Le
donne infelici animano l’horror di Shirley Jackson
«L’incubo»
è il vero capolavoro dei tre racconti di questa raccolta
Correrete
un certo rischio, leggendo «La ragazza scomparsa» di
Shirley Jackson (Adelphi, pp.78, euro 7, traduzione di Simona Vinci),
un doppio rischio, anzi, ovvero quello di comportarvi come Madame
Strauss che, ricevendo in anteprima da Proust i capitoli de La
«Recherche», si riprometteva di leggerne poche righe alla
volta, ma poi non resisteva. In questo caso le pagine sono poche, si
leggono in un lampo. Il secondo rischio è quello che vi
mettiate a cercare affannosamente l’opera omnia di questa
straordinaria autrice nata a San Francisco nel 1916 e morta a North
Bennington, nel Vermont nel 1965. I vent’anni trascorsi nella
comunità del villaggio, dove era approdata al seguito del
marito professore, le ispirarono «La lotteria» e «Abbiamo
sempre vissuto nel castello», entrambi per Adelphi.
Dei
tre racconti presenti nella breve raccolta «La ragazza
scomparsa» di cui stiamo ora trattando, i primi due sono
apparsi per la prima volta in rivista negli anni Cinquanta, mentre
«Incubo» è stato pubblicato postumo nel 1996.
Perché
tanto fascino nella scrittura di questa Autrice da pochi anni
rivalutata anche in Europa? Perché l’horror che sa
creare è dirompente, una volta iniziato a leggerla siamo
trascinati dentro una girandola, quasi una trappola circolare,
espressa in prosa maiuscola e di assoluta forza. La ragazza
scomparsa, tanto per rovinarvi la sorpresa, non è scomparsa
affatto, ma tutti la cercano in maniera parossistica, offrendo
attenzione a prove che confinano e si congiungono con dei nonsense.
Maestra
dell’inquietudine la Jackson conferma quanto ha sostenuto M.
Cunningham, ovvero che la letteratura rispecchia la vita. In effetti,
l’Autrice sembra non aver mai avuto un momento di felicità.
Rifiutata dalla madre e stretta nelle convenzioni degli anni
Cinquanta, soffrì di depressione e crisi d’ansia e nei
suoi libri espresse una feroce critica della società del
periodo e del ruolo che riservava alle donne, mettendo spesso al
centro dei suoi romanzi e dei suoi racconti figure materne negative e
donne infelici.
Dal
matrimonio non riuscito col critico Stanley Edgar Hyman le nacquero
quattro figli e restò per quattro lunghi anni chiusa in casa.
«L’incubo»
è il capolavoro della triade di cui stiamo trattando. Ci sono
premi fiabeschi – racconta l’Autrice – per
chi saprà trovare una certa Miss X, che, spaventatissima,
accortasi di esser lei la protagonista della ricerca, fa mille
cambiamenti del proprio abbigliamento. Cambia cappello, acquista una
cappelliera per nasconderlo, ma la voce stentorea dell’annunciatore
dei favolosi premi legati a Miss X, sottolinea in maniera
parossistica tutti i suoi mutamenti.
L’angoscia
sale come un torrente in piena. L’incubo si srotola,
attorciglia anche attorno ai nostri pensieri, quasi credessimo di
esser diventati a nostra volta la perseguitata/persecutoria e
fantomatica Miss X.
La
Jackson è stata paragonata a Poe a Lovecraft e a tanti altri
scrittori dell’horror, ma rispetto a costoro, seppure
grandissimi nel genere, l’infelice autrice aggiunge la
caratteristica, soprattutto nei tre racconti di questa silloge in
miniatura, di regalarci
«
il brivido di scoprire che l’orrore di cui leggi sta capitando
proprio “a te”».
Rai
3 Fahrenheit, in occasione della Festa della Donna, le ha dedicata
un’intera trasmissione. Peccato essere osannate post mortem.
Comunque, meglio tardi che mai.
Grazia
Giordani
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