Antonio Fogazzaro,
l'incompiuto
a cura di Renzo
Montagnoli
Ci sono uomini che nella
loro vita non riescono a intraprendere un percorso definito, riassumendo in sé
contraddizioni anche lancinanti. Ciò non toglie che possano lasciare un segno
del loro passaggio e, nel caso di un'artista, anche intuizioni e opere di
sicuro valore.
E' il caso di Antonio Fogazzaro, vicentino (25 marzo 1842 – 7 marzo 1911),
conosciuto già dall'infanzia come enfant prodige,
visto che sapeva leggere prima dei tre anni.
Cresciuto in una famiglia
borghese e agiata con quella premessa ci sarebbe stato da attendersi una
carriera scolastica luminosa e invece non fu così, perché il ragazzino mal si
adattava ai programmi, preferendo rifugiarsi nella lettura di quei soli romanzi
che gli piacevano.
E'
infatti con notevole difficoltà che si laurea in giurisprudenza
all'Università di Torino e anche nell'applicazione pratica degli studi non si
distingue né per capacità, né per determinazione.
Insomma, il giovane Fogazzaro
non riesce a mai a dare una svolta chiara alla sua vita e ciò
sarà sempre più evidente come si vedrà in seguito.
Inizia la sua attività letteraria come poeta, ma è un esordio
velleitario, nel senso che non si applica come dovrebbe, tanto che il suo
poemetto Miranda viene stroncato dal
De Sanctis con queste parole “La maniera pare un po' arida e asciutta
ma l'autore ha voluto così fare per reagire contro la morbosa abbondanza de'
nostri periodi poetici e per stare un po' più dappresso alla natura. Forse ha oltrepassato il segno, come
fanno tutte le reazioni. Ci ho trovato dei bei motivi psicologici, ma poca
ricchezza e poca serietà nel loro sviluppo e nelle loro gradazioni.”
Quindi,
anche quest'opera poetica presenta quelle caratteristiche di incompiutezza che
sono proprie del suo autore. Anche la silloge Valsolda non denota un
accrescimento della tecnica e della tematica, mostrando anzi gli stessi limiti
di Miranda, accompagnati da un
accentuato dilettantismo che scoraggia perfino una critica seria e onesta.
Così
Fogazzaro si accorge che la poesia non fa per lui e
decide di passare alla narrativa, decisione saggia, perché è con il romanzo che
riesce a dare il meglio di sé, permeandolo di quel romanticismo che gli è
proprio, non disgiunto dai riflessi dello spiritismo che da tempo coltiva, pur
essendo cattolico osservante.
Nel
1881 esordisce con Malombra,
storia a tinte fosche, improntata ad un'atmosfera di occultismo, di sensualità
estrema e di morte.
Il
consenso dei critici non è unanime, nel senso che solo Giacosa
si azzarda a dire che è il più bel romanzo pubblicato in Italia dopo I promessi sposi.
Eppure
in Malombra
si notano già alcuni elementi di stile e di atmosfera che poi, sapientemente
sfumati, confluiranno nel suo capolavoro Piccolo
mondo antico.
Nell'anno 1884 esce
un'opera strana, ma per certi versi assai interessante;
mi riferisco a Daniele Cortis, la storia di un deputato cattolico che si
propone di costituire una sorta di democrazia cristiana, con cui in effetti Fogazzaro propugna le sue idee politiche del momento, con
un forte sostegno alla monarchia, scevra da legami con la chiesa, ma rispettosa
della fede religiosa.
Questa volta il libro ha
successo di critica e di pubblico ed è l'aspetto politico quello che proprio ne
decreta il risultato, perché altrimenti come semplice romanzo non può
certamente essere considerato un'opera riuscita, mancando i personaggi di
quell'approfondimento psicologico di cui il Fogazzaro
si era sempre mostrato carente.
Sorvolo sull'opera
successiva (Il mistero del poeta),
del tutto artificiosa ed irreale e che infatti non
raccolse consensi, per passare a quello che è universalmente considerato il suo
capolavoro, quel Piccolo mondo antico che
viene edito nel 1896.
Fogazzaro è reduce da una lunga serie di eventi
privati, che vanno dalla morte del padre, alla tormentata relazione, poi
troncata, con Felicitas Buchner,
istitutrice dei figli del cognato, per completarsi nel 1895 con la morte del
figlio ventenne.
C'è anche un altro fatto,
a riprova di questa indeterminatezza che caratterizza da sempre l'autore ed è
rappresentato dal sostegno alla teoria darwiniana dell'evoluzione. Ne è
talmente convinto che tiene conferenze al riguardo,
mettendosi in aperto contrasto con la Chiesa, e non sarà la prima volta, come
anche accadrà con Il Santo, romanzo
del 1905, non accolto favorevolmente dalla critica, ma osannato dal pubblico.
In quell'occasione il libro è condannato dalla Chiesa, tanto che viene messo
all'indice e Fogazzaro obbedisce senza fiatare, non
consentendo né traduzioni, né ristampe.
Questi discorsi sul
carattere dell'autore, su una certa mancanza di determinazione e su una latente
remissività ci hanno un po' allontanato dal suo capolavoro, quel Piccolo mondo antico con cui glorifica
le cose umili come le più autentiche, con una trama meno rivolta a un facile
pubblico, ma a lettori che sappiano avere una visione del risorgimento su un
piano orizzontale; il romanticismo è sempre presente, ma è sfumato e ciò
impreziosisce l'opera, che avrà un grande successo al punto che il re Umberto I
il 25 ottobre 1896 nomina Fogazzaro senatore.
E' un romanzo che risente
notevolmente dell'influsso manzoniano, sia come ambientazione che come
caratteristiche dei personaggi, con una chiara impronta realista. I
protagonisti, nel loro conflitto ideale, trovano infine la serenità attraverso
i contatti con persone semplici, in forza del disinteressato e spontaneo
esempio degli autentici valori spirituali a cui è uniformata la loro vita.
Questa volta si nota un attento approfondimento psicologico che nelle altre
opere era invece assente e inoltre la narrazione procede snella, senza intoppi,
dando vita a un esemplare modello di romanzo sentimentale.
Vista la favorevole
accoglienza c'è un seguito e nel 1900 esce Piccolo
mondo moderno, opera nel complesso di buon livello, ma senz'altro inferiore
alla precedente.
Nel 1910, quasi come
fosse un testamento, viene pubblicato il suo ultimo romanzo, Leila, dove ancora una volta la figura
femminile viene idealizzata, una sorta di tormento per questo scrittore che ha
inseguito il suo modello di donna per tutta la vita senza mai raggiungerla, se
non nelle sue opere.
Di ispirazione religiosa
e morale, il romanzo incontra la decisa opposizione sia dei cattolici
progressisti, sia di quelli conservatori e, immancabilmente, viene condannato
dalla Chiesa.
Il tempo è ormai poco e Fogazzaro, deluso per gli insuccessi delle sue ultime due
opere (Il Santo e Leila) e malato gravemente, si spegne il 7 marzo 1911
all'ospedale di Vicenza.
Come scrittore ha
lasciato indubbiamente il suo segno ed è il primo italiano che si è uniformato
a una scrittura di genere, una specie di gotico decadente riscontrabile ne Il santo, in Piccolo mondo antico e soprattutto in Malombra.
Di profonda fede
cristiana si è dimostrato aperto al laicismo scientifico in un contrasto con la
chiesa cattolica in
cui ha finito sempre con il soccombere, anche per quella mancanza di
determinazione che dalla nascita lo ha accompagnato facendone un incompiuto.