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  Bell'Italia  »  Sull'altopiano della Vigolana, di Piera Maria Chessa 02/07/2019
 
Sull’altopiano della Vigolana

di Piera Maria Chessa



Poco tempo fa, grazie alla mia cara amica Giovanna, ho avuto modo di visitare un pezzetto di Trentino non ancora conosciuto, un angolo, piccolo ma delizioso, dell’Altopiano della Vigolana. Così come, un po’ di tempo fa, sempre grazie a lei, ebbi modo di scoprire il suggestivo lago di Cei.

Il tempo a disposizione non è mai tanto, ma quel che si prova, quel che si fa, quel che si sente e rimane in noi, è di una straordinaria intensità, ci arricchisce e ci fa sentire migliori.

Quel giorno, dopo un pranzo sostanzioso e nello stesso tempo leggero, perché dovevamo camminare, ci siamo recati in un bosco dove non ero mai stata. Io amo i boschi profondamente, mi trasmettono sensazioni speciali che perdurano nel tempo, devo anche dire che, quando sono molto fitti, qualche volta mi fanno provare un po’ di inquietudine, cerco tuttavia di vincermi perché la loro bellezza non ha paragoni.

Il bosco scelto dalla mia amica non ha per fortuna questa caratteristica, ed io gliene sono grata. E’ bello, ricco, ma anche aperto e luminoso, trasmette serenità e il desiderio di percorrerlo senza troppa fretta, soffermandosi, quando se ne ha voglia, davanti a tutto ciò che incuriosisce i nostri occhi, o anche semplicemente per raccontarsi qualcosa senza combattere con il fiatone che, a seconda della salita ma anche a causa dell’età, talvolta si può avere.

All’inizio del sentiero la mia attenzione è stata colpita da due sculture in legno, una rappresenta un animale, l’altra è una figura umana. Non c’era però, quel giorno, nessuna spiegazione al riguardo. Abbiamo incominciato quindi la passeggiata, che ci avrebbe portato fino ad un rifugio. Lungo il percorso ci siamo lasciati avvolgere dal verde degli alberi e incuriosire dai funghi che, cammin facendo, incontravamo sulla strada. Ve n’erano di diversi tipi e dimensioni, ma nessuno di noi, ahimè, è un vero intenditore Abbiamo incontrato parecchie persone, raccoglitori di funghi, appunto, che con i loro cesti si spostavano di qua e di là alla ricerca del prezioso alimento. Con qualcuno abbiamo scambiato qualche parola .Ad un certo punto del tragitto abbiamo trovato anche una “calchera”. E’ stata Giovanna a spiegarmi che cosa fosse, praticamente un forno in cui, nel passato, veniva preparata la calce. Mentre camminavamo, nonostante il tempo ancora bello, abbiamo notato intorno e sugli alberi i primi passaggi dell’autunno. Tra il verde ancora acceso incominciavano a far capolino le prime foglie gialle e rosse. Un gioco di colori molto suggestivo. Naturalmente non potevano mancare le foto.Il nostro percorso era abbastanza semplice e lineare, ma abbiamo incontrato anche dei brevi tratti in salita. Siamo finalmente giunti nel punto in cui, fino a non molto tempo addietro, c’era un rifugio. Mi è stato detto che per diverso tempo la struttura è stata gestita da un signore amabile e disponibile, apprezzato dalle persone che arrivavano fin lì. Purtroppo, in seguito si è ammalato e ora non c’é più. Il rifugio è stato messo in vendita, ma, sembra, senza successo. Vederlo andare velocemente in rovina, come è successo a noi, non è una bella cosa. Sull’edificio rimane un cartello con la scritta “VENDESI”, ma se non si corre velocemente ai ripari, della casa non rimarrà più niente. Ci colpisce e incuriosisce vedere sui balconi, nonostante l’abbandono, delle rose sfidare il cielo con il loro bellissimo colore rosso. La natura continua per la sua strada, e nessuno mai potrà fermarla.

Riprendiamo il cammino verso il basso, ma continuiamo ancora, per qualche istante, a pensare a quel poco che resta del rifugio, che senz’altro per molti escursionisti è stato per anni un punto di riferimento.


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