La
notte – Elie Wiesel – Giuntina –
Pagg. 112 – ISBN 9788885943117 – Euro 10,00
Il
messaggero per l’umanità
Sopravvissuto
ad Auschwitz, nel 1986, una lunga vita già alle spalle, Wiesel
ottenne il Premio Nobel per la Pace in virtù del grande sforzo
umano che fece per superare l’annientamento-subìto come
individuo durante l’esperienza concentrazionaria-
trasformandolo in un intenso lavoro a favore della pace che riteneva
essere non tanto un dono divino quanto una capacità umana di
accoglienza. In occasione della celebrazione del giorno della memoria
nel nostro Paese, nel 2010, al Parlamento italiano ha, tra le altre
parole, lasciate impresse queste: “Mi hanno chiesto in
un’intervista: quando andrà in cielo, quali saranno le
parole che dirà a Dio? Io dirò un’unica parola:
perché? Questa domanda non dobbiamo farla soltanto a Dio
creatore, ma anche alle creature: perché Hitler e i suoi
accoliti, nati nel cuore del cristianesimo, hanno fatto quello che
hanno fatto? Perché volevano ad ogni costo distruggere
l’ultimo ebreo sul pianeta? Oggi, riuniti per ricordare quel
fatto, quell’avvenimento, che non ha precedenti nella storia,
ci si potrebbe chiedere: ma perché la memoria? Perché
riaprire vecchie ferite? Perché infliggere un tale dolore ai
giovani? Per i morti è troppo tardi. Sì, ciò che
è stato fatto non può essere annullato, neanche Dio può
annullare ciò che è stato fatto. Tanta paura, dolore e
tormento non possono essere dimenticati. Ma possono essere veramente
ricordati? In che modo ? In che modo possiamo aprire i nostri cuori e
le nostre anime al ricordo e, ancora, conoscere la speranza?”.
Non
fu facile per Wiesel, internato da ragazzino e unico sopravvissuto
della sua famiglia, tornare alla vita e testimoniare la sua
esperienza, pubblicò “La notte” solo nel 1958
grazie alla pressione di Mauriac, riducendo un precedente lavoro
apparso due anni prima a Buenos Aires. Si tratta di un volume di un
centinaio di pagine appena, dedicate alla memoria dei suoi cari e
portatrici di tutto l’orrore possibile, come letto purtroppo
anche in altre testimonianze, con la particolarità legata al
fatto che queste memorie si stamparono, indelebili e per sempre, dopo
essere state esperienza viva prima e decodificazione poi operata da
un ragazzo di appena quattordici anni. Come capire la notte che si
apre e diventa infinita, la successione di cambiamenti che
trasformano la vita in sopravvivenza, la morte che impèra
ovunque, lasciate per sempre le iniziali illusioni che non permettono
di stravolgere improvvisamente la sicurezza? Lo sguardo è
ampio, coglie l’insieme, consegna i particolari. L’occhio
del fanciullo si posa sulla donna che perde il senno, sul volto dei
bambini che salgono poco dopo al cielo, trasformati in volute di
fumo, gli orecchi registrano i pianti e le urla, l’olfatto
rifugge l’orrore, l’ occhio indugia sui prigionieri che
lavorano sotto il sole, scorge ciò che non dovrebbe vedere, si
sofferma infine sul pianto degli impiccati: anche un suo coetaneo
penzola, tarda a morire ma non ha pianto.
Come
ricordare? Leggendo di un giovane ortodosso, dedito allo studio,
desideroso di avvicinarsi a Dio, di un ragazzino che si scontra con
il Male e perde il suo dio per canalizzare poi la sofferenza, da
adulto, nella ricerca del bene in seno all’uomo, senza perdere
la speranza. Il comitato norvegese per il Nobel lo chiamò “il
messaggero per l’umanità”.
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