Il realismo magico di Alejo
Carpentier
di Gordiano Lupi
Alejo Carpentier
è uno dei più grandi narratori contemporanei di lingua spagnola. Lo si ricorda soprattutto per la grande attenzione verso
l'uomo, la fede nei valori rivoluzionari e il senso della storia. Di grande
importanza per la futura narrativa latino-americana è la sua teorizzazione del realismo
magico: la letteratura deve riflettere la singolarità “meravigliosa” della
identità culturale americana utilizzando gli strumenti che la realtà mette a
disposizione.
Carpentier nacque all'Avana nel 1904 da
padre francese e madre russa (che aveva studiato in Svizzera) e mostrò sin da piccolo attitudini artistiche. Era soltanto un adolescente quando, sotto l'influenza delle letture che
andava facendo, cominciò a comporre racconti e romanzi che contribuirono allo
sviluppo del suo stile. Parallelamente compì studi musicali e di architettura
che non terminò. A venti anni aveva già una cultura sopraffina e ricettiva ai cambiamenti
che in Europa stavano trasformando il modo d'intendere l'arte e la letteratura.
Si impiegò come giornalista nel periodico La
discusión e qui teneva una rubrica dal titolo Obras famosas dove
riassumeva le migliori opere letterarie di tutti i tempi. Quindi passò alla rivista Social e infine nel 1924 venne nominato capo redattore di Carteles.
In quel periodo tra le masse era
diffuso un clima di scontentezza nei confronti del governo dispotico di Machado e cominciavano a circolare i valori di una nuova
promozione intellettuale. Soprattutto si sentiva l'eco delle parole di Lenin,
della Rivoluzione d'ottobre, delle lotte che portavano avanti i movimenti
politici, sindacali e studenteschi d'America. La rivoluzione contro Machado portò all'attenzione degli
agli scrittori il popolo come aspetto importante della lotta politica. Poeti,
saggisti e romanzieri scoprirono il negro, il contadino, il proletario e tra
questi autori sono in primo piano Alejo Carpentier e Nicolás Guillén. Per altro verso ci sono ancora scrittori che
tendono a evadere e a eludere le urgenze politiche perché ritengono che la
poesia deve essere pura e non contaminata dal sociale. Nel 1930 nasce il
Movimento Afrocubanista (o Negrista),
versione cubana dell'indigenismo ispanoamericano e del
populismo mondiale. Carpentier e Guillén
lo appoggiano senza riserve. I due scrittori si legarono sin dalla sua
fondazione (1923) anche al Grupo Minorista che riuniva in sé la voglia di cambiamento e
gli sforzi di conoscenza della realtà cubana. Carpentier
partecipò alla famosa protesta de los trece, capeggiata da Rubén Martínez Villena che commosse la opinione
pubblica e segnò uno storico esempio. Fu legato alla cospirazione dei veterani e dei patrioti che si
sciolse per la inettitudine dei suoi dirigenti.
La lotta al regime di Machado venne repressa nel sangue
e lo scrittore venne incarcerato per aver firmato un manifesto contro il
tiranno. Si narra che nel carcere del Prado conobbe
un operaio che gli insegnò a cantare l'Internazionale
e soprattutto cominciò a
lavorare al suo primo romanzo: Ecué-Yamba-O, edito nel 1933.
Uscito di prigione, sebbene in
regime di libertà controllata (doveva recarsi ogni lunedì al carcere per
firmare un registro), riuscì a fondare insieme a Marinello, Tallet
e altri la Revista de avance.
Tra il 1927 e il 1930 questa
rivista rappresentò la sintesi culturale che si stava producendo nel paese: il
nuovo incontro con le radici della nazionalità era inseparabile da una ferma
posizione politica.
Sorvegliato dalla polizia di Machado, Alejo Carpentier decise di fuggire in Europa. Con l'aiuto del
poeta francese Robert Desnos,
che era stato all'Avana per un congresso giornalistico, lo scrittore cubano
riuscì a salire su di una nave che salpava verso la Francia.
Il poeta Mariano Brull, funzionario dell'ambasciata
cubana in Francia, fece il resto. A Parigi Carpentier
strinse amicizia con Artaud, Queneau,
Prevert e il già citato Desnos.
In quel periodo era in auge il movimento surrealista e André
Breton, una delle figure più note, invitò Carpentier a scrivere su Révolution surréaliste. Nella redazione conobbe Paul
Éluard, Luis Aragón, Tristán Tzara, Benjamín Peret e i pittori Ives Tanguy, De
Chirico e Picasso.
Il contatto con il surrealismo non
distolse comunque Carpentier dalla preoccupazione per
le cose americane. Nel 1933 si recò a Madrid per presenziare alle lotte del
Movimento Operaio e dei partiti di sinistra. Fu qui che conobbe Garcia Lorca. Nel 1937 però il
panorama stava cambiando sotto le bombe tedesche e (purtroppo) italiane che
aiutavano il franchismo a prendere il potere. Carpentier
partecipò a uno storico congresso per la difesa della Spagna insieme ad altri
autori cubani: Nicolás Guillén,
Juan Marinello, Félix Pita Rodríguez e Leonardo Fernández Sánchez.
