Dieci
prugne ai fascisti – Elvira Mujcic – Elliot
– Pagg. 160 – ISBN 9788869933325
– Euro 13,50
Ritorno
a casa
Pubblicato
nel 2016 da Elliot Edizioni, “Dieci prugne ai fascisti” è
un romanzo nel quale la scrittrice italo-bosniaca Elvira Mujcic
racconta una storia che commuove e diverte allo stesso tempo, nonché
ricca di memorie familiari.
Ci
si ritrova, infatti, a seguire le vicende della famiglia di Lania, in
Italia dagli anni del disastroso conflitto nei Balcani. Quando Nana,
la nonna, viene a mancare, si attiva la macchina organizzativa che
era stata già prevista tempo addietro per riportare in Bosnia
l’anziana donna, che aveva infatti sempre espresso il desiderio
di essere sepolta nella propria terra d’origine. Sopravvissuta
al dolore per la morte, a causa della guerra, di due figli rimasti
privi di sepoltura, è lei, la nonna, nonostante la trama del
libro ruoti attorno all’organizzazione del suo funerale, il
personaggio più vivo e vivace di tutta la narrazione, vera
figura carismatica e colonna portante di una famiglia in cui, come in
tutte le altre, si accendono battibecchi e discussioni; il suo
strenuo attaccamento alla terra evoca una circolarità
dolorosa, ma forse necessaria: “essere sul luogo dove tutto
ebbe inizio, accogliendone la fine” diviene essenziale affinché
la vita abbia un senso, non sempre comprensibile pienamente da chi è
giovane.
“[…]
Non sapevo cosa pensare: era meglio andare, correre, non tornare mai
indietro, attendere la fine lontano da dove si è venuti alla
luce? Oppure faceva bene chiudere il cerchio, ritornando?
[…]”
Rispettando
però l’ultima volontà di Nana, la figlia e i
nipoti riescono a organizzare per lei l’estremo viaggio che
diventerà, per tutti loro, occasione per un ritorno in patria
alquanto movimentato. Riuscirà il feretro, infine, a giungere
a destinazione?
Attraverso
un io narrante particolarmente spontaneo e coinvolgente, la Mujcic
(che avevo già avuto modo di apprezzare nel più recente
“Consigli per essere un buon immigrato”, Elliot Edizioni,
2019) ci dona una storia davvero bella, dove realtà e finzione
letteraria s’intrecciano com’è giusto che sia,
inquadrando temi che, alla luce della stessa vicenda familiare della
scrittrice, vanno da quello delle radici a quelli della
multiculturalità e dell’immigrazione in un Paese
straniero sentito come proprio. Il tutto sostenuto da un’altrettanto
bella scrittura, mai piatta né banale, sempre pronta a
cogliere, nonostante tutto, quella sottile ironia che la vita ci
offre nelle più svariate circostanze. Un romanzo in cui i
fascisti (o presunti tali) richiamati dal titolo non sono altro che
ragazzotti canterini da nutrire, capitati chissà come tanto
tempo fa nel più sperduto villaggio bosniaco, dai quali magari
imparare a contare fino a dieci in lingua italiana; un romanzo dove
la felicità può consistere nello sventolare
all’improvviso la bandiera di uno Stato ormai inesistente o
esplodere, incredibilmente, persino alla vista di un carro funebre.
Una lettura che consiglio vivamente!
Laura
Vargiu
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