La
solitudine della cattedra - Titti Follieri - Zona -
Pagg. 130 - ISBN 9788864383514
- Euro 14,00
Un
cuore che guarda dalla cattedra
"Se
chiedete a un insegnante perché continua a rimanere nella scuola
nonostante gli stipendi da fame, il peggioramento delle condizioni di
lavoro, con classi sovraffollate e il numero delle scartoffie da
compilare, vi risponderà : per
i ragazzi".
Con
queste parole inizia il libro La solitudine della cattedra di
Titti Follieri, scrittrice fiorentina e insegnante a riposo di Lingua
e letteratura francese nelle scuole superiori. Alla sua lunga
esperienza sulla cattedra a contatto giornaliero con i giovani la
Follieri ha dedicato un libro originale e intenso, che si apre con
una breve introduzione, che da sola vale la lettura dell'opera e dal
significativo titolo Una questione di relazione : ad
essa segue una serie di lettere indirizzate a tanti dei suoi
ex-alunni, indicati con un ipotetico nome, anche se del tutto vere
sono le storie che emergono.
Il
libro sottolinea la valenza centrale della figura del docente e del
rapporto che riesce ad instaurare con il singolo studente e con la
classe : "per stare tanto tempo con i giovani - scrive l'autrice
nella prima pagina - occorre un'empatia" e ancora : "la scuola
è una comunità che interagisce giorno dopo giorno, un sistema
protetto e nello stesso tempo esposto ai venti delle richieste della
società". Possono sembrare affermazioni ovvie ma è nel metterle
in pratica nella realtà, in presa diretta come in
teatro, che consiste la vera sfida, spesso 'solitaria' - come
allude il titolo - a volte quasi titanica. E' questa relazione il
compito delicatissimo e arduo, però fondamentale, affidato al
docente: essere guida autorevole, sostegno e argine alla vitalità
straripante e fragile insieme degli adolescenti che ha davanti, un
universo multiforme, ognuno con le sue caratteristiche e
problematiche che richiedono attenzione, ascolto, soluzione, metodo,
carisma.
Quanto
sia ingrato e a rischio di appiattimento, specie negli ultimi
decenni, il ruolo dell'insegnante, Titti Follieri lo delinea con
efficace chiarezza e quasi autoironica amarezza nella sua nota
introduttiva, specchio tuttavia di una "Prof " che non si è
lasciata demotivare dall'appartenere al gruppo di insegnanti - quelli
italiani - meno pagati d'Europa e il cui avanzamento di carriera è
basato solo sull'anzianità di servizio e non su un minimo di
riconoscimento per la effettiva qualità professionale.
E
non mancano strali e riserve per il pluriruolo (esperto
laureato-psicologo-pedagogo-tour operator-coordinatore progetti, etc)
richiesto al docente, con il rischio latente di stress da lavoro,
frustrazione, sindrome da burn-out. Un
professionista inserito a lavorare in strutture scolastiche spesso
non a norma né confortevoli come certi uffici di altri enti o
ministeri. E poi, dopo un trentennale lavoro e tanta esperienza
didattica ed umana accumulata, nessuna opportunità a fine carriera,
per chi lo voglia, di portare nella scuola un contributo in forme
diverse, più specialistiche e gratificanti.
Ma
il libro non è né vuole essere solo un piccolo pamphlet. ll
nerbo del volume è composto da un corpus variegato di lettere,
spesso costruite in forme narrative, nonostante la struttura
autobiografica di memoir, cioè di rievocazione di
episodi vari di vita scolastica dell'autrice. Ma da questi ricordi
emerge indirettamente tutta la casistica possibile: alunni ribelli,
svogliati, con handicap, gite con sorpresa, problemi familiari,
programmi da rincorrere, ragazzi persi per strada...ma anche
ritrovati con gioia dopo anni, con affetto invariato.
Tutto
il bello e il difficile di questo impegnativo, complesso rapporto che
si gioca nell'aula, soggetto a mille variabili, scelte, decisioni, in
mezzo ad un profluvio di registri - ai suoi tempi soprattutto
cartacei, ora anche informatici - schede, consigli, collegi,
colloqui, scrutini e compiti da preparare, correggere, valutare con
un numero, un voto che sia l'ombra - docimologicamente esatta,
direbbero gli esperti - dell'impegno di quell'allievo, il
quale però, scrive Titti Follieri, non è un numero, ma un
singolo individuo.
Le
lettere del libro, pur facendo trasparire passione e affetto, non
derogano mai dal ruolo, non cadono nel patetico o nell'enfasi, grazie
ad uno stile espressivo chiaro, asciutto, colloquiale e al tempo
stesso controllato e linguisticamente ineccepibile. Si potrebbe forse
parlare, parafrasando Giulio Cesare, di un 'commentarium de vita
scholastica" .
Che
cosa dunque ha sostenuto Titti Follieri (e penso tanti altri validi
colleghi) e l'ha poi spinta a scrivere queste pagine? Possiamo
rispondere con altre sue parole: l'amore per i ragazzi e per la
materia insegnata, la volontà di trasmettere non solo i contenuti
disciplinari, ma anche i valori del vivere e la profonda
consapevolezza del rispetto dovuto in questo lavoro "a" e "da"
entrambe le parti, perché, come nell'amore, è un rapporto che si
può agire solo in d u e.
Grazie,
quindi, all' autrice per questa testimonianza e contributo.
Patrizia
Fazzi