Canto
per Europa – Paolo Rumiz – Feltrinelli –
Pagg. 256 – ISBN 9788807034565
– Euro 17,00
Tra
mito e attualità
Pubblicato
lo scorso autunno da Feltrinelli, “Canto per Europa” si
svela subito al lettore come un libro originale e inconsueto,
sorprendentemente sospeso tra prosa e poesia, tra mito e storia, tra
passato e presente.
L’autore,
Paolo Rumiz, fin dal proemio “Il mare era in principio”,
incipit preannunciante il prima e il dopo della vicenda, intraprende
una narrazione che spesso, anche per la struttura del testo, sembra
seguire la via dei versi, oltre che quella del mare, dipingendo con
grande abilità il ricordo di uno straordinario itinerario
senza tempo.
“[…]
Oh Petros, Ammiraglio delle anime
ogni
tuo gesto era un inno di lode.
Quando
prendevi tranquillo il timone, triremi di Pelasgi e di
Liburni
ti passavano accanto e le Nereidi cantavano per te
dolci
canzoni.
[…]”
Un
racconto, un viaggio, un’avventura, lungo le cui rotte
benedette e illuminate dalla luna s’incontra “una storia
d’argento e zaffiro/ profumata di donna e gelsomino”. Un
animato navigare attraverso il Mediterraneo e le sue meravigliose
costellazioni di isole, dalle coste del Vicino Oriente a quelle della
nostra penisola, a bordo di Moya, una vecchia massiccia imbarcazione
dei mari del Nord dalla vela rossa e dai grandi occhi dipinti a prua,
insieme a un equipaggio di quattro uomini “tutti di frontiera,
quattro conquistatori dell’inutile”. Come novelli
protagonisti di un canto di aedica memoria, una volta approdati in
terra fenicia, loro accolgono sulla barca una misteriosa ragazza che
in principio non proferisce parola, ma esprime chiaramente la volontà
di andare verso ovest, verso una meta che porta infine il suo stesso
nome: Evropa / Europa. La giovane è una figlia dell’Asia,
una siriana che fugge dalla guerra, dal fango dei campi profughi del
Libano, dalla miseria e dallo sfruttamento dei bordelli.
Ed
ecco, dunque, che da queste belle e intense pagine riaffiora
d’improvviso l’antico mito greco di Europa che tutti
conosciamo. Esso, tuttavia, non resta fine a se stesso e finisce per
attualizzarsi, intrecciandosi inevitabilmente all’oggi e alla
disperata speranza delle sue storie di emigrazione transitanti per
mare, ai naufragi dai morti insepolti e agli orrori bellici che
stuprano terre di cui ai cosiddetti grandi del mondo, in verità,
nulla importa; anche la profanazione delle acque del mare a opera di
rifiuti e mostruose navi da crociera viene additata senz’appello.
Un
dolore profondo segna questo viaggio, mentre note d’infinita
amarezza s’insinuano a più riprese nella voce narrante
che s’interroga sulle vergogne e le tragedie odierne gravitanti
intorno al Mare nostrum e su che cosa sia ora diventata l’Europa,
politicamente intesa, sul suo essersi chiusa al pari di una fortezza
per paura dell’altro in nome della sicurezza e su che cosa
resterà un domani dell’Occidente, al di là della
immancabile “paccottiglia di plastica e immondizia”. Che
cosa può attendere, per sé e i propri figli, chi con
anima martoriata approda da altri lidi?
“Oh
donna, cosa cerchi dove il Sole va a morire? […]
Non
ti vorrà nessuno nel mio mondo.
Il
ricco vuole schiavi, non persone.
[…]
Occidente,
che sai pagar salato governi innominabili e camorre
purché
gli ultimi restino nel fango!
Vecchio
Occidente, e il tuo onore perduto
già
a Kabul, a Srebrenica e sul mare!
E
tu, alleanza stellata, zimbello che oggi hai preso il nome del
disprezzo!
[…
]
E
tu dove sei ora, Ventotene?
L’idea
di Unione era nata su un’isola dalla speranza di altri
esiliati.
Oggi
l’idea agonizzava in un’isola che aveva ucciso invece la
speranza.
[…]”
Impreziosito
dalle suggestive illustrazioni di Cosimo Miorelli, “Canto per
Europa” non è una lettura leggera, di facile e
sbrigativo “consumo”, nel senso che potrebbe essere non
compresa appieno – e conseguentemente non apprezzata – da
tutti; si tratta di un libro che, già per scelta stilistica da
parte dello scrittore triestino, corre forse il rischio di
disorientare più di un lettore. Ma è pur vero che,
ammantando la storia narrata (o cantata, se si preferisce) di mito
antico, Rumiz con la sua scrittura di notevole fascino ci esorta a
riflettere, a considerare seriamente a quale deriva ormai stiamo
andando incontro da tempo. E a ricordarci che il vecchio continente è
“desiderio bruciante e nostalgia”, così come
“anche il sogno di chi non ce l’ha”.
Laura
Vargiu
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