Nel 1939 Carpentier,
preso da una forte nostalgia per Cuba, abbandonò Parigi e fece ritorno
nell'isola. Qui però si accorse ben presto che la situazione non era propizia
per un lavoro creativo, perché un governo oscurantista e borghese ostacolava lo
sviluppo della cultura. Fu così che accettò l'invito di recarsi ad Haiti, dove rimase incantato dallo stupendo paesaggio. La
sua permanenza ad Haiti coincise con il massimo
momento creativo e fu qui che concepì El reino
de este mundo
(pubblicato nel 1949), il romanzo che gli dette fama mondiale. L'opera è
incentrata sulla rivoluzione antischiavista e indipendentista di Haiti che è
soltanto il pretesto per parlare della futura rivoluzione di tutto il
continente americano. Carpentier con questo romanzo
apre la strada a un linguaggio nuovo, quello che lui stesso definirà lo real maravilloso americano (il realismo magico
americano). Mentre scriveva El reino
de este mundo fu
invitato in Messico dal Fondo della Cultura Economica e gli venne
commissionata una storia della musica cubana. Il libro è La musica en Cuba (1946), ancora oggi considerato uno dei migliori
testi storico-critici su questa grande arte cubana. Poi si recò nella foresta
venezuelana. Qui i torrenti impetuosi, le alte montagne e lo spettacolo
dell'uomo in lotta contro le forze della natura, impressionarono lo scrittore
al punto di ispirargli una delle sue opere più straordinarie. Sto parlando de Los pasos perdidos, romanzo edito nel 1953. In questa opera il protagonista
compie un vero e proprio viaggio nel tempo attraverso le età e gli stati di
sviluppo della società umana. La storia è un dramma permanente ed è destino
dell'uomo quello di lottare contro dolore e sventure, dice Carpentier
per bocca dei suoi personaggi. Però è importante comprendere la realtà che
viviamo, se si vuole lottare per trasformarla, conclude. Non solo. Non possiamo
fuggire dalle esigenze del tempo e affermeremo il progresso soltanto se saremo
capaci di conoscere le nostre radici. Occorre lottare contro i falsi ideali per
un vero progresso. Ecco in poche parole tutta la
poetica di Carpentier, un rivoluzionario ante litteram.
Los pasos perdidos venne
tradotto e commentato in molti paesi e contribuì a dare al suo autore fama
mondiale. Quindi Carpentier pubblicò: Guerra del tiempo
(1956) e il romanzo breve El acoso
(1958). Guerra del tiempo
è un'opera divisa in tre parti: El camino de Santiago,
Viaje a la semilla e Semejante a la noche.
El camino de Santiago descrive con linguaggio barocco l'impatto
dell'America nel mondo europeo del sedicesimo secolo. Viaje a la semilla
perlustra i sentieri della nascita e della morte. Semejante a la noche
mescola le preoccupazioni e i conflitti di diversi periodi storici e descrive
la lotta dell'uomo contro le apparenze e le forze tenebrose. Oggi
queste sono le uniche cose di Carpentier che si
possono leggere in edizione italiana, grazie a un piccolo editore: la Besa di Nardò (Via Duca degli Abruzzi, 13-15 - besa.editrice@tiscalinet.it). Il libro si
intitola Ufficio di tenebre e
raccoglie dieci racconti: i primi tre sono proprio i sopra citati che
compongono la raccolta Guerra del tiempo. Ve lo consigliamo come primo strumento
di conoscenza di un autore geniale. Se poi vi capita di andare a Cuba e
conoscete un po' di spagnolo, fermatevi a rovistare tra le bancarelle di libri
usati all'Avana. Le trovate nella zona della Cattedrale, verso il Boulevarde e dalle parti di Prado.
Con pochi dollari vi portate a casa dei veri tesori.
Ma non divaghiamo e torniamo alle
opere di Carpentier.
El acoso è una storia che ruota attorno
alle rivalità politiche negli anni che seguirono alla sconfitta di Machado. Il personaggio centrale è un perseguitato che
muore da eroe senza aver tradito.
Carpentier in ogni suo romanzo non presenta
mai la realtà in modo semplice e schematico, ma la arricchisce con una
struttura armoniosa e un linguaggio elaborato fino alle sue estreme
conseguenze. Per questo è un autore da leggere e da studiare. Harold Bloom, insigne critico
autore del celebre Canone occidentale,
ha affermato che il tempo si incaricherà
di dimostrare la supremazia di Carpentier su tutti
gli autori ispanoamericani di questo secolo.
