è una graduatoria ma la successione temporale nell’uso dei materiali da costruzione. Nella storia dell’architettura abitativa puoi leggere l’evoluzione dell’uomo.

Per me è anche una classifica delle mie preferenze, modificando appena il tuo elenco, primo è il legno, poi la pietra, e a seguire gli altri in ordine sparso. Un progresso che a me sembra una involuzione verso materiali e risultati sempre più freddi.

Fosse per te staremmo ancora nelle caverne o al massimo nelle palafitte.

Nelle caverne forse no, ma ammetto che ho nostalgia per le costruzioni semplici e i materiali umili, quando nei villaggi l’unico architetto era l’uomo, di solito anziano e carico di passata esperienza, che sapesse sistemare le pietre ad angolo e i tronchi ad architrave.

D’accordo, ma perché fossilizzarti a quel periodo? Da allora la tecnica edilizia si è evoluta, è diventata cultura, ricerca della bellezza. Guarda i grattacieli sempre più arditi, strutture di acciaio e vetro che con linee pulite svettano in cielo.

È una bellezza senz’anima, tecnicismo che mi lascia indifferente.

Anche nei secoli passati, accanto all’edilizia basale, contadina, che ti sta tanto a cuore, si sono sviluppate l’architettura religiosa e quella civile con opere mirabili. Le nostre città d’arte sono colme di chiese e palazzi dalla bellezza insuperabile. Prendi SanPietro…

San Pietro è “troppo” perché possa commuovermi.

Troppo cosa? Non capisco.

Troppo sontuoso, sfacciato, una soffocante affermazione di superbia. Troppo marmo, troppe statue, troppe colonne.

Ma è assurdo. San Pietro è il punto più alto toccato dall’architettura religiosa, non solo cristiana.

Io sono per l’estetica delle piccole cose. A dirla tutta spesso non sopporto i monumenti, il loro imporsi con prosopopea, la spocchia delle statue, gli obelischi, i mezzi busti, i colonnati, non sopporto il marmo, il bronzo e gli altri materiali nobili. Milano, Firenze, Roma le accomuno nell’accusa di un eccesso, che il Duomo è esagerato, il battistero troppo tondo ed è tronfia di trionfi la colonna di Traiano. Al trionfalismo preferisco le tracce minime di un’arte umile, ai palazzi medicei antepongo un casolare in pietra che da secoli resiste, alle cattedrali gotiche la pieve in tufo fuori porta, con la parietaria che le ricopre i muri e il cielo a sostituire il tetto che s’è arreso.

Il tuo minimalismo è puerile. Così ti poni fuori dai canoni estetici universalmente accettati.

Forse sei tu che rischi di restare ingabbiato in canoni preconfezionati che ti impediscono di cogliere la bellezza delle piccole opere. Io ho volutamente estremizzato dei concetti per rendere più chiara la mia posizione. Ma il punto fermo per me è che non c’è bellezza senza commozione.

Su quest’ultima affermazione sono in parte d’accordo con te, anche se non siamo fatti di sola emotività. La conoscenza e la cultura portano ad apprezzare la bellezza non meno della commozione.

Ecco, tornando all’elenco dei materiali, io ho scelto il legno proprio perché non necessita di particolari conoscenze per essere utilizzato, ma di una sensibilità adeguata a rispettarne nodi e venature.

E io scelgo il vetro e l’acciaio per i motivi opposti, è attraverso lo studio delle loro potenzialità che posso progettare cose ardite e belle. È una continua sfida all’impossibile.

Io non amo le sfide, la frenesia del fare, il voler superare a tutti i costi i limiti. Preferisco la contemplazione, stare lì a guardare ciò che c’è già, e più è semplice e puro e più l’ammiro.




 
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