Ricordo
di Vincenzo D’Alessio
di
Renzo Montagnoli
Nei
primi giorni della primavera del 2020 è venuto a mancare, dopo
lunga malattia, Vincenzo D’Alessio, un uomo dai molteplici
interessi culturali, ma soprattutto un poeta, che ho avuto modo di
apprezzare nell’arco di una decina di anni con le sue poesie
che senz’altro non possono lasciare indifferenti e che per
certi aspetti lo accomunano a un altro grande di questa nobile arte,
quel Rocco Scotellaro scomparso, ancor giovane, nel lontano 1953.
Entrambi
infatti sono stati dei cantori del Sud, un meridione non elegiaco,
popolato da povera gente che lotta ogni giorno per sopravvivere,
costretta spesso a emigrare, sfruttata sovente all’estero come
in patria.
Eppure
la poesia di Vincenzo D’Alessio va oltre i pur ampi confini
territoriali di un mezzogiorno in perenne attesa di riscatto, perché
la sua è una naturale vocazione a combattere ogni ingiustizia,
la sua è una voce che si leva a porre in risalto la
disperazione di chi è vessato ogni giorno, senza speranza di
migliorare; quello che può sembrare uno spirito rivoluzionario
in effetti non lo è, Vincenzo non era un sobillatore, né
un Masaniello, era semplicemente un uomo che richiamava l’attenzione
su problemi sovente trascurati da tanti, che invitava a chi di dovere
di non far finta di non vedere, volgendo il capo dall’altra
parte.
Avrei
voluto scrivere una monografia per rendergli onore e far comprendere
a chi leggerà il suo valore, ma purtroppo non ho letto tutta
la sua corposa e variegata produzione; pertanto sono costretto a
parlarne in termini più generici, sperando comunque che così
si possa comprendere quel che si è perso con la sua scomparsa.
Mi
sembra peraltro opportuno riportare una breve nota biobibliografica,
così come l’ho trovata sul Corriere dell’Irpinia
che il 4 aprile 2020 annunciava la sua morte.
“Vincenzo
D’Alessio, nato a Solofra 1950, viveva a Montoro (AV). Laureato
in Lettere all’Università di Salerno, è stato
l’ideatore del Premio Città di Solofra e fondatore del
Gruppo Culturale “Francesco Guarini”. Ricordiamo alcune
opere poetiche pubblicate con Fara: La valigia del meridionale
e altri viaggi (2012, 2016); Il passo verde (in Opere scelte, 2014),
La tristezza del tempo (in Emozioni in marcia, 2015) e Alfabeto per
sordi in (Rapida.mente, 2015) poi in appendice a Immagine convessa
(2017); Dopo l’inverno (2017, II class. al Faraexcelsior, III
premio del Concorso Terra d’Agavi 2018, segnalata al Premio
Civetta di Minerva, finalista al Premio Tra Secchia e Panaro 2018);
Nuove anime (2019). Del 2018 sono i Racconti di Provincia. Nei suoi
scritti abbraccia con profonda competenza la nostra letteratura:
poeta, critico, saggista, esperto di archeologia, tradizioni popolari
(in particolare del culto micaelico) e storia fa vibrare le parole e
ce le rende sorelle. L’empatia del critico (marzo 2020)
raccoglie un decennio di contributi per il blog farapoesia. Alcune
epilogie ce lo fanno conoscere nella sua acribia, umanità,
intelligenza, onestà e forza poetica.”.
Come
è possibile notare Vincenzo D’Alessio aveva una mente
eclettica, non rara nelle genti italiche; si interessava di
letteratura, di archeologia, di storia e di tradizioni popolari,
aveva fondato il Gruppo Culturale Francesco Guarini, aveva istituito
il Premio biennale di poesia Città di Solofra. E Solofra è
il comune in provincia di Avellino dove era nato, comune che deve
tanto a Vincenzo D’Alessio, sempre impegnato a valorizzarne il
territorio.
L’occasione
per conoscerlo è stata un libro di giudizi critici che mi ha
inviato l’editore Fara di Rimini e che si intitola “Profili
critici”, un volume che lessi (correva l’anno 2010) con
vero piacere, apprezzando la chiarezza dell’esposizione e la
totale indipendenza da qualsiasi influsso esterno, vuoi dell’autore
che dell’editore. Poi sono seguiti i libri di poesia che mano a
mano pubblicava con l’editore Fara, a cominciare da “Immagine
convessa”, una raccolta dedicata al figlio Antonio,
prematuramente scomparso, e che mi ha particolarmente colpito, tanto
che la mia recensione è stata ampiamente positiva, giudizio
critico che si può sintetizzare così: “Quando il
silenzio è più forte di un grido.”.
Successivamente ho avuto modo di esaminare “La valigia del
meridionale e altri viaggi”, silloge che più di tutte
avvicina la sua poetica a quella di Rocco Scotellaro, una raccolta
che è un grido di dolore per la situazione del meridione e
che, incisiva come è, ma mai violenta, e comunque sofferta, mi
ha fatto conoscere un diverso Vincenzo D’Alessio, tanto da
considerarlo l’aedo del Sud. Ancora più disperata è
poi la raccolta,
pubblicata dal suo gruppo culturale, “Versi di lotta e di
passione”, nello stesso filone di La
valigia del meridionale e altri viaggi.
Negli
ultimi tempi il
senso di ingiustizia gravava maggiormente sulle sue spalle e la sua
poesia era una denuncia sempre più accentuata di questa
condizione, ribadita da “Dopo l’inverno e altre poesie”,
una silloge
uscita nel 2018 per i tipi dell’editore Fara. Sempre lo stesso
anno ho avuto l’opportunità di leggere la narrativa di
D’Alessio, “Racconti di Provincia”, edito pure
questo da Fara, una raccolta di racconti in cui ancora una volta si
porta alla ribalta l’indigenza, ma, soprattutto, l’ingiustizia
che patisce la povera gente del Sud.
La
poesia, come è noto, riflette il suo autore e nel caso di
Vincenzo D’Alessio mi preme evidenziare come in lui la
violenza fosse del tutto bandita, perché c’era
invece solo l’amore per i meno fortunati e il desiderio che
tanta povera gente potesse avere finalmente un riscatto. Utopia?
Forse, ma se non si tenta tutto rimane come prima.
Mai
come ora avverto la sua assenza, il suo forzato silenzio, le poesie
che in questo mondo in continua e quasi sempre mai in positiva
evoluzione non sarebbero certo mancate.
Nelle
ore torride di quest’estate ogni tanto la mia mente corre a lui
e avverto chiaro che il suo silenzio è più forte di un
grido, che il Sud è diventato orfano del suo cantore.
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