Al trionfo della Rivoluzione
Castrista lo scrittore si è inserito a pieno titolo tra coloro che hanno
contribuito a costruire una nuova vita e
una nuova cultura. Per questo ha rivestito importanti cariche pubbliche come
direttore della Editorial Nacional
e Vice Presidente della UNEAC e del Consiglio Nazionale della Cultura.
Soltanto dopo il trionfo della
rivoluzione Carpentier comporrà la sua opera più
importante: El siglo de las luces (1962), splendido romanzo politico scritto con
uno stile maturo e vigoroso. Ambientato nel 1789, anno della Rivoluzione
Francese, il libro è un esempio di perfetta ricostruzione storica e di studio
dei destini umani. I personaggi (Víctor Hugues, Esteban Sofía) proiettano le loro speranze nel futuro e la lotta,
questo fare altro che dice Sofía alla fine del libro, è il suo significato più
profondo. Si parla della Rivoluzione Francese per parlare della Rivoluzione
Cubana e Americana, di una presa di coscienza che deve far diventare l'uomo
davvero libero.
Tra le ultime opere di Carpentier ricordiamo: El recurso del método (1974), La consagración de
la primavera (1978), Concierto barroco
(1974) ed El arpa y la sombra
(1979).
Nel 1978 Alejo
Carpentier viene insignito
dalla Reale Accademia di Lingua Spagnola del prestigioso Premio Cervantes, meritato omaggio a una vita creativa. Muore a
Parigi il 24 aprile 1980, mentre riveste la carica di Ministro Consigliere
presso l'Ambasciata di Cuba in Francia. Era anche deputato dell'Assemblea
Nazionale del Potere Popolare e membro effettivo del Partito Comunista.
L'Accademia di Svezia lo considerava il candidato certo per il Nobel 1980, ma
la morte giunse prima di quello che sarebbe stato un dovuto riconoscimento alla
sua grande opera letteraria.
I testi cubani che abbiamo
consultato per la redazione del pezzo lo ricordano come: “Scrittore retto,
rivoluzionario, antifascista, democratico, internazionalista e comunista”. La
frase gronda della tipica retorica da dittatura e va scremata. Possiamo però
dire che tutta l'opera di Carpentier si caratterizza
per un umanesimo di fondo e per una gran fiducia nelle capacità umane di
realizzare un futuro migliore. Non solo. Carpentier è
autore dal profondo senso storico e documentario e con toni spesso umoristici e
grotteschi sa interpretare miti e allegorie della
cultura cubana. Nelle sue opere vive quella stessa fede nell'uomo che aveva fatto del primo Fidel Castro
un rivoluzionario illuminato capace di dare speranza a gran parte del mondo. Carpentier è morto nel 1980. Non ha fatto in tempo ad
assistere alla caduta mondiale del comunismo e non ha vissuto il conseguente periodo speciale proclamato da Castro.
Anche Carpentier è uno degli intellettuali che non ha
compreso per tempo
i limiti economico-culturali di un'eccessiva dipendenza da Mosca. A parziale
scusante resta il fatto che dovendo fare i conti con il criminale embargo
statunitense c'era poco da scegliere...
Carpentier però non ha vissuto la Cuba del
dopo muro, quella del turismo selvaggio, delle jineteras, di uno stato che non è
più comunista e che non si sa dire cosa sia diventato. Non ha conosciuto la
Cuba che ha prodotto i Pedro Juan
Gutierrez o gli Alejandro Torreguitart (il giovane avanero che ho tradotto per Stampa Alternativa e che
vi consiglio di leggere nel suo irriverente Machi cubani di carta). Ecco a me resta soltanto la curiosità di sapere
come avrebbe reagito un intellettuale sopraffino e
idealista come Carpentier alla realtà cubana degli
anni Novanta.
Forse avrebbe scelto di nuovo
l'esilio?
Bibliografia essenziale
Salvador Bueno
“Botas para un estudio sobre la concepción de la historia en Alejo Crapentier” - en “Revista Universidad de La Habana”, n. 195, 1, 1972
Alejo Carpentier
“Papel social del novelista”
- en “Revista Casa de las Americas”, La Habana
n. 53, 1969
Ernesto García
Alzola “La novela cubana en
el siglo XX” -Colección Cuadernos Cubanos de la Universidad de La Haban, n. 12, 1970
Jopsé Antonio Portuondo
“Bosquejo historico de las letras cubanas”
- Mined, Colección Pueblo, La Haban, 1960
André Sorel “El mundo novelístico
de Alejo Carpentier” - en “Cuadernos Hispanoamericanos”,
Madrid, n. 182, 1965
Emil Volek
“Los pasos perdidos” – en “Revista Universidad de La Habana”, n. 189, 1968
“El
autor y su obra” - Antologia de literatura
cubana
Alex Fleites
e Leonardo Padura Fuentes
“Sentieri di Cuba” – Pratiche Editrice Milano, 1998