La
disobbedienza civile – Henry David Thoreau –
La Vita Felice – Pagg. 121 – ISBN 9788877991478
– Euro 9,50
<<That
Government is best wich Governs least>>
Pubblicato
nell’ormai lontano 1849, il breve saggio “La
disobbedienza civile” di Henry David Thoreau (1817-1862) offre
una lettura molto piacevole e interessante, il cui contenuto si
rivela di sorprendente attualità e adattabilità a ogni
luogo, sebbene esso si riferisca espressamente in più punti al
contesto polico-sociale statunitense dell'epoca.
Richiamando,
nell'incipit, un motto rimasto celebre, il filosofo e scrittore
americano imposta un ragionamento che rischia forse di far storcere
il naso ai benpensanti della politica, ma del quale si deve
riconoscere la validità.
«Deve
il cittadino rimettere la sua coscienza – anche per un solo
istante, o in minimo grado – al legislatore? [...]»
L'uomo
senza coscienza rischia di ridursi a un qualcosa che non sarebbe
degno della sua intrinseca natura; rinunciare alla propria coscienza
dinnanzi allo Stato in molti casi potrebbe significare accettare e
appoggiare l'ingiustizia, rendendosi pertanto complici di un sistema
tendente ad opprimere la popolazione nel suo insieme o, come la
Storia c'insegna, particolari minoranze.
«[...]
In ultima analisi, la ragione effettiva per cui a una maggioranza è
concesso di governare, e per lungo tratto, mentre originariamente il
potere è nelle mani del popolo, non sta nel fatto che la
maggioranza sia nel giusto più verosimilmente della minoranza;
neppure perché si reputi corretto che la minoranza ceda; il
fatto è che la maggioranza è fisicamente più
forte. Ma un governo in cui la maggioranza decida su tutto non può
essere fondato sulla giustizia, nemmeno sulla giustizia relativa al
discernimento umano. [...]»
«[...]
ma se è di tal fatta che voi dovete essere agenti
dell'ingiustizia verso altri, allora, dico, infrangete la legge. Fate
in modo che la vostra vita sviluppi un contro attrito e arresti la
macchina. [...]»
Antischiavista
e antimilitarista, disposto a entrare in un carcere pur di non cedere
di fronte a ciò che reputa ingiusta richiesta dall’alto
e restare così fedele ai suoi principî, Thoreau quando
invita a non rispettare la legge – si badi bene – rifugge
da ogni violenza e non esorta certo a far cadere la tirannia a suon
di fucilate. La personale guerra che l'autore dichiara allo Stato non
prende nemmeno in considerazione tale metodo, mentre lo Stato stesso
si rivela armato soltanto di forza fisica e coercizione, non certo di
onestà. Come egli afferma, occorre solo adottare un modus
vivendi che “arresti la macchina”.
Innegabilmente,
questo volumetto di Thoreau, nonostante la sua brevità, grazie
a una scrittura coinvolgente ed entusiasmante si presta ancora oggi
ad aprire un ampio dibattito e a fornire innumerevoli spunti di
riflessione sulla materia in questione; non a caso, è stato
ben citato dal critico Goffedo Fofi nel suo "Elogio della
disobbedienza civile" (nottetempo, 2015) .
Davvero
degna di nota, infine, la pagina conclusiva del saggio, dove ci si
sofferma su temi quali democrazia, diritti umani e progresso politico
passante attraverso il rispetto del singolo: «[...] Ma la
democrazia, come la conosciamo, è davvero l'ultimo,
insuperabile perfezionamento nel governo? […] Mai ci sarà
uno Stato davvero libero e illuminato, finché lo Stato non
riconoscerà il singolo come potere superiore e indipendente,
da cui deriva ogni suo potere e autorità, e lo tratterà
di conseguenza. Mi piace immaginare uno Stato talmente avanzato da
riuscire a essere giusto con tutti gli uomini, e a trattare il
singolo con il rispetto dovuto a un vicino; che non reputi
incompatibile con la sua autorità che alcuni vivano in
disparte […]. Uno Stato che producesse frutti di sorta, e ne
tollerasse il distacco una volta maturi, preparerebbe l'avvento di
uno Stato ancora più perfetto e glorioso, che pure ho
immaginato, senza vederlo finora in alcun dove.»
Laura
Vargiu
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