Sull’altopiano
della Vigolana
di
Piera Maria Chessa
Poco
tempo fa, grazie alla mia cara amica Giovanna, ho avuto modo di
visitare un pezzetto di Trentino non ancora conosciuto, un angolo,
piccolo ma delizioso, dell’Altopiano della Vigolana. Così
come, un po’ di tempo fa, sempre grazie a lei, ebbi modo di
scoprire il suggestivo lago di Cei.
Il
tempo a disposizione non è mai tanto, ma quel che si prova,
quel che si fa, quel che si sente e rimane in noi, è di una
straordinaria intensità, ci arricchisce e ci fa sentire
migliori.
Quel
giorno, dopo un pranzo sostanzioso e nello stesso tempo leggero,
perché dovevamo camminare, ci siamo recati in un bosco dove
non ero mai stata. Io amo i boschi profondamente, mi trasmettono
sensazioni speciali che perdurano nel tempo, devo anche dire che,
quando sono molto fitti, qualche volta mi fanno provare un po’
di inquietudine, cerco tuttavia di vincermi perché la loro
bellezza non ha paragoni.
Il
bosco scelto dalla mia amica non ha per fortuna questa
caratteristica, ed io gliene sono grata. E’ bello, ricco, ma
anche aperto e luminoso, trasmette serenità e il desiderio di
percorrerlo senza troppa fretta, soffermandosi, quando se ne ha
voglia, davanti a tutto ciò che incuriosisce i nostri occhi, o
anche semplicemente per raccontarsi qualcosa senza combattere con il
fiatone che, a seconda della salita ma anche a causa dell’età,
talvolta si può avere.
All’inizio
del sentiero la mia attenzione è stata colpita da due sculture
in legno, una rappresenta un animale, l’altra è una
figura umana. Non c’era però, quel giorno, nessuna
spiegazione al riguardo. Abbiamo incominciato quindi la passeggiata,
che ci avrebbe portato fino ad un rifugio. Lungo il percorso ci siamo
lasciati avvolgere dal verde degli alberi e incuriosire dai funghi
che, cammin facendo, incontravamo sulla strada. Ve n’erano di
diversi tipi e dimensioni, ma nessuno di noi, ahimè, è
un vero intenditore Abbiamo incontrato parecchie persone,
raccoglitori di funghi, appunto, che con i loro cesti si spostavano
di qua e di là alla ricerca del prezioso alimento. Con
qualcuno abbiamo scambiato qualche parola .Ad un certo punto del
tragitto abbiamo trovato anche una “calchera”. E’
stata Giovanna a spiegarmi che cosa fosse, praticamente un forno in
cui, nel passato, veniva preparata la calce. Mentre camminavamo,
nonostante il tempo ancora bello, abbiamo notato intorno e sugli
alberi i primi passaggi dell’autunno. Tra il verde ancora
acceso incominciavano a far capolino le prime foglie gialle e rosse.
Un gioco di colori molto suggestivo. Naturalmente non potevano
mancare le foto.Il nostro percorso era abbastanza semplice e lineare,
ma abbiamo incontrato anche dei brevi tratti in salita. Siamo
finalmente giunti nel punto in cui, fino a non molto tempo addietro,
c’era un rifugio. Mi è stato detto che per diverso tempo
la struttura è stata gestita da un signore amabile e
disponibile, apprezzato dalle persone che arrivavano fin lì.
Purtroppo, in seguito si è ammalato e ora non c’é
più. Il rifugio è stato messo in vendita, ma, sembra,
senza successo. Vederlo andare velocemente in rovina, come è
successo a noi, non è una bella cosa. Sull’edificio
rimane un cartello con la scritta “VENDESI”, ma se non si
corre velocemente ai ripari, della casa non rimarrà più
niente. Ci colpisce e incuriosisce vedere sui balconi, nonostante
l’abbandono, delle rose sfidare il cielo con il loro bellissimo
colore rosso. La natura continua per la sua strada, e nessuno mai
potrà fermarla.
Riprendiamo
il cammino verso il basso, ma continuiamo ancora, per qualche
istante, a pensare a quel poco che resta del rifugio, che senz’altro
per molti escursionisti è stato per anni un punto di
riferimento.
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