Cartoline
di mare – Nico Orengo – Einaudi –
Pagg. 79 – ISBN 9788806571092
– Euro 26,00
Fra
terra e mare
Un'autentica
e splendida sorpresa, per me che fino a poco tempo fa non conoscevo
nemmeno il nome dell'autore, questa silloge poetica che risale alla
metà degli ormai lontani anni Ottanta!
Nato,
vissuto e morto a Torino, Nico Orengo (1944 - 2009), prolifico
scrittore che spaziava dalla prosa alla poesia, senza tralasciare le
filastrocche per l'infanzia né l'attività
giornalistica, firmò numerosi libri, molti dei quali
pubblicati dalla casa editrice Einaudi per cui aveva anche
lavorato.
Queste
sue “Cartoline di mare” si rivelano una più bella
dell'altra: una sessantina di brevi liriche (alcune, in verità,
brevissime) in cui s'intrecciano rime e assonanze ben dosate
all'interno di una scrittura poetica ricca di metafore e
similitudini, frequentemente incline all'enjambement che spezza dando
nuovo ritmo a costrutti che celebrano la Natura nel suo significato
più sublime.
Sono
i paesaggi di terra e mare (nello specifico, quelli della costa tra
Mentone e la Liguria) che fanno da sfondo ai versi di Orengo; quadri
mediterranei di grande fascino dove si spandono i profumi della
lavanda e del rosmarino sospinti dai venti, insieme ai quali corrono
anche le nuvole di Provenza “che si perdono sul mare/ e
navigano in simpatie/ di correnti, cercando/ la risalita verso le
cime/ degli olivi e dei pini [...]”. La compenetrazione fra
terra e acqua, due dei quattro elementi vitali dell'universo, è
continua, incessante, un pressoché reciproco sconfinare
dell'una nell'altra senza interruzione alcuna poiché gli
animali e i vegetali che le popolano vivono in una sorta di
simbiotico incontro che, seppur in un'area di confine, reali barriere
non conosce: “Scende il gelsomino/ ad accarezzare il mare
[...]”; “[...] i richiami incrociati/ fra il tordo e il
sarago,/ la volpe e il granchio,/ il sorbo e l'alga,/ il garofano e
l'ofiura [...]”; il mare stesso, che “fiorisce di marzo”,
è una pianura che si muove “e cerca le radici/
dell'ulivo” , i branzini sono spinti a riva incontro “ai
colombi impauriti”, mentre la terra ha portali di conchiglie e
sabbia,/ alti sulle vie con pigne [...]”. Non si contano i
passi di tal genere che sottendono confini evanescenti di rocce e
sabbia dove tutto si mescola e si confonde, sotto cieli di stagioni
che sfumano lente e si avvicendano veloci.
Splendidi
i colori che s'accendono (dal giallo allegro dei limoni al rosso vivo
dei ricci) in infiniti giochi di luce riflessi in freschi cristalli
di spuma, così come sembrano emanare da queste pagine persino
i profumi intensi della macchia mediterranea, tanto la penna
dell'autore è capace di dipingere immagini reali, e non
soltanto idilliache dal momento che il mare, che corrode e scava
gallerie in profondità, è anche teatro di lotta con
“[...] bolle di sangue,/ quando feroci le battaglie/ fra polipi
e murene/ gli scuotono il ventre [...]”. In tutto ciò,
la presenza dell'uomo è impercettibile, quasi assente ma
sempre inquietante, ridotta a una impronta o all'amo che attende il
pesce o, ancora, nello sparo che blocca il tordo “in goccia di
piume e sangue” e le tortore di primavera in pulviscoli di
cenere.
Maria
Corti, nella sua attenta introduzione alla raccolta di Nico Orengo,
parla di “un canzoniere per la Natura” che non poteva
mancare “proprio oggi che la natura si allontana, ci lascia,
per nostra colpa sparisce”: a distanza di oltre trent'anni
dalla pubblicazione di questo splendido libro, esso si presenta
ancora ai giorni nostri, alla luce dell'ulteriore sofferenza che
grava sull'ambiente, come sempre validissima lettura, offrendo ai
nostri sogni un Eden perduto che il genere umano, ahinoi!, non potrà
più recuperare.
"Ci
sono onde mai
che
arriveranno
a
riva.
Si
incrociano da levante
e
da ponente e
si
rompono al largo,
in
isole di schiuma.
In
breve evaporano
e
sprofondano
senza
ferita."
Laura
Vargiu
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