Le
domus de Janas (Le case delle fate), tra leggenda e realtà
di
Piera Maria Chessa
Le
Janas, secondo la tradizione popolare sarda, erano delle fate
piccolissime, molto più piccole degli umani, e vivevano in
minuscole case scavate nella roccia.
Non sempre erano delle fate
buone, anzi, avevano fama di essere lunatiche e capricciose. Un po’
fate e un po’ streghe, