Le
sirene di Baghdad – Yasmina Khadra –
Mondadori – Pagg. 280 – ISBN 9788804586869
– Euro 9,50
Devastazioni
Iraq
del dopo Saddam Hussein. Con la caduta del ra'ìs nel 2003, le
truppe statunitensi controllano il Paese, che continua tuttavia a
essere devastato da esplosioni e attentati. Le città, inclusa
la capitale, sono campi di battaglia in cui i morti ormai non si
contano più tra i civili, spesso vittime da un lato del fuoco
americano e dall'altro degli attacchi (anche suicidi) degli stessi
combattenti locali. Dimenticato nel mezzo del deserto iracheno, il
villaggio di Kafr Karam è rimasto a lungo incolume al di fuori
di tutta quella follia, finché la guerra non irrompe
brutalmente anche lì, tra la polvere e la monotonia delle
abitudini senza tempo dei suoi abitanti, attraverso i marines con le
armi spianate. È da qui che partirà la rabbia feroce di
un giovane beduino, pronto a tutto pur di vendicare l'offesa e
l'umiliazione subite.
L'abile
penna di Yasmina Khadra si concentra stavolta su un altro martoriato
angolo di quel Vicino Oriente dove la parola pace – come da
lungo tempo ci raccontano le cronache – sembra rivelarsi pura
illusione, nonostante i tentativi di esportare democrazia e
sicurezza... a suon di bombe. Come farà poi in “Khalil”
(Sellerio, 2018), lo scrittore algerino scandaglia con cura le
devastazioni dell'animo di chi crede di non avere altro mezzo, per
porre fine ad abusi e ingiustizie, se non il proprio corpo. Il
protagonista, l'io narrante che accompagna il lettore, a Baghdad
finisce in una rete terroristica che, ovviamente, di islamico nel
senso proprio del termine non ha nulla, nella quale ritrova diversi
giovani del suo stesso villaggio, tutta gente prima sfaccendata al
vecchio caffè Safir. I personaggi, da quelli principali a
quelli secondari, hanno la loro giusta collocazione, contribuendo a
rendere la storia narrata più che verosimile; tra quelli più
riusciti, Omar il Caporale, un ex militare, a Kafr Karam considerato
“un malessere ambulante”. In principio volgare e
apparentemente insensibile, sarà però lui a rivolgee al
giovane protagonista uno dei discorsi più sensati e di cuore
in mezzo alle farneticazioni di gente senza scrupoli:
“Se
vuoi combattere, fallo con onestà. Combatti per il tuo Paese,
non contro il mondo intero. Non uccidere il primo che passa, non
sparare alla cieca. Muoiono più innocenti che farabutti. […]
Il mondo non è nostro nemico. Ricorda i popoli che hanno
protestato contro la guerra preventiva, i milioni di persone che
hanno sfilato a Madrid, Roma, Parigi, Tokyo, in America e in Asia.
[…] Sono stati più numerosi che nei Paesi arabi. […]
Sarebbe atroce fare di ogni erba un fascio. Sequestrare giornalisti,
giustiziare membri di Ong che sono in mezzo a noi solo per aiutarci,
non è nelle nostre abitudini. Non offendere nessuno. Se pensi
che il tuo onore debba essere salvato, non disonorare il tuo popolo.
Non cedere alla follia. […]”
Una
prosa, quella di Khadra, assai scorrevole nella forma e pesante come
un macigno quanto alle tematiche affrontate che trovano saldo
appiglio nella crudele e incancrenita realtà del nostro tempo.
Un romanzo che si legge d'un fiato, decisamente appassionante e
coinvolgente sino alle pagine conclusive, quando con sollievo,
nonostante il tragico epilogo, si scopre che briciole di cuore e di
speranza resistono alla tempesta più atroce che vorrebbe
spazzarle via.
Laura
Vargiu
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