I doni della vita di Irčne Némirovsky, Adelphi
Irčne Némirovsky e il suo geniale ossimoro di spietata dolcezza
Impossibile non pensare a quanti altri prodigiosi romanzi avrebbe potute
scrivere Irčne Némirovsky
(1903-1942) se, nel fiore degli anni e della sua produzione letteraria, non
fosse stata barbaramente trucidata dalla furia nazista. Indimenticabile autrice
del geniale Suite francese, quel romanzo di rara bellezza, scritto in presa
diretta con gli avvenimenti narrati coi primi bombardamenti su Parigi, con la
fuga precipitosa degli abitanti atterriti per l'arrivo dei tedeschi nella
capitale francese nel giugno del 1940; giudicata, agli esordi, autrice di
sconvolgente talento dalla critica francese per il suo David Golder che si stentava a credere fosse uscito dalla penna
di una ventiseienne, la Némirovsky ancora una volta sa stupirci col suo I doni della vita (Titolo originale: «Les Biens de ce monde», pp.218,
euro 18) che Adelphi, intento a curare l'opera omnia dell'autrice, ci propone
nella bella traduzione italiana di Laura Frausin Guarino.
Molti artisti usano schizzi e disegni preparatori ad opere piů grandi e finite,
questo uso č proprio anche a scrittori che traggono da ampliamenti di racconti,
scritti piů completi, in questo senso I doni della vita, pur nella sua
indipendenza e completezza, potrebbe essere considerata opera preparatoria a
Suite francese. Scritto nella seconda metŕ del 1940, il romanzo apparve a
puntate sulla rivista «Gringoire», «come romanzo
inedito di una giovane donna» poiché, a causa del suo
essere ebrea, Irčne non poteva piů firmare col
proprio nome. E fu stampato in volume solo nel 1947, quando l'autrice era morta
ormai da cinque anni nel campo di sterminio di Auschwitz.
Ancora una volta la penna di un'autrice che sa cavalcare l'ossimoro di spietata
dolcezza ci regala un quadro disincantato della borghesia francese, un mondo
che - dopo la fuga da Kiev dove era nata, nei momenti di fuoco della
rivoluzione russa del 1917 - ora gli appartiene, in cui vive e di cui condivide
le debolezze. Siamo nella sonnolenta e ingessata cittadina di provincia di Saint- Elme. Qui castellani sono
gli Hardelot, proprietari di cartiere , dispotico patriarca il nonno Julien, conciliante e piů
formale il figlio Charles, allineato con i sentimenti di famiglia il nipote
Pierre, unico erede e promessa di salvaguardia del sordido borghesismo
familiare, sta per accettare le ragioni di un matrimonio conveniente, combinato
con la grassoccia e poco sexy sposa scelta dai genitori (indimenticabili le
pagine, venate di umoristica crudeltŕ, descrittive del fidanzamento) quando
prevalgono le ragioni del cuore. Il romanzo, quindi, segue le vicende di Pierre
e della sua Agnčs dal 1910, fino allo scoppio della
Seconda Guerra mondiale, attraversando tutta la Prima. Naturalezza
e teatralitŕ descrittiva sembrano stringere un patto d'alleanza nella scrittura
némiroskyana che in trenta suggestivi capitoli ci
regala tutta la storia degli Hardelot dimostrandoci
come la compatta classe media francese sappia restare imperturbabile, scossa ma
non abbattuta dalle aggressioni della vita. Persino duttile ai cambiamenti,
capace di adattarsi, per non perdere i propri privilegi, incline ostinatamente
a difendere quei “doni della vita” cui resta aggrappata, per i quali figli e
nipoti hanno saputo battersi nelle varie generazioni, nonostante tutto e contro
tutto.
Grazia
Giordani
www.graziagiordani.it