Fulmineo
incontro
di
Grazia Giordani
In
trasparenza, quasi in filigrana, dietro la vela sottile di una
minuscola barca che stava acquistando per il nipotino-mi disse dopo-
il suo sguardo color caffè scuro, brillava triste nell´ombra.
Provocante per un lievissimo strabismo, eppure, non mi voleva
provocare, solo chiedere, sprovvista di ombrello, se da quelle parti
passasse, un autobus, un mezzo pubblico.
Certo
non doveva nuotar nell´oro, altrimenti avrebbe chiamato un taxi.
Fuori
diluviava, proprio come oggi, mentre vi sto scrivendo.
Con
naturalezza, la presi sottobraccio, aprendo il mio parapioggia
grande, quello che perdo regolarmente al cinema, nei ristoranti e
sempre ritrovo, troppo ingombrante per gli occasionali ladri di
oggetti dimenticati.
La
pilotai, con garbo, verso il bar di fronte. Sedemmo nell´ombra
rischiarata da neon opachi. Seppi istintivamente che il mio volto
duro, dai lineamenti maschi, forti non le dispiaceva. Il caffè che
tremolava nelle nostre tazze era in parure con le sue pupille. Tutto
era onirico, delizioso, sfatto, come avviene nei sogni che si
sciolgono all´alba.
Non
mi disturbava la lievissima trina di rughe che incorniciava le sue
labbra ravvivate da un lucido perlato. Non mi piacciono le labbra
tinte di un rosso color del peccato.
Contraddittorio,
come sempre, con lei avrei peccato volentieri, carezzando quei
capelli mal raccolti sulla nuca, spontanei come tutta lei.
-Sta
spiovendo- mormorò la sua voce roca che, in maniera visibile mi
stava eccitando.
-Il
nipotino vorrà provare la barchetta in una pozzanghera del terrazzo.
-Devo
andare, grazie del caffè.
Troppo
banale riaccompagnarla a casa.
Lasciamo,
alla sorte, al caso, alla greca "ananke", la speranza di
rivederla.