Armando Valladares
Contro ogni speranza
22 anni nel gulag delle Americhe
Dal fondo delle carceri di Fidel Castro
Spirali –
Pag. 400 – Euro 25
Mi
ripropongo di tornare su questo libro con articoli più approfonditi e con un
commento esaustivo dopo averne completato la lettura. Ho divorato
duecentocinquanta pagine in pochi giorni e devo scrivere che è vergognoso il
silenzio assordante della stampa italiana su un'opera sconvolgente che racconta
ventidue anni di sofferenza nei campi di concentramento castristi. Trovo
orripilante che si dia ampio spazio alle veline di Ramonet
e Minà, improntate alla difesa di un regime dittatoriale, mentre passa
inosservato un libro denuncia scritto da chi ha sofferto ingiurie e torture
paragonabili ai gulag staliniani e ai campi di concentramento nazisti. Riporto
la prima parte dell'introduzione alla seconda edizione del libro, scritta da Valladares per rispondere a una vecchia campagna di
menzogne ordita contro un testo sconvolgente.
Quando uscì la prima edizione di questo libro, nel
1984, il governo di Cuba e i difensori della rivoluzione cubana negarono i
fatti che descrivo in queste memorie dei miei anni di prigione. Il governo
cubano lanciò una feroce campagna di diffamazione contro di me accusandomi di
essere un assassino in aggiunta ad altre menzogne. Ho portato davanti ai
tribunali vari giornali che avevano pubblicato quelle falsità, tra i quali il quotidiano francese comunista L'Humanité, che dovette scusarsi pubblicamente, e il
settimanale greco Pontike, il cui direttore fu
condannato a tre mesi di carcere per diffamazione. Anche la polizia politica
esibì alla tivù cubana un documentario nel quale si vedeva che mi alzavo da una
sedia a rotelle e facevo esercizi. Quello fu un videomontaggio,
dove si alternava la mia vera immagine a quella di un sosia che interpretava il
mio ruolo: quel sosia abbandonò Cuba durante il momento più critico della fuga
dei balseros, partì da Guantanamo e lo conobbi a Miami, come pure il tecnico del ICAC (Istituto Cubano dell'Arte Cinematografica) che
aveva preparato il montaggio. Altri, più arguti, dicevano che le testimonianze
qui pubblicate erano esagerazioni, un prodotto della lunga prigionia, perché
semplicemente non potevano dar credito agli orrori, ai crimini e alle torture
che hanno caratterizzato le allucinanti carceri politiche cubane. Nel mio paese
c'è qualcosa che neanche i più ferventi difensori della rivoluzione cubana
possono negare, ossia che è la dittatura più antica del mondo, da più di
quarant'anni. E non esiste dittatura buona, né di sinistra né di destra. Il
crimine e la barbarie sono da ripudiare in uguale misura sia da un lato sia
dall'altro. C'è chi pretende di giustificare la tirannia di Castro con un
alibi: ha costruito scuole e ospedali. Anche Stalin, Hitler, Pinochet, hanno
costruito scuole e ospedali, ma come Castro hanno torturato, ucciso e costruito
campi di concentramento e di sterminio, messo fine a tutte le libertà e
commesso i peggiori crimini contro l'umanità.
Armando Valladares descrive con dovizia di particolari ciò che ha
visto e sofferto nelle carceri politiche di Castro, alla Cabaña
come a Isla de Pinos, tra nemici potenziali della rivoluzione e
detenuti comuni. Ricostruisce la storia di Cuba da un'angolazione diversa da
come viene presentata in Italia dai difensori della tirannia, parla della Baia
dei Porci come di un episodio eroico messo in atto da un esercito di
liberazione e non di un'aggressione praticata da un gruppo di mercenari al
soldo della Cia. Racconta la crisi dei missili e il pericolo di una terza
guerra mondiale che Castro avrebbe voluto in modo scellerato, senza pensare
alle conseguenze. Narra le fucilazioni di persone che avevano il solo torto di
non condividere il pensiero del regime, soprattutto fa capire come i primi ad
essere eliminati e imprigionati sono ex compagni di lotta che non condividono
la svolta marxista. La rivoluzione cubana andrebbe riletta come una rivoluzione
tradita ascoltando il parere di persone come Huber Matos, Armando Valladares, Carlos
Franqui, Carlo Alberto Montaner
e molti altri sopravvissuti ai gulag castristi. La rivoluzione cubana si è
trasformata in un regime guidato da un famelico Saturno che divora i suoi figli
colpevoli di non seguirlo fino in fondo. Valladares
consegna alla storia un reportage
sconvolgente che descrive celle di due metri per due, fredde, sporche, piene di
topi, con una buca per i bisogni fisiologici e una branda sporca popolata da
piattole. Racconta di sadiche guardie che prendono a calci prigionieri,
impediscono il sonno con pertiche affilate, spaccano gambe a colpi di
baionetta, gettano persone in pozzi maleodoranti perché li puliscano. Valladares scrive di uomini che soffrono per
un'alimentazione disumana a base di acqua calda zuccherata, un tozzo di pane,
brodaglia con vermi, fagioli di scarto e generi alimentari guasti. Racconta
impossibili tentativi di fuga tra le paludi di Isla
de Pinos repressi con duri metodi stalinisti e lunghi
periodi di cella di rigore, di visite impossibili da parte di parenti lontani
che incontrano i loro cari solo dopo aver subito angherie e perquisizioni. La
cosa più sconvolgente che Valladares riferisce è il programma di riabilitazione politica
proposto ai detenuti che ottengono la libertà in cambio di un'abiura alle loro
idee. Castro divide i prigionieri politici con il ricatto di far vedere i
familiari, sventolando il miraggio di poter tornare a casa e fare una vita
normale. Molti cedono, anche perché i militari fiaccano la resistenza con ogni
tortura possibile. Valladares non condanna chi si
arrende, non tutti sono votati all'eroismo, ma continua la sua lotta tenace
sino alla fine e sopporta ogni genere di vessazione fisica e morale.
Leggete
Contro ogni speranza e fatevi un'idea realistica di cosa rappresenti ancora
oggi la dittatura castrista. Peccato che le menzogne siano editate da Mondadori
e godano di risonanza pubblicitaria mentre la realtà deve accontentarsi di
Spirali, che pubblica un grande libro in edizione rilegata al prezzo poco
abbordabile di 25 euro. Vi garantisco, però, che li vale tutti.
Gordiano
Lupi