Capo
Testa
di
Renzo Montagnoli
Che
la Sardegna sia bella credo sia a tutti noto, ma questa meraviglia
della natura è ancor più interessante in quanto
variegata: basti pensare che si passa dalla spiaggia rosa di Budelli,
così chiamata per il colore tipico della sabbia, alle rocce
levigate in modo tale da sembrare opere d’arte proprie di Capo
Testa. Questo promontorio, che si trova nel Nord dell’isola,
nel comune di Santa Teresa Gallura e che si affaccia sulle Bocche di
Bonifacio in realtà è un’isola, collegata alla
terraferma da uno stretto istmo, i cui lati sono caratterizzati da
spiagge molto frequentate dai turisti. Il luogo non è stato
scoperto e valorizzato di recente perché già in epoca
Romana costituiva una specie di avamposto di carattere militare e
aveva anche una vocazione economica perché lì veniva
estratto il granito che poi era trasportato alla capitale. Inoltre,
la vicinanza con la Corsica, il tratto di mare che la separa dalla
Sardegna, con correnti di diversa direzione e tempeste non rare e
violente hanno imposto di costruire un faro, fondamentale per la
navigazione, sostituito in epoca più recente da un’analoga
struttura senza tuttavia abbattere quella vecchia che ora costituisce
un interessante punto di osservazione per i turisti.
La
vocazione attuale preminente è quella turistica perché
le spiagge di capo Testa sono semplicemente stupende (io ne sono
rimasto estasiato) e fra queste è indispensabile ricordare
Cala Grande, o Valle della Luna, visto il colore delle rocce levigate
dagli agenti atmosferici che ricorda la luce lunare. E’ inutile
che aggiunga che le tonalità di colore del mare sono di grande
bellezza, ma queste più o meno si incontrano lungo quasi tutte
le coste dell’isola, quello che invece è una rarità
è la forma delle rocce che, senza dover far sforzi di
fantasia, a volte assomigliano a squali, altre a bastimenti, altre
ancora a dei funghi. E il lavoro dell’uomo non c’entra
assolutamente, perché tutto il merito va soprattutto ai venti
di ponente che, grazie anche all’impeto del mare, hanno creato
delle opere d’arte come dei grandi scultori. La visita al faro
è più che consigliabile, perché affacciarsi
sulle Bocche di Bonifacio, scorgere la costa meridionale della
Corsica, magari quando il mare è in burrasca è
un’esperienza unica e molto gratificante. Poi, a patto di
trovar posto in stagione, ci si può coricare a prendere un po’
di sole sulle spiagge sabbiose dell’istmo, chiamate
rispettivamente Rena di Ponente e Rena di Levante. Capo Testa, però,
non esaurisce il suo patrimonio naturale accessibile turisticamente
al mare con la Cala Grande, ma ci sono altre baie non meno belle,
quali Cala Spinosa e Cala Francese; si tratta di piccole insenature,
quasi esclusive, frequentate soprattutto dagli amanti delle
immersioni.
C’è
da dire inoltre che la zona presenta l’imbarazzo della scelta
in ordine alle spiagge, perché venendo da Santa Teresa Gallura
si trovano la piccola Conca Verde, circondata da un altrettanto
piccola pineta, la caratteristica Licciola, la solitaria Cala
Sambuco, nonché la famosissima Marmorata. Allora, se si
soggiorna nei pressi di Santa Teresa o di Palau, perché andare
a Capo Testa, quando di spiagge belle e vicine ce ne sono tante?
Semplice, per il motivo che ho esposto sopra, per quelle rocce così
artisticamente levigate, per quel panorama delle Bocche di Bonifacio
che solo lì si può cogliere nella sua assoluta
imponenza.
Io
ci sono stato tanti anni fa e ricordo che una giornata ero andato a
La Maddalena e a Caprera e un’altra, ascoltando i
provvidenziali consigli dei titolari dell’albergo in cui
alloggiavo, è stata dedicata proprio a Capo Testa. Fu una
visita non veloce, tanto che in spiaggia a prendere il sole mi fermai
poco, e preferii nell’occasione scoprire passo dopo passo le
meraviglie del promontorio, le calette, ma soprattutto quei massi,
così erosi, così scolpiti dagli agenti atmosferici da
sembrare invece opera di grandi artisti.
Non
sono più ritornato in quest’isola per motivi di lavoro e
familiari, ma mi è rimasta nel cuore e da allora –
saranno trascorsi venticinque anni circa – ho sempre cercato di
sintetizzare in poche parole l’essenza della Sardegna, senza
mai riuscirvi, ed è per questo motivo che preferisco ricorrere
a quello che mi disse una barista di un locale dove mi ero fermato
per un caffè lungo la strada che da Santa Teresa porta ad
Alghero: “ La Sardegna è talmente bella e varia che non
sembra un’isola, ma un continente.”. Ed è vero,
perché la mia visita, pur limitata al solo Nord, ha incontrato
una natura stupenda e variegata, ma anche testimonianze delle opere
dell’uomo, dai nuraghe all’enigmatica fontana di Rosello,
che è un po’ il simbolo di Sassari. Sì, la
varietà c’è ed è molta, mentre la stessa
cosa non si può dire per gli abitanti, tipicamente isolani, un
po’ chiusi e riservati, però gentili e inoltre
disponibili al massimo se si riesce a infrangere quella corazza che
inconsciamente portano dalla nascita.
Nell’occasione
voglio dire che la Sardegna non è solo Porto Cervo, luogo di
ritrovo dei vip, anzi la vera Sardegna è tutta quella oltre
Porto Cervo, è la sua bellezza selvaggia, le sue montagne a
volte brulle dove un tempo c’erano i banditi, i suoi monumenti,
che portano evidenti tracce delle varie dominazioni, è la
cucina semplice, ma piacevole che si può trovare ancora
lontano dai grandi centri turistici, sono le tradizioni, gelosamente
conservate, sono gli occhi neri e profondi delle sue donne, profondi
come il suo mare in cui è piacevole immergersi.
Nota:
Le fotografie a corredo dell’articolo sono state scattate
dal sottoscritto in occasione di un viaggio effettuato là
molti anni fa.
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