Antonello Bianchi nasce a Roma il 21 giugno
1974. I suoi primi approcci col mondo dell'arte risalgono al 1986, quando
ascolta musica sinfonica e legge Rimbaud.
Il 27 agosto 1990 scrive il suo primo componimento poetico titolandolo
proprio con quella data che diverrà da allora in poi il suo nuovo genetliaco.
Dal settembre 1992 prende parte a incontri di poesia. Qualche mese
più tardi recita per la prima volta in pubblico alcuni
suoi componimenti. Subito dopo è avvicinato da una giornalista del Corriere della Sera che riporterà poi
l'intervista in un articolo pubblicato il 27 marzo 1993.
A tutt'oggi vanta una produzione di quasi
300 componimenti lirici divisi in nove raccolte (di cui una in lingua inglese),
due racconti brevi e un libello di filosofia che viene
inserito nella sua tesi di laurea in Scienze della Formazione dal titolo “Allegoria dell'io e tripartizione della
natura umana nell'antroposofia e nell'arte
dell'educazione di Rudolf Steiner”.
Le sue raccolte hanno una determinata forma: ogni silloge contiene
27 poesie a tema divise in 5 sezioni, con note a piè di pagina. Egli crede,
infatti, che una tale architettura possa assicurare una struttura organica e
omogenea senza annoiare o risultare incomprensibile. I temi maggiormente
trattati sono il rapporto tra il sé e l'altro-da-sé , la solitudine e la spiritualità, il pensiero e l'arte.
Entro la fine del corrente anno uscirà, per i tipi de Il Foglio, la
silloge “Il tacere del pendolo”.
Perché scrivi?
Scrivere è sempre stato per me come riempire di istantanee un album
di fotografie, come archiviare un pensiero, un'emozione, un'esperienza.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Probabilmente sì. Il messaggio potrebbe essere: la vita è
dura e meravigliosa, a noi l'onere di approfittarne.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Certo che sì, anche se è altrettanto importante saper
osservare bene ciò che si ha intorno filtrando sapientemente la realtà
attraverso la propria sensibilità.
Che cosa leggi di solito?
Gli ultimi tre libri letti sono: Nuvole. Casa. di Elfriede Jelinek, La testa ben
fatta di Edgar Morin e Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes. L'ultima poesia: Poemi dei due esili di Fernando Pessoa.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Esattamente il 27 agosto del 1990, titolo della mia prima poesia.
Per me è stata la presa di coscienza che la sola parola detta non era più
sufficiente per esprimere quello che avevo dentro.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Ammiro moltissimo gli operatori del settore, i quali hanno la mia
solidarietà e stima. Credo sia un lavoro molto gratificante e stimolante ma
allo stesso tempo difficile e che mette a dura prova dedizione e passione.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Un romanzo-poema da leggere ascoltando una selezione di musica
sinfonica scelta da me.
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
Credo di aver trovato le “radici” della mia vita nella poesia. Mi
riconosco spontaneamente scrittore di
versi. Nei periodi in cui non scrivo mi sento “radicalmente” incompleto.
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
Sincerità, personalità e provocazione.