Giulio
Cesare
– William Shakespeare – Mondadori–
Pagg. XLIX-223
–
ISBN 9788804671718
– Euro
9,50
Di
necessità virtù
A
dispetto del titolo, questo dramma in cinque atti non fa di Giulio
Cesare il protagonista; si assiste invece alla rappresentazione del
passaggio dall’apoteosi cesariana alla successiva ed ennesima
piega assolutistica che prenderanno gli ormai agonizzanti statuti
repubblicani. In mezzo, l’eversivo tentativo di difesa del
repubblicanesimo maturato da Cassio e dai suoi compagni che
passeranno alla storia per aver ucciso Cesare.
Egli
muore nel terzo atto, autocelebrandosi come irremovibile nelle sue
decisioni, unico fra gli uomini, inattaccabile, un uomo che non si
piega alla piccolezza delle relazioni umane ma vede oltre, con lo
sguardo sagace, lo stesso che attonito si spegnerà constatando
il tradimento del suo Bruto. “Tu quoque, Brute, fili mi!”
reso nel dramma con “Eh tu, Brute? Allora muori, Cesare!”
I
primi due atti sono invece funzionali a descrivere l’
opportunismo della plebe urbana che inneggia a Cesare e al suo
trionfo, dimentica di aver reso lo stesso omaggio prima a Pompeo, o
ancora a imbastire la congiura ai danni di Cesare cercando di
convincere Bruto, limandone le sue ultime resistenze. È
proprio la rappresentazione del dissidio interiore di Bruto ad
occupare l’intero secondo atto. Solo, Bruto medita, pondera i
fatti, gli atteggiamenti, i comportamenti del suo caro amico e
condanna insieme al lui il genere umano quando mostrandosi umile sta
in realtà salendo i gradini della nota scala chiamata
ambizione. Lui seguirà i cospiratori ma si porrà anche
come il mediatore fra la brutalità dell’omicidio e la
necessità del suo compiersi, gestendo infine di fronte ai
concittadini e ad Antonio le sue ragioni: “… ho ucciso
il mio migliore amico per il bene di Roma, ma serberò lo
stesso pugnale per me, quando il mio paese riterrà necessaria
la mia morte”.
Il
dramma, dopo il memorabile discorso di Antonio che con fine arte
oratoria afferma ciò che nega, si avvia alla conclusione
rappresentando il costituirsi del secondo triumvirato e il decisivo
scontro a Filippi, e non tanto per evidenziare il conflitto tra
Antonio e Bruto quanto per confermare quella lontananza di intenti
che già emergeva nel primo atto tra Bruto e Cassio.
Intenso
dramma che rappresenta la distanza fra il fine e il mezzo quando in
gioco ci sono alti ideali quali la libertà e l’uguaglianza
che per essere garantite hanno necessità della violenza.
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