Dal
fondo. I miei primi dieci anni – Franca
Canapini – Youcanprint – Pagg. 162 – ISBN
9788831610070
– Euro 12 ,00
La
prima cosa che mi viene da dire, dopo aver letto questo libro, è
che la sua lettura è stata per me un vero piacere, ma
soprattutto un arricchimento fin dalle prime pagine.
Franca fa
una breve ma significativa introduzione rivolgendosi ad Alice, una
delle sue nipotine. A lei e alla sorella Silvia vuole raccontare come
sono stati e che cosa hanno significato per la sua vita i suoi primi
dieci anni. Il libro scaturisce da una domanda fatta da Alice, che
chiede alla nonna se da bambina sia stata povera, Franca risponde di
sì e incomincia a raccontare…
Ma
il racconto non sarà solo, come lei stessa chiarisce, la sua
storia personale, ma quella di una comunità, “della
gente che negli anni Cinquanta del Novecento viveva nel microcosmo
della strada delle Cavine edelle Valli di
Chianciano Terme. Sono stata solo l’occhio bambino che ha
registrato le loro gesta perché le conosceste e il ricordo
della loro esistenza non andasse perduto”. Questo
è stato lo scopo, generoso e appassionato, che ha dato vita al
libro.
Paragrafi brevi, talvolta un po’ più lunghi,
che si intrecciano con dei testi poetici, quasi tutti scritti
dall’autrice; poesie profonde e suggestive che chiariscono e
completano le parti in prosa.
Il
libro incomincia con la sua nascita, con brevi ma significativi
riferimenti alla famiglia, in particolare ai due fratellini morti
precocemente, prima che lei stessa nascesse.
Franca racconta poi
di essere ritornata, molto tempo dopo, nei luoghi dell’infanzia,
vuole capire, farsi catturare dalla magia faticosa di quei tempi, ma
scopre che la sua nostalgia non è più per quei luoghi,
oggi troppo diversi, ma per quel mondo lontano che non c’è
più, e che vive tuttavia intensamente nei suoi ricordi.
Di questo mondo vuole parlare, e lo farà egregiamente.
Ci
presenta subito ” la donna della brocca”, sua madre
Adriana, figura importantissima nella sua vita, lo si percepisce fin
dalle prime pagine. Sarà lei a raccontarle le filastrocche per
farla mangiare, e sarà sempre lei a proteggerla e coccolarla,
a sopportarne con pazienza e con un affetto sconfinato i capricci
legati all’età. Lei, talvolta paurosa, sarà per
la figlia forte come una roccia nei tanti momenti di
difficoltà.
Altrettanto importante, per quanto in modo
diverso, la figura di Gino, suo padre. Lui che era stato in guerra,
più burbero e chiuso in se stesso, preoccupato sempre che i
soldi non potessero bastare, un po’ duro e perentorio nelle
richieste, eppure capace di trasmettere un grande affetto a
quell’unica figlia, con comportamenti talvolta maldestri ma
incisivi. L’acquisto di una piccola bicicletta tutta per lei,
il condurla con sè in campagna, una volta persino al cinema,
stendersi di notte insieme sotto un cielo illuminato dalle stelle, e
stare lì a guardarle in silenzio. Perché Gino era uomo
di poche parole ma dal cuore grande.
Ci
sono molti altri personaggi in questa storia corale. Mustiola, la
nonna, lo zio Mario, la Ginetta, il nonno Giulio, la Frasia del
Trippa, I Napoletani, Caterina, la sarta, Fedora, e i diversi amici e
amiche che frequentavano la scuola con lei.
Davvero tanti poi
gli argomenti trattati. La raccolta dell’acqua, per esempio,
nelle case non vi era ancora l’acqua corrente, la stufa a
legna, importantissima d’inverno ma anche d’estate,
nonostante il caldo, la preparazione del pane, il mercato, dove si
andava a comprare di tutto, la preoccupazione per i temporali e le
piene, la mietitura, la trebbiatura e la vendemmia, l’uccisione
del maiale, la necessità di utilizzare ogni singola parte
dell’animale, perché non si doveva buttare niente. Poi
ancora l’eccezionale nevicata del 1956, e finalmente, un
giorno, l’arrivo della luce elettrica. E infine, un evento
speciale: la televisione, che avrebbe portato l’intero mondo
dentro le case.
Dieci
anni della sua vita, quelli che vanno dal 1951 al 1961, anni che
hanno cambiato l’Italia, dieci anni della vita di un’intera
comunità.
I loro bisogni primari, la grande fatica
quotidiana, il desiderio di migliorare il futuro dei propri
figli.
Davvero brava Franca Canapini, uno sguardo, il suo,
attento e profondo, generoso e affettuoso verso tutte le persone di
cui parla e alle quali ha dato voce e spessore. Pochi tratti,
talvolta, ma essenziali, tanto che sembra di vederli e di incontrarli
questi uomini, donne e bambini venuti fuori magicamente dalla sua
memoria. Ricordi nitidi, occhi curiosi e interessati, spalancati su
quel mondo lontano.
C’è molto nella Franca di oggi
di quella bambina, mi sembra di intuire, pur non conoscendola
personalmente (spero di poterlo fare presto). La voglia di sapere, di
capire, oggi come ieri, per conoscere meglio noi stessi e il mondo in
cui viviamo.
Piera
Maria Chessa
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