Parla,
ricordo – Vladimir Nabokov – Adelphi –
Pagg. 364 – ISBN 9788845935282
– Euro 13,00
Rewind
Un
‘autobiografia rivisitata, il sottotitolo dell’opera, si
tratta infatti delle memorie certosine e fiabesche di un vero nobile
russo prima di ogni rivoluzione nella terra natia. Compendiano
trentasette anni, dal 1903 al 1940, limiti temporali che non
coincidono affatto con le canoniche date che racchiudono l’esistenza
mortale, vuoi per l’anacronia relativa alla prima - Nabokov
nacque nel 1899 - vuoi per la seconda che ne anticiperebbe di un bel
po’ il decesso. La prima data però è
significativa perché rappresenta lo squarcio praticato dal
ricordo nell’oblio generato con la nascita: Nabokov è
fermamente convinto che “la prigione del tempo è sferica
e senza sbocchi”, due le estremità che la confinano
appunto, la nascita e la morte dell’ individuo, prima e dopo il
nulla, nel mezzo il ricordo. Il primo ricordo cosciente dell’autore
si situa dunque intorno ai quattro anni e coincide con la presa di
coscienza di avere accanto due esseri che riesce finalmente a
identificare chiaramente come i suoi genitori, oltre che come le
persone che lo nutrono, lo allevano e gli vogliono bene. La seconda
data coincide invece con una rinascita: la partenza dell’esule
eterno dall’Europa per l’America. Se la prima data ha il
sapore di un affaccio privilegiato a una vita elitaria, singolare,
con la restituzione integrale di un’epoca definitivamente
tramontata, la seconda ha invece il limite di coincidere con la
parola fine. Mi sarebbe piaciuto conoscere anche l’altra vita,
quella americana, vero è che i riferimenti ad essa sono
continui nel corso delle pagine e danno modo di farsi un’idea
complessiva, resta il fatto che la delusione è stata cocente.
Una negazione di sé anche se poi, andando a rileggere la
prefazione, scopro ciò che prima non avrei potuto notare:
l’intento di Nabokov era quello di proseguire con la narrazione
degli anni americani, un intento che quindi non ha il sapore della
negazione ma della attenta preparazione : “Un giorno spero di
scrivere uno , Continua a parlare, ricordo, che copra gli anni
1940-1960 passati in America: l’evaporazione di certi elementi
volatili e la fusione di certi metalli proseguono senza sosta nei
miei alambicchi e crogioli.>>.
Sì,
perché l’autore di Lolita non lascia niente al caso e la
consegna del ricordo avviene dopo infinite revisioni che lo mettono
al riparo da errori grossolani, anche cronologici, che il racconto
della propria vita non risparmia neanche ad un perfezionista. A
partire infatti da episodi situati in qualche regione del suo lobo
temporale scandaglia la sua esistenza, anno dopo anno, sfruttando, se
può, qualsiasi elemento d’appoggio che possa utilizzare
come un ricercatore le sue fonti. Il tutto è a netto vantaggio
del lettore più ingenuo che gode del racconto di un’esistenza
da fiaba, del lettore più documentato che carpisce i segreti
di un momento storico, quale quello rivoluzionario russo dal 1905
alla disfatta dei Bianchi in Crimea, godendo intimamente quando si
affaccia un giudizio di forte condanna di quel leninismo diventato
mito in Europa, per giungere poi al lettore più importante,
quello di Nabokov stesso che regala, a chi ha letto le sue opere,
godibilissime riflessioni sull’intrecciarsi di ricordo
personale e cessione della propria esistenza ai personaggi creati,
restituendo in parte anche la genesi delle sue opere. Insomma, una
lettura per tutti in compagnia delle sue immancabili farfalle,
Nabokov era un entomologo d’eccezione, una pecca in questo
cameo che mal si sposa con le sofferenze dei cari e rari lepidotteri
spillati e all’odor di naftalina di cui andava tanto fiero.
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