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  Bell'Italia  »  La Val Rendena, di Renzo Montagnoli 23/04/2018
 

La Val Rendena

di Renzo Montagnoli



C’è una valle del Trentino- Alto Adige che mi è particolarmente cara, perché lì ho trascorso molti mesi estivi da bambino e da ragazzo, insomma era il luogo della mia villeggiatura. Parlo della Val Rendena, sita in provincia di Trento e che, a differenza di altre di quella regione orientate da Est a Ovest, è orientata da Nord a Sud e poiché è delimitata dall’Adamello a Occidente e dal Gruppo Dolomitico del Brenta a oriente, montagne tutte di notevole altezza, beneficia di un numero di ore di sole più limitato, e se poi si considera che è percorsa da tre torrenti, che poi lì si riuniscono, cioè il Sarca di Val Genova, il Sarca di Nambrone e il Sarca di Campiglio, si può ben comprendere quanto possa essere ricca di vegetazione. Grosso modo la valle inizia a sud con l’abitato di Verdesina e finisce a nord con quello di Carisolo, il paese delle mie vacanze estive, da cui se si prosegue al bivio e si prende la strada a sinistra si entra nella selvaggia Val di Genova, mentre se si tira dritto ci si arrampica verso il valico di Campo Carlo Magno, incontrando il ridente villaggio di Sant’Antonio di Mavignola e successivamente la rinomata località di turismo estivo e invernale che risponde al nome di Madonna di Campiglio.

La valle, benché non certo lunga (circa 20 Km.), è suddivisa amministrativamente in 11 comuni, pressoché attaccati l’uno all’altro e poiché giustamente vige sulla strada il limite orario di 50 km. orari occorre procedere con attenzione e nel pieno rispetto di tale limite perché gli autovelox sono assai numerosi e tutti funzionanti.

