Il Santuario della Beata Vergine delle
Grazie
di Renzo Montagnoli
La costruzione é senza dubbio un tempio
di devozione, ma, incastonata com'è su un leggero rilievo, da cui si scende con
comoda strada a una piccola e graziosa darsena, tutta immersa nel verde,
bagnata da uno dei rami del Mincio che lì si allarga fino a formare il lago
Superiore, nel silenzio di una natura incontaminata, si finisce con il
respirare un'aria strana, che sa di epoche passate, di canti gregoriani e di
monaci intenti o alla preghiera o agli umili lavori dell'orto.
Sarà che a me ispira in modo
particolare, ma ogni volta che percorro a lenti passi
l'ampia piazza su cui si affaccia e poi entro nella navata a cui i chiaroscuri
donano effetti irreali, esaltando gli ex voto che adornano le pareti laterali,
mi sembra di tornare indietro nel tempo di diversi secoli e puntualmente
immagino Francesco Gonzaga, marchese di Mantova, che verso la fine del XIV
secolo pone la prima pietra di questa basilica promessa per aver ottenuto, per
grazia divina, la cessazione della peste che aveva a lungo imperversato nel
mantovano. Eccolo inginocchiato, le manti giunte in
atto di somma devozione e intorno a lui guardie, uomini di palazzo, ecclesiastici,
in una cerimonia che avrebbe sancito un legame spirituale indissolubile fra
questo santuario e il casato gonzaghesco. Fantasie le
mie, certamente, ma quell'edificio, eretto per una grazia ricevuta, diventerà
nei secoli reliquiario di doni simbolici per grandi e piccole grazie ricevute.
E così è possibile trovare riproduzioni lignee di mani, di braccia, di gambe,
oltre a tanti oggetti strani e a volte incomprensibili, ma che avevano un
particolare valore per chi lì li ha deposti.
Ci sono stati a lungo anche dei
manichini ricoperti di armature, che si credevano di cartapesta, e invece erano
autentiche, preziose e rare al punto che si ritenne più utile e sicuro
trasferirle a Mantova nel museo diocesano.
Se poi si volgono gli occhi verso la
copertura dell'unica navata si resta un po' sorpresi
nel vedere appeso un coccodrillo, rettile di certo non consueto a queste
latitudini, ma anche per questa stranezza c'è una spiegazione, una di carattere
storico e logico e un'altra invece con il sapore della leggenda. In epoca
medievale per
descrivere il male si parlava di draghi, di grossi serpenti e anche di
coccodrilli, e quindi non era raro che queste specie, con ovvia esclusione
della prima, venissero incatenate, una volta uccise e imbalsamate, nei luoghi
di culto, soprattutto in alto con il duplice scopo di dimostrare così che da un
lato la religione avrebbe sempre trionfato sul maligno e dall'altro per
ricordare ai pellegrini che le vie del peccato sono sempre presenti e ben
lastricate. La leggenda invece è un po' diversa e parla di due fratelli
barcaioli che se ne stavano in riva al lago a riposare, allorchè
uno dei due venne assalito dal feroce rettile balzato
fuori dall'acqua. L'altro chiese l'aiuto di Dio e riuscì a uccidere il bestione
con un coltello, salvando così il fratello da sicura morte. Il rettile,
imbalsamato, fu poi collocato nel santuario come ex voto.
Al di là delle leggende il luogo però conserva
un'aria di mistero, a cui non poco contribuisce quella commistione fra sacro e
profano, cioè fra ex voto e le austere mura della chiesa, costruita in stile
gotico secondo le mode dell'epoca.
Il posto è quieto, silenzioso, al
massimo si odono i passi sui lastroni del pavimento e l'atmosfera non cambia
anche una volta che si ritorna fuori, perché l'enorme piazza è quasi sempre deserta tranne per ferragosto, allorchè viene allestita la fiera delle Grazie e nella
notte fra il 14 e il 15 maestri e dilettanti del gessetto riproducono sul
sagrato effimere opere di devozione, come deposizioni dalla croce, la sacra
famiglia, l'ultima cena e quant'altro richiami la religione cristiana e
soprattutto il culto della Madonna. Questi artisti vengono da diverse località
italiane e anche dall'estero per cercare di avere un riconoscimento ufficiale
da una giuria di esperti che ogni anno si ritrova qui per questo festival dei
madonnari.
Il tutto avviene in mezzo a una folla
oceanica, fra lezzi o aromi di panini con i wurstel, di fette di cotechino, di
patatine fritte, mentre, appena oltre la piazza, in un luogo a loro riservato,
imperano venditori di qualsiasi cosa e gli imbonitori fanno una loro gara non
ufficiale a chi riesce meglio a irretire il cliente.
Questo luogo sarebbe da visitare in due
giorni diversi: per ferragosto appunto perché questa
unione di sacro e profano non può non destare interesse, e magari in primavera,
in un qualsiasi giorno della settimana, per respirare l'aria di pace che lì vi
regna e bearsi della magica visione di un'opera dell'uomo perfettamente
incastonata nella natura.
Per arrivare a Mantova non ci sono
particolari problemi, visto che è servita
dall'Autostrada del Brennero. Il Santuario si trova nella frazione Grazie del
Comune di Curtatone ed è a circa 7 chilometri
sulla strada che da Mantova porta a Cremona.
La visita non impegna per più di due
ore e c'è quindi anche il tempo per un ristoro mangereccio; in loco ci sono
alcuni ristoranti, con prezzi non esorbitanti e con ottimi piatti della cucina
mantovana.
Mantova, con i suoi tesori d'arte e con
questo santuario vi attende, certa che non potrà che entusiasmarvi.
Per mangiare e per dormire non mancano
le scelte, come da link che seguono:
www.turismomantova.it
www.agriturismomantova.it
Per informazioni sul Santuario:
www.santuariodellegraziecurtatone.it
N.B.: La fotografia
del santuario, scattata durante uno dei festival dei madonnari, si trova sul
sito:
www.santuariodellegraziecurtatone.it