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  Bell'Italia  »  Capo Testa, di Renzo Montagnoli 06/06/2019
 
Capo Testa

di Renzo Montagnoli




Che la Sardegna sia bella credo sia a tutti noto, ma questa meraviglia della natura è ancor più interessante in quanto variegata: basti pensare che si passa dalla spiaggia rosa di Budelli, così chiamata per il colore tipico della sabbia, alle rocce levigate in modo tale da sembrare opere d’arte proprie di Capo Testa. Questo promontorio, che si trova nel Nord dell’isola, nel comune di Santa Teresa Gallura e che si affaccia sulle Bocche di Bonifacio in realtà è un’isola, collegata alla terraferma da uno stretto istmo, i cui lati sono caratterizzati da spiagge molto frequentate dai turisti. Il luogo non è stato scoperto e valorizzato di recente perché già in epoca Romana costituiva una specie di avamposto di carattere militare e aveva anche una vocazione economica perché lì veniva estratto il granito che poi era trasportato alla capitale. Inoltre, la vicinanza con la Corsica, il tratto di mare che la separa dalla Sardegna, con correnti di diversa direzione e tempeste non rare e violente hanno imposto di costruire un faro, fondamentale per la navigazione, sostituito in epoca più recente da un’analoga struttura senza tuttavia abbattere quella vecchia che ora costituisce un interessante punto di osservazione per i turisti.

La vocazione attuale preminente è quella turistica perché le spiagge di capo Testa sono semplicemente stupende (io ne sono rimasto estasiato) e fra queste è indispensabile ricordare Cala Grande, o Valle della Luna, visto il colore delle rocce levigate dagli agenti atmosferici che ricorda la luce lunare. E’ inutile che aggiunga che le tonalità di colore del mare sono di grande bellezza, ma queste più o meno si incontrano lungo quasi tutte le coste dell’isola, quello che invece è una rarità è la forma delle rocce che, senza dover far sforzi di fantasia, a volte assomigliano a squali, altre a bastimenti, altre ancora a dei funghi. E il lavoro dell’uomo non c’entra assolutamente, perché tutto il merito va soprattutto ai venti di ponente che, grazie anche all’impeto del mare, hanno creato delle opere d’arte come dei grandi scultori. La visita al faro è più che consigliabile, perché affacciarsi sulle Bocche di Bonifacio, scorgere la costa meridionale della Corsica, magari quando il mare è in burrasca è un’esperienza unica e molto gratificante. Poi, a patto di trovar posto in stagione, ci si può coricare a prendere un po’ di sole sulle spiagge sabbiose dell’istmo, chiamate rispettivamente Rena di Ponente e Rena di Levante. Capo Testa, però, non esaurisce il suo patrimonio naturale accessibile turisticamente al mare con la Cala Grande, ma ci sono altre baie non meno belle, quali Cala Spinosa e Cala Francese; si tratta di piccole insenature, quasi esclusive, frequentate soprattutto dagli amanti delle immersioni.

C’è da dire inoltre che la zona presenta l’imbarazzo della scelta in ordine alle spiagge, perché venendo da Santa Teresa Gallura si trovano la piccola Conca Verde, circondata da un altrettanto piccola pineta, la caratteristica Licciola, la solitaria Cala Sambuco, nonché la famosissima Marmorata. Allora, se si soggiorna nei pressi di Santa Teresa o di Palau, perché andare a Capo Testa, quando di spiagge belle e vicine ce ne sono tante? Semplice, per il motivo che ho esposto sopra, per quelle rocce così artisticamente levigate, per quel panorama delle Bocche di Bonifacio che solo lì si può cogliere nella sua assoluta imponenza.

Io ci sono stato tanti anni fa e ricordo che una giornata ero andato a La Maddalena e a Caprera e un’altra, ascoltando i provvidenziali consigli dei titolari dell’albergo in cui alloggiavo, è stata dedicata proprio a Capo Testa. Fu una visita non veloce, tanto che in spiaggia a prendere il sole mi fermai poco, e preferii nell’occasione scoprire passo dopo passo le meraviglie del promontorio, le calette, ma soprattutto quei massi, così erosi, così scolpiti dagli agenti atmosferici da sembrare invece opera di grandi artisti.

Non sono più ritornato in quest’isola per motivi di lavoro e familiari, ma mi è rimasta nel cuore e da allora – saranno trascorsi venticinque anni circa – ho sempre cercato di sintetizzare in poche parole l’essenza della Sardegna, senza mai riuscirvi, ed è per questo motivo che preferisco ricorrere a quello che mi disse una barista di un locale dove mi ero fermato per un caffè lungo la strada che da Santa Teresa porta ad Alghero: “ La Sardegna è talmente bella e varia che non sembra un’isola, ma un continente.”. Ed è vero, perché la mia visita, pur limitata al solo Nord, ha incontrato una natura stupenda e variegata, ma anche testimonianze delle opere dell’uomo, dai nuraghe all’enigmatica fontana di Rosello, che è un po’ il simbolo di Sassari. Sì, la varietà c’è ed è molta, mentre la stessa cosa non si può dire per gli abitanti, tipicamente isolani, un po’ chiusi e riservati, però gentili e inoltre disponibili al massimo se si riesce a infrangere quella corazza che inconsciamente portano dalla nascita.

Nell’occasione voglio dire che la Sardegna non è solo Porto Cervo, luogo di ritrovo dei vip, anzi la vera Sardegna è tutta quella oltre Porto Cervo, è la sua bellezza selvaggia, le sue montagne a volte brulle dove un tempo c’erano i banditi, i suoi monumenti, che portano evidenti tracce delle varie dominazioni, è la cucina semplice, ma piacevole che si può trovare ancora lontano dai grandi centri turistici, sono le tradizioni, gelosamente conservate, sono gli occhi neri e profondi delle sue donne, profondi come il suo mare in cui è piacevole immergersi.


Nota: Le fotografie a corredo dell’articolo sono state scattate dal sottoscritto in occasione di un viaggio effettuato là molti anni fa.


 
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