Quadro
imperfetto – Stefania Onidi – Bertoni –
Pagg. 72 – ISBN 9788897593447
– Euro 12,00
“Resto
di donna scogliera”
È
poesia di vento e di mare, d'attesa e solitudine antica quella che
prende vita tra le pagine dell'ultima raccolta poetica di Stefania
Onidi, “Quadro imperfetto”, bellissima silloge pubblicata
sul finire dello scorso anno da Bertoni Editore di Perugia;
impreziosiscono il libro numerose illustrazioni della stessa autrice,
apprezzata artista anche in ambito pittorico.
Come
innumerevoli fili di una tela, i versi s'intrecciano l'un l'altro
componendo un legame d'amore che interroga l'onda e la “rabbia
azzurra” che s'infrangono a riva, così come i profondi
silenzi che scavano nell'anima.
“Dal centro del mio
silenzio nasce il filo./ Seme sonoro di tessitura/ leggera. Io canto.
Io accolgo.” (da “La domanda”)
Una
scrittura intrisa di sorprendente sensualità e grande fascino,
estremamente intimistica, questa della Onidi, che inizia ben presto a
evocare terracquee atmosfere mediterranee, ribadite in chiusura
dell'opera dalla suggestiva lirica intitolata “Identità”:
“Resto
donna di scogliera/ fiore di cisto selvatico/ nel taglio del vento/
nel segno del sale./ Aperta agli azzurri senza nome/ alla ruota del
sole/ alla gioia lenta della terra.”
Scorre fluente
la penna dell'autrice, tra apnee necessarie e notti insonni che
scendono come castighi, dando voce a sogni, speranze, illusioni di
una donna che cerca di sopravvivere al dolore di un'assenza e che
tesse, come una nuova Penelope, una tela destinata a restare
incompiuta.
“Questa tela non vedrà la fine/
rimarrà incompiuta. Il telaio è morto./ […] Ho
sempre ignorato le tue rotte/ non ho mai saputo di Circe o Calipso/
ho sempre guardato le mie mani, vuote di te,/ e di quel tuo nome
sconosciuto ho ricamato/ il ricordo.” (da “La versione di
Penelope”)
Echi di mito, in dosate e seducenti
sfumature, si ritrovano tra i versi che inseguono il vento o che
esplodono lenti nella solitudine del talamo, mentre la parola aiuta a
tenere in vita l'inconsistenza di un nome che si fa polvere nel vuoto
di un piatto e ad approdare, seguendo la corrente di un pensieroso
mare, all'agognata carne dalle carezze non date. Una Penelope,
tuttavia, a poco a poco non più in trepidante e speranzosa
attesa che giungano notizie dall'azzurro orizzonte d'acqua, ma infine
determinata, dopo aver assaporato l'amarezza della disillusione, a
lasciar “migrare il tempo” e a liberarsi “dalle
scorie” di colui che è assente, poiché se “il
viaggio è la sua casa”, non ci sarà ormai più
alcun ritorno da aspettare: sofferta e coraggiosa presa di coscienza
suggellata dal fermo“Così è deciso” che
sembra non ammettere repliche né ripensamenti.
“[...]
E qui rimani nel gesto immaginato di un bacio/ nel raggio spettinato
del giorno/ che svuota parole e riempie silenzi.” (da
“Analisi”)
Pagine di profonda intensità
che parlano al cuore di quell'io poetico senza tempo e luogo in cui
ci specchiamo tutti, al quale l'incanto della poesia può
persino raccontare che, in fondo, l'odissea del viaggio talvolta è
quella di chi resta, non sempre quella di chi parte.
Laura
Vargiu
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