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  Letteratura  »  Non fa rumore il pianto d’un bambino, di Laura Vargiu, edito da MigrAzioni e recensito da Piera Maria Chessa 09/12/2020
 
Non fa rumore il pianto d’un bambino – Laura Vargiu – MigrAzioni – ISBN 9788894456813 – Euro 9,00




La silloge di poesie Non fa rumore il pianto d’un bambino, della poetessa e scrittrice Laura Vargiu, ci lascia subito sgomenti e privi di parole che non siano banali o molto abusate, fin dalla lettura del primo testo. I suoi versi sono, per così dire, atipici, per niente scontati. Io proverò a parlarne lasciandomi guidare dall’intuito e dalla loro bellezza.
Le sue poesie descrivono la vita in tutta la sua drammaticità, nello specifico, la guerra e i soprusi che ne derivano, il dolore e la disperazione degli adulti, donne e uomini, e quella dei piccoli.
E questo dolore, così profondo, viene raccontato e denunciato attraverso uno stile pacato, dosato in ogni sua parola. Non usa toni alti, Laura, eppure dai suoi versi salgono, intense e laceranti le urla silenziose delle donne e il pianto dei bambini, “che non fa rumore” perché coperto dall’indifferenza e dall’insensibilità di tanti.
Ma L’autrice questa sofferenza cerca di guardarla con occhi ben aperti, non volge lo sguardo altrove, la condivide e la capisce. Solo in questo modo il suo dolore sembra alleggerirsi, per la capacità, in realtà poco diffusa, di sapersi immedesimare nell’altro, in chi non ce la fa e lascia che la paura prevalga, ma anche in chi cerca di opporsi a qualcosa che è troppo grande per poterla sconfiggere da soli. Si può solo provare a scappare, per non morire.

La silloge incomincia con una breve ma significativa Nota dell’editore, seguita da un’interessante presentazione dell’Autrice che spiega come la raccolta sia nata, e quali siano stati i motivi che l’hanno spinta a scegliere proprio questi testi tra tanti altri da lei composti.
E allora leggiamo insieme alcune parti delle poesie che compongono questa bella silloge, benchè tutte meritino di essere lette interamente e approfondite con attenzione.
Il primo testo è un bel Canto intitolato 
I cieli di Gerusalemme. In esso l’autrice ricorda probabilmente un suo viaggio, e il dolore al quale ha assistito e interiorizzato profondamente.

Si riflettono i cieli di Gerusalemme
negli occhi dei bambini che non li hanno mai visti
e in quelli dei vecchi che ancora li piangono,
sventolando nei colori di una bandiera
che non trova più la strada di casa”

Ed ecco ora alcuni versi tratti da La pelle non dimentica. La conclusione amara alla quale si arriva talvolta nella vita.

Le ferite di ieri
sono le cicatrici di oggi
già orme appassite su sentieri futuri,
tutto scivola via
ma tutto resta

Perché lei, la pelle,
non dimentica.”

Vi è nella raccolta una poesia struggente che Laura Vargiu dedica “Alle madri mediterranee, a tutte le madri che hanno perso i figli per mare”. Si intitola La madre di Tunisi.

Urlo a squarciagola il tuo nome,
vuota ormai d’ogni altra parola
per far tacere il silenzio del mare,
odioso frastuono di segreti di morte
che il mio antico cuore di madre
non si rassegna ad ascoltare.”

Nella poesia Un giorno ecco cosa scrive Laura:

Un giorno
e solo quel giorno,
i miei passi troveranno le parole
che non ho mai cercato
tra le pagine bianche
delle strade d’inchiostro”

Anche nel testo I tetti di Torino troviamo dei versi molto profondi che non possono non far riflettere.

Rosseggiano
i tetti di Torino
tra i silenzi della sera,
quando s’accendono di storie
venute da lontano che raccontano sogni
d’emigrate speranze e profumi d’altri cieli
rapiti e amalgamati dal tempo”

La poesia La rosa di Damasco è dedicata “Al dramma del popolo siriano”.
Estrapolo alcuni versi .

Spirano i tuoi petali
avvizziti e inermi
lungo sentieri di profughe marce

Dimenticati
sotto sguardi spenti e vacui
dei cieli nostri d’indifferenza saturi.”

Concludo con il testo poetico Non fa rumore il pianto d’un bambino dedicato “Al dramma dimenticato dello Yemen e del suo popolo”.

Non fa rumore il pianto d’un bambino
che sanguina fra mille sparute stelle
né di una madre il grido di dolore
che pur ferisce l’infinita notte d’una terra
dov’è tramontata ormai l’alba
e il vuoto nome di Dio riempie
i crateri affamati delle bombe”

Che dire ancora? Forse soltanto che il libro va letto con calma e attenzione, come ben dice l’editore che ci introduce a questa lettura. E forse, quando si arriverà all’ultima pagina, come è capitato a me, verrà voglia di ricominciare.
Una raccolta che consiglio di leggere, che fa soffrire, ma che, nello stesso tempo, può spingerci a fare una scelta ben precisa: quella di essere meno indifferenti al dolore che ci circonda.


Piera Maria Chessa


https://pieramariachessa.wordpress.com/



 
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