Si incontrano, appunto, partendo da Verdesina gli abitati di Porte di Rendena, di Javrè, di Darè, di Vigo Rendena, di Pelugo, di Spiazzo, di Strembo, di Bocenago, di Caderzone, di Massimeno, di Giustino, di Pinzolo e infine di Carisolo, in parte frazioni e in parte sedi comunali. Rispetto all’epoca in cui frequentavo questi posti è cambiato molto: ricordo che già ad andarci era un’avventura, su vecchi autobus stracarichi di passeggeri che arrancavano sulla ripida e stretta strada delle Sarche, con strapiombi che mozzavano il fiato, senza protezioni che impedissero un eventuale volo del torpedone e con non poche vecchine che pregavano per tutto il percorso. Una volta arrivati alla meta alloggiavamo nel modesto appartamento preso in affitto in un paesino che aveva ancora le stalle attaccate alle case e con la scena, che ho sempre negli occhi, di due sorelle zitelle e molto anziane, vestite dimessamente, che portavano due mucche a bere alla fontana della piazza. Non è che ci fossero molte possibilità di muoversi, mancando di un automezzo, e allora o si stava tutto il giorno in un giardinetto in riva a uno dei Sarca, oppure si andava a piedi in Val di Genova alle Cascate Nardis, o nel bosco a funghi. Memorabile poi, nel corso di una villeggiatura, era la giornata a Madonna di Campiglio (ci si arrivava con l’autobus) e poi, meraviglia delle meraviglie, l’utilizzo di un mezzo di risalita a fune, come la seggiovia che portava al Monte Spinale o la funivia che arrivava sul Grostè, a toccare le basi dei picchi dolomitici del Gruppo del Brenta. Di occasioni di divertimento non ce n’erano, quindi mancavano sale da ballo, sale giochi per i bambini, il cinema era quello parrocchiale, ma solo a Pinzolo, che era ed è ancora il più importante paese della valle. Con il buio, che calava piuttosto presto, a parte la cena, non c’erano altre possibilità conviviali, se non una partita a carte e in prossimità poi degli inizi degli anni ‘60 il bar del paese con il televisore e il seguitissimo “Lascia o raddoppia?”. Occorrerà arrivare più o meno intorno al 1968 perché a Pinzolo venisse aperta una sala da ballo, il mitico “Ciclamino” fatto di luci soffuse e con un disc jokey che cercava di animare le serate. In pratica la vera vita si svolgeva di giorno, con le escursioni o a media quota, alla piana del Bedole, ai piedi dell’Adamello, o ad alta quota, ai 5 laghi o meglio ancora alle Dolomiti di Brenta con i non facili sentieri Orsi e delle Bocchette, camminate che affaticavano non poco e che alla sera invogliavano a coricarsi presto e non certo a cercare altri svaghi, peraltro, come detto, piuttosto limitati. Lì si facevano amicizie, lì mi sono innamorato la prima volta di una ragazzina del paese, rimediando un occhio nero per un pugno che mi diede uno spasimante locale, insomma posso dire che la Val Rendena è entrata come una valanga nella mia vita. Dopo questa occasione di memorie ritengo opportuno evidenziare i motivi per cui vale la pena di andarci a fare almeno una visita. E’ sempre stata una valle agricola fino agli anni del boom economico, fatta di una agricoltura povera, di sussistenza e quindi se si spera di trovare monumenti, opere architettoniche e anche opere d’arte di pregio non si potrà che restare delusi. In verità, per chi è appassionato di pittura, c’è qualche cosa di interessante da vedere: Simone il Baschenis ( circa 1495 – 1555) era un pittore bergamasco itinerante e nel suo percorso risalì la Val Rendena, fermandosi a Javrè, a Pinzolo e a Carisolo; infatti nel primo paese dipinse una Crocifissione nella parrocchiale di Santa Maria Assunta, ma le opere più pregevoli furono realizzate nelle altre due località; in particolare stupenda è la Danza Macabra, soggetto ricorrente dell’artista, dipinta sulla facciata della Chiesa di San Vigilio a Pinzolo, nonché quella che ha impreziosito la Chiesa di Santo Stefano a Carisolo, edificio religioso che vanta all’interno un altro affresco dello stesso autore, la Leggenda di Carlo Magno (fra l’altro questa chiesetta e l’annesso piccolo cimitero, posti a strapiombo su una roccia, sono stupendi). Gli altri paesi della valle, a parte chiese piuttosto antiche, non presentano bellezze artistiche di notevole interesse, fatta eccezione per i centri storici che in alcuni casi risalgono al XIV secolo. Pertanto l’attrazione o meglio le attrazioni sono paesaggistiche e, occorre dirlo, queste sì di notevole importanza, capaci di affascinare sia il villeggiante sedentario sia quello che ama camminare. Dalle comode passeggiate agli itinerari impegnativi, o addirittura alle arrampicate, c’è di che soddisfare tutti i gusti e le aspettative. Al riguardo, il solo fatto che siano vicine delle montagne come l’Adamello, con i suoi ghiacciai, o le Dolomiti di Brenta, con le loro vette aguzze, danno un’idea delle possibilità offerte al turista. Non c’è bisogno di essere dei Messner per andare per esempio in Val di Genova alla piana del Bedole, a cui si può arrivare anche in auto, su una strada asfaltata fino alle cascate del Nardis e poi solo su carrozzabile e a traffico limitato; dal Bedole partono i sentieri che salgono all’Adamello, ma lungo il percorso non si può restare indifferenti al corso tumultuoso del Sarca e, soprattutto, è consigliato fare una deviazione per ammirare, nel bosco, la magica cascate del Lares. Sempre abbastanza vicine sono le cascate di Vallesinella, nei pressi di Madonna di Campiglio, ma anche restando nella valle itinerari soddisfacenti non mancano, come la salita al Doss del Sabion, la montagna che sovrasta Pinzolo, o a piedi o con una telecabina, per arrivare poi al mitico Rifugio Xii Apostoli, da cui si gode una splendida vista sul ghiacciaio della Presanella ed è il punto di partenza di itinerari ben più impegnativi. A piedi, e solo a piedi invece, si può salire da Carisolo sulla Cima Lancia, da dove la visuale spazia dall’Adamello al Gruppo del Brenta, oppure, sempre con i propri piedi, si può raggiungere l’eremo di San Martino, con magnifica vista sulla valle. Riguardo a quest’ultimo percorso pongo l’accento sul fatto che sembra facile, ma non lo è e in particolare non è indicato per chi soffre di vertigini e per che chi è convinto che si tratti di una scampagnata. In particolare, l’ultimo tratto, molto accidentato e a strapiombo, richiede nervi e piedi saldi, come anche testimoniato da alcune disgrazie che lì sono accadute (a ogni buon conto c’è una fune metallica a cui assicurarsi). Altri itinerari di sicuro gradimento e senza particolari difficoltà sono i percorsi della Val Ceresina da Vigo Rendena e della Val di San Valentino da Javrè, ai masi Valastun da Pinzolo, alla cava di quarzo da Giustino, alla cascata di Masanèl da Bocenago, alla Ruina Plan da li funtani da Caderzone, ai masi del Vastùn da Strembo, alla Val di Borzago da Spiazzo e al monte Campolo ancora da Carisolo. Non mancano, ovviamente, le piste ciclabili e anche i percorsi per mountain bike. Altro motivo di attrazione è costituito dalle terme: a Caderzone c’è un impianto termale in cui si curano affezioni cardio-vascolari, dermatologiche, patologie dell’apparato respiratorio e osteoarticolari, inoltre c’è un nuovissimo centro wellness dotato di sauna, bagno turco, docce aromatiche, piscina con idromassaggio, grotta del sale e percorso Kneipp.

Per gli amanti degli sport invernali, a parte il comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio e Marilleva, assai famoso, c’è il Doss del Sabion a Pinzolo con piste di diversa difficoltà e per gli amanti degli sci stretti c’è un anello per il fondo di 5 Km. a Carisolo, di cui 1,5 Km con illuminazione notturna e fra l’altro con neve programmata.

Insomma, sarà perché la val Rendena mi ha ospitato in gioventù, per cui il ricordo è assai vivo, ma sta di fatto che è un posto che merita ampiamente di essere visitato. Certo, con il progresso soprattutto economico qualcosa è cambiato e la gente, comunque sempre ospitale, è meno spontanea, il cemento ha eroso parte della natura, le strade corrono ovunque, ma consola che al tramonto, con i suoi riflessi rossastri, la Cima Tosa, che con i suoi 3.173 metri è il picco più alto del Gruppo del Brenta, è sempre lì e sembra vegliare sulla valle e i valligiani, muta testimone di un tempo che passa per tutti, ma non per lei.


Come arrivare

Le vie di accesso sono tre:

1) dalla Val di Sole, passato il passo di Campo Carlo Magno e transitando per Madonna di Campiglio;

2) dal lago d’Idro, strada tortuosa e molto trafficata, passando per Tione;

3) da Trento o da Riva del Garda fino a Ponte Arche, poi per quella che un tempo era la strada delle Sarche, l’orrido di cui ho parlato, sostituito per fortuna da lunghe e comode gallerie.


Dove soggiornare

Le offerte sono tante e preferisco rimandarvi al sito in cui è presente l’elenco:

www.campigliodolomiti.it


Il corredo fotografico sarebbe assai numeroso, ma per esigenze di spazio ho preferito limitarmi a quattro immagini che ritengo particolarmente rappresentative, tutte reperite su siti Internet; nell’ordine sono la cima Tosa, la chiesa cimiteriale di Santo Stefano a Carisolo, la Chiesa di San Vigilio a Pinzolo e la cascata del Lares in Val di Genova.





 
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