GUIDO GOZZANO
Crepuscolarismo
borghese antisuperuomo
di Fabrizio Manini
Gozzano nasce a Torino nel 1883 da una
benestante famiglia borghese di medio-alto livello.
L'infanzia e la giovinezza le trascorre prevalentemente in Piemonte, in
particolare nella tenuta della villa del Meleto, nel Canavese,
di proprietà della famiglia. Pur frequentando l'università si rifiuterà sempre
di prendere una laurea, poiché preferisce frequentare come auditore la facoltà
di lettere durante le spiegazioni del Graf. Gli eventi importanti della sua
breve vita (morirà di tisi a trentatre anni) sono la relazione affettiva con la
poetessa Amalia Guglielminetti e il viaggio in India
dettato dal gusto dell'esotico e dal piacere dell'avventura. Gozzano è un poeta che descrive e che racconta; i suoi
lavori sono accurati, con una grande attenzione (mai eccessiva) ai particolari,
ma l'etichetta di poeta-narratore non sta a significare distanza dalla lirica;
l'intenzione di narrare un evento e di trasformarlo in una sorta di favoletta contemporanea si manifesta comunque all'interno
del bisogno di contemplazione, tipico della scrittura poetica, e prevede quasi
l'obbligo di creare una particolare atmosfera piuttosto che una trama
narrativa. Ad esempio in Signorina Felicità hanno un locus di
grandissimo rilievo la fuga dalle morte stanze, l'edificio
inabitato, il Centauro, la tela di Ercole e soprattutto il
“suo” Canavese con Ivrea Turrita. Gozzano si può considerare un classico in quanto ha
rifiutato sia la dimensione lirica rivolta completamente all'interiorità
(tipica del Decadentismo) sia il gusto per scene troppo perfette di racconti
ben delineati. Probabilmente è questo che spiega il successo riscosso presso il
pubblico grazie al fortissimo impatto della sua lirica sui contemporanei; dopo
di lui il divario fra lettori e poeta è andato continuamente aggravandosi. Come
dirà Montale la lingua è straordinariamente nuova perché Gozzano
è il primo poeta che abbia fatto scaturire scintille dal cozzo dell'aulico con
il prosastico.
Gozzano è considerato il più rappresentativo
fra i crepuscolari, anche se tale definizione gli è un po' stretta; egli,
infatti, oltrepassava decisamente i limiti della vulgata scolastica,
dimostrando una personalità spiccata e ben distinta. Le espressioni e le
immagini tipiche di questa “scuola” (ospedali, tramonti, chiese, organetti di
barberia e l'idea generale di abbandono) si ritrovano nei suoi versi, ma senza
enfasi; le immagini di Loreto impagliato, della belle Otero, de “le buone cose di pessimo gusto” hanno un
senso diverso nei suoi scritti e nelle sue intenzioni. Non c'è la
partecipazione quasi ingenua di Corazzini, in quanto su tutto si stende un velo
di ironia lucido e appena accennato. Nei suoi testi
sono intrecciati continuamente commozione e scherzo, ma in modo raffinato senza
mai pervenire a una dimensione puramente intellettualistica. Inoltre Gozzano sapeva rivisitare i tempi trascorsi, più felici nel
ricordo: ad esempio la metà dell'Ottocento dell'Amica di nonna Speranza,
in cui era possibile corteggiare e amare, oppure il Settecento francese di Paolo
e Virginia, dove il poeta si identifica con Paolo creando così una tenera e
garbata commozione nei lettori. I suoi “quadretti” non cadono mai nella
retorica proprio in virtù della distanza apportata dall'ironia; del resto Carlo
Calcaterra aveva individuato l'elemento più
significativo della poetica di Gozzano nell'accorata
capacità del guardarsi vivere sorridendo.
Nel 1907 pubblica la sua prima raccolta poetica, La via del rifugio;
ma quello sarà anche l'anno in cui inizia a manifestarsi la malattia che lo
accompagnerà per tutta la vita. La necessità di scrivere si scontra in
continuazione con l'andamento della vita medio-borghese,
ma la malattia, in un certo senso, mette il poeta in una condizione di
superiorità se non di vera e propria liberazione: il mondo della borghesia non
tollera, per alcun motivo, la diversità e dunque un'avventura letteraria
sarebbe stata vista come una stranezza da eliminare o di cui vergognarsi;
tuttavia, Gozzano, oltre a non avere la necessità del
guadagno, paradossalmente deve ringraziare proprio la tisi che gli permetterà
di non sentirsi obbligato a seguire il percorso prestabilito dalla moralità
corrente. Egli non può sposarsi tranquillamente come la maggior parte degli
altri uomini, non può pensare ai figli, alla famiglia, alla carriera, proprio
perché è lucidissimo nella sua consapevolezza che molto presto lo attende la
signora di nulla vestita. Questa particolare situazione di diversità,
comunque, non porterà mai il poeta a commettere eccessi o a comportarsi in
maniera discutibile, come invece è avvenuto per alcuni “colleghi” simbolisti
francesi. Nel 1911 pubblica la sua seconda raccolta poetica
dal titolo I colloqui; tale opera è unanimemente considerata il
capolavoro di Gozzano, nonostante sia composta da
appena ventiquattro liriche. I temi riprendono quelli della precedente
raccolta, ma mentre nella prima c'è la ricerca di uno spazio separato (il
rifugio appunto) in un'ottica esterna all'ambizione sociale e personale tipica
di colui che in una certa misura rinuncia alla vita, nella seconda viene
affrontato con esiti incerti un vagabondaggio sentimentale (Il
giovenile errore) attraverso una vita che
si svolge sotto la costante e pressante minaccia della morte (Alle soglie)
che costringe ad accettare l'esistenza anche quando è priva di valore (Il
reduce).
Un certo estetismo di tipo vagamente dannunziano è rintracciabile in
tutta l'opera di Gozzano, ma nelle sue mani una
materia tipicamente intellettuale e letteraria diviene autentica poesia.
L'ironia sottile quasi impercettibile non sminuisce una partecipazione commossa
alle vicende che vengono raccontate e questo porta i crepuscolari a una perdita
di fiducia nei valori tradizionali. Essi rifiutano (sebbene non nettamente) gli
stilemi della poesia decadente o retorica risorgimentale, orientandosi verso
l'intimismo di chi si sente incompreso nella società stessa che ha creato il
disagio e lo stanco trascinarsi della vita di ogni giorno in un diffuso
malessere dovuto alla crisi di certezze.
Il testo che vi propongo è la parte iniziale de L'amica di nonna
Speranza, nella versione riveduta de I colloqui. È una poesia
costituita da distici di ottonari o novenari a rima interna che utilizzano un
lessico comune, quotidiano, sapientemente mescolato con un linguaggio aulico
attraverso una sintassi prosaica e lineare.
Riferimenti:
Guido Gozzano, Poesie, Fabbri Editori.
L'amica di nonna Speranza
Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri,
di Napoleone
i fiori in cornice (le buone cose di
pessimo gusto),
il caminetto un po' tetro, le scatole
senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane
di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni
fatti di valve,
gli oggetti col monito salve, ricordo,
le noci di cocco,
Venezia ritratta a
musaici, gli acquarelli un po' scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti
d'anemoni arcaici,
le tele di Massimo d'Azeglio, le
miniature,
i dagherottipi:
figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a
mezzo il salone
e immilla nel
quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cùcu
dell'ore che canta, le sedie parate a damasco
chèrmisi… rinasco, rinasco del mille ottocento
cinquanta!