Il
cimitero dei giocattoli inutili e altri racconti calpestati, di Aldo Moscatelli – Casa Editrice I Sognatori – Narrativa
– Raccolta di racconti – Pagg. 149 – ISBN 8895068025 - € 9,90
Recensione di Alberto Carollo
Essere dei Sognatori, secondo voi, è
anacronistico? Voglio dire, viviamo in un'epoca in cui sembrano tramontate
definitivamente le grandi utopie, politiche, sociali e quant'altro;
abbiamo ormai esplorato ogni angolo recondito del pianeta (e buona parte del
nostro sistema solare); abbiamo svelato quasi ogni mistero, misurandolo col
metro della scienza. Che ce ne facciamo dei sogni? Non dormiamo quasi più (non
a caso i disturbi del sonno sono in preoccupante aumento nel mondo
contemporaneo), tanto siamo indaffarati: figuriamoci dedicare del tempo
all'attività onirica! Perché prendersi la briga di coltivare i nostri sogni, di
coccolarli, di analizzarne puntualmente motivazioni e contenuti?
“Dovrai affrontare un gran numero di
avversari, nella vita (…)” scrive Aldo
Moscatelli in uno dei racconti che potrebbe di buon grado costituire il
manifesto de Il cimitero dei
giocattoli inutili e altri racconti calpestati (I Sognatori, 2006,
pagg. 149, Euro 9,90). “(…): sognatori che si sono
arresi, sognatori che hanno dimenticato, e soprattutto persone che non hanno
mai avuto il coraggio di sognare”. A distanza di qualche mese dal noir L'orologio di cenere (che a suo
tempo ho recensito qui) l'autore e titolare della casa editrice leccese dal
nome “programmatico” dà alle stampe questa intrigante silloge di racconti che
desidero segnalare come una felice selezione dei suoi lavori migliori. Perché,
allora, non ricominciare a prendere in considerazione la materia onirica?
Fermarci a riflettere, ritrovare la dimensione della lentezza e dell'ozio,
lasciarci avvolgere dal torpore del sonno e popolarlo di sogni. Proviamo a
scostare il velo di Maya che ricopre il mondo che siamo soliti sperimentare; il
sognatore, per Moscatelli, è colui che sa “guardare oltre”, che lacera quel
diaframma che ci vuole in stato di dormiveglia nel mondo “reale”, per ritrovare
la quintessenza della riflessione e della libertà individuale, come nel caso
del soldato semplice Gordonpim, protagonista
del racconto omonimo, “(…) il giocattolo più
coraggioso che ci sia. Perché se ne infischia di ciò che dicono gli altri, e sa
pensare.”
Ergo, il sogno è il regno dove siamo
liberi di esprimere il nostro essere e di pensare compiutamente. Non c'è
libricino, allora, più indicato di questo per riappropriarci delle nostre
facoltà oniriche. A cominciare dalla copertina, realizzata da Francesca Santamaria (sorprendente e disarmante nella sua capacità di
aderire con tanta semplicità e grande forza evocativa ai racconti di
Moscatelli), che mi ha fatto venire alla mente certi lavori di Tullio Pericoli,
tutta la raccolta è attraversata da un disegno organico e coerente nella sua
varietà. Sembrerebbe un ossimoro, se non fosse che i vari episodi de Il cimitero dei giocattoli inutilie altri racconti calpestati sono stati
composti in momenti cronologici diversi, lungo un arco di otto anni. E' perciò
naturale che gli esiti siano difformi, e così le soluzioni stilistiche e
formali. Potrebbe essere questo il motivo dell'indifferenza degli editori a
pubblicare i racconti di Moscatelli, il fatto che essi non siano “spendibili”
nei termini canonici dell'editoria attuale (molti editori nicchiano a priori
quando gli proponi una silloge di racconti, a meno che tu non sia Baricco:
allora puoi anche scrivere la lista della spesa, il guadagno è assicurato!),
che non sia semplice racchiuderli in un genere o in una formula omogenea.
Lo spettro che aleggia come un deus ex-machina sopra Il
cimitero dei giocattoli inutili e altri racconti calpestati è quello
di Edgar Allan Poe, modello e figura di riferimento
per Aldo Moscatelli. Non è il Poe truce e inquietante
che fa capolino, ma quello più stralunato, malinconico e sognatore, più
confacente al nostro autore, che lo omaggia declinandone intimamente e in modo
personale l'illustre insegnamento. A prevalere, in questi lavori di medio e
breve respiro, è comunque il tono della fiaba, la freschezza della visione e
dell'invenzione, che presentano parentele con autori che tanto hanno inciso
nell'immaginario di sognatori grandi e piccini: Saint-Exupery,
Ende, Carroll e, perché no, un pizzico di Calvino e
di Buzzati.
In apertura ho accennato al presunto
anacronismo del sognatore. Anche la lingua di Moscatelli sembra riflettere
questa sfaccettatura: se il sogno affonda le sue radici nella notte dei tempi,
così la voce del sogno è una voce archetipica, e la lingua dello scrittore
Moscatelli evidenzia questa gamma di topoi,
questa congerie di stratificazioni culturali. Gli influssi storici della lingua
italiana, gli autori frequentati, sono tuttora operanti nei registri espressivi
dell'autore, tanto da collocarlo in una posizione di controtendenza rispetto
agli attuali indirizzi che vorrebbero una modalità di enunciazione ripulita di
arcaismi e aulicismi, tesa a un discorso più rapido,
contratto, paratattico diremmo in gergo tecnico. Che è la differenza,
passatemelo, tra il respiro ampio e soddisfatto del sognatore e la frenesia
sincopata dell'insonne. Così non mi sorprendo più di tanto di rinvenire frasi
come “Passeggiavo, in preda ai miei pensieri, sul limitar del mare (…)”, con
echi danteschi; o dell'uso di “meriggi” di montaliana
memoria. E' in sintonia col personaggio/autore e col tenore dei suoi racconti: una indiscutibile, ferrea lezione di stile ma alla portata
di tutti, impartita con semplicità, senza calcolo o sospetto di
intellettualismi.
Ogni racconto è un tassello ulteriore
nel più grande affresco della poetica di Moscatelli, la cui estensione si
riversa con innegabile naturalezza anche nel concept
della casa editrice che ha fondato, I
Sognatori (www.casadeisognatori.com.
Vi consiglio, per comprendere quello a cui accenno, di frequentare le bizzarre
creature del racconto che dà il titolo al libro, o di ascoltare il dialogo
esistenziale tra il melo e la triste piantina. Personalmente ho trovato
molto ben riuscito Lo specchio di fango, ma anche L'onda che tentò di
parlare agli uomini, dalle situazioni improbabili e divertenti. Le
atmosfere sono di volta in volta sospese, irreali e sature di spleen,
pervase da una benevola follia o candidamente sprovvedute, dotate di una voluta
ingenuità allegorica (in nessun caso banale), infantile e meravigliata. La sequenza degli episodi viene infine suggellata da Lo
scrittore inutile, racconto che non a caso chiude la raccolta, dove la
realtà dell'affabulatore si intreccia inestricabilmente con la materia dei suoi
sogni, che vengono a tributargli omaggio, a rammentargli che “Nulla è vano.
Il tempo è amico degli scrittori: continui a creare le sue storie, e ad
inventare nuovi personaggi. Abbiamo bisogno di gente nuova,
nel nostro pianeta…”.
Parole che, da ritrovati sognatori
quali siamo, sentiamo di dover sottoscrivere e caldeggiare.