L’uomo
è forte – Corrado Alvaro – Bompiani
– Pagg. 288 – ISBN 9788845298356
– Euro 12,00
Una
distopia ignota ai più
L'ingegnere
Dale, disgustato dalla vita che conduce all'estero e smosso
nell'intenzione dalla visione di una scultura proveniente dalle sue
terre in mostra nell'Esposizione della città ove abita, decide
di tornare nel suo Paese, vi manca dagli anni della prima infanzia e
si è costantemente tenuto aggiornato sulla guerra fra
partigiani e bande che vi imperversa; Barbara, una giovane donna sua
amica, gli scrive che al momento i partigiani hanno la meglio e che è
dunque un periodo relativamente tranquillo. Gradualmente, col suo
arrivo, il lettore viene immerso in un'atmosfera dapprima impregnata
della novità tipica di chi prende contatto con una realtà
nuova, per poi sentirsi avviluppato in atmosfere sempre più
più atipiche, stranianti, inusuali: non sono eventi
particolari a innescare uno stato di allerta quanto gli
atteggiamenti, le predisposizioni personali, i comportamenti. Tutto
invita a una moderata presa d'atto di un costume nuovo, di un fare da
rimodulare, a partire dalle relazioni da instaurare con le persone.
Soprattutto
Dale si rende conto che egli è avvertito come uno straniero,
un diverso, un potenziale nemico, offrire la sua professionalità
al servizio del governo non sarà semplice, conoscere nuove
persone sarà altrettanto arduo e perfino frequentare la sua
amica Barbara potrebbe destare sospetto...
Un
romanzo distopico, anticipatore del grande fratello di Orwell, una
società privata di libertà, in balia di sussurri,
delazioni, tradimenti, denunce. Al bando ogni forma di individualità:
pensieri e sentimenti sono pericolosi, il governo ambisce alla
felicità di ognuno che può essere raggiunta annullando
il sentimento di colpa che si proverebbe al solo pensiero di non
conformarsi. -“Noi” proseguì l'Inquisitore,
“vogliamo che i nostri cittadini siano felici. Devono essere
felici per forza (...) Tutto quello che li turba è delittuoso.
Essi hanno la verità, la giustizia , la felicità. Essi
non hanno misteri. Possono vivere pubblicamente uno di fronte
all'altro, senza nascondersi nulla. Non si devono nascondere nulla.
Il mondo intero deve essere pulito, senza ombre, senza segreti, senza
veleni di desideri e di nostalgie. Ora esiste una pianta umana che
non siamo riusciti ad estirpare del tutto, è un'intera razza
di uomini. Essa deve scomparire. Dopo il mondo sarà felice,
soltanto dopo. Deve essere felice”-. Dale tenterà di
muovere obiezione a siffatte ideologie senza riuscire però a
rappresentare se stesso e la sua volontà, vittima anche a lui,
sebbene a modo suo, di un processo di involontaria adesione. L'opera
uscì nel 1938, epurata di una ventina di righe per mano della
censura fascista che avrebbe voluto falciarla di venti pagine, passò
inosservata, venne bandita solo nella Germania nazista, fu costretta
sempre per mano della censura ad un' ambientazione russa; gli è
più congeniale la dimensione atemporale che si adatta a
qualsiasi frangente nel quale venga negata la libertà. A me ha
ricordato la Spagna di Salazar rappresentata da Tabucchi in “Sostiene
Pereira”. Interessante prova di un autore non troppo conosciuto
e che si associa generalmente al mondo calabrese da lui rappresentato
nella sua opera più nota mentre penso sia più
rappresentativo il suo “Quasi una vita”, vincitore del
Premio Strega nel '51 per restituire all'intellettuale la sua giusta
dimensione.
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