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  Letteratura  »  Diario 1941 – 1943, di Etty Hillesum, edito da Adelphi e recensito da Siti 27/10/2020
 
Diario 1941 – 1943 – Etty Hillesum – Adelphi – Pagg. 260 – ISBN 9788845912061 – Euro 12,00



La bellezza della vita



La vita di una giovane donna di Amsterdam consegnata a otto quaderni trapuntati da una scrittura minuta al limite della decifrabilità, una vicenda biografica - nel pieno della furia antisemita- che ha corso il rischio di non essere conosciuta e che, ancora oggi, è meno nota della più citata esperienza della giovane Anne Frank. L’interessamento di J.G. Gaarlandt, giornalista, poeta, traduttore, editore e scrittore olandese, ha permesso la divulgazione prima e la conoscenza poi di questo straordinario documento che agli inizi degli anni ’80 ha iniziato a circolare in Olanda per arrivare a essere pubblicato progressivamente in Europa e nel resto del mondo.
Oggi è un classico della letteratura mondiale e lo è su più versanti: non può essere relegato a mero documento storico, possiede infatti la portata di un’opera capace di superare la “distinzione di antichità, di stile, d’autorità” a dirla come Calvino ( cfr. “Perché leggere i classici”), ed è inoltre latore di quel linguaggio universale capace di parlare agli uomini in ogni tempo e in ogni luogo. Possiede poi il valore aggiunto di farci sentire la brillante voce di una giovane donna colta - nata in una famiglia appartenente alla borghesia intellettuale ebraica - intraprendente e moderna, una donna pienamente consapevole di se stessa, alla continua ricerca della sua dimensione individuale all’interno di un sistema di relazioni sconvolto dall’eccezionalità del momento storico che sta vivendo. Intrattiene una pseudo relazione con un uomo maturo, ne è invaghita soprattutto sotto l’aspetto intellettuale, si tratta di Julius Spier, noto chirologo, psicologo e psicoterapeuta tedesco emigrato ad Amsterdam, e scrive il diario inizialmente su sua indicazione. Se inizialmente si presenta come “un povero diavolo impaurito”, una ”prigioniera di un gomitolo aggrovigliato” di fronte ai problemi della vita, tutta presa dalla sua dimensione individuale, progressivamente gli accadimenti esterni, indicativo il suicidio di un professore con il quale aveva parlato la sera prima, la spingono a cercare un compromesso, un equilibrio, una pacifica convivenza, potremmo chiamarla, tra la dimensione interiore e quella esteriore, al fine di “vivere pienamente”. E questa sarà la sua missione: accogliere la vita nella sua interezza senza essere schiacciati dalla affannosa ricerca di un senso, soprattutto quando gli arresti, il terrore, i campi di concentramento, sono tutti pensati per condurre allo smarrimento. In questo ricorda molto il tentativo operato da Levi di mantenersi sempre un essere umano facendo prevalere la pars costruens, sostenuta dalla conoscenza intesa come patrimonio culturale dell’individuo, sulla pars destruens, quella che invece potrebbe nutrirsi del contesto ambientale e storico che si sta subendo. Ecco, in Etty Hillesum, non c’è traccia di una posizione subordinata dell’individuo rispetto agli eventi: la sua eccezionalità è tutta qui. Vive la sua esistenza particolare perfettamente consapevole, ma non rinuncia a quello che tutti noi dovremmo fare: coltivare un’autentica autonomia interiore, conoscerci per guidarci perché in fondo gli altri sono deboli, insicuri e indifesi quanto noi. Senza con questo concentrarsi solamente su se stessi, anzi coltivando un profondo e sincero altruismo che permetta di raccordarci alla dimensione esterna al nostro Io.

Insomma, chi si attende la cronaca di un genocidio si troverà invece a contatto con un libro di straordinaria ricchezza spirituale, un testo da tenere sempre a portata di mano quando le difficoltà della vita paiono sopraffarci. Imprescindibile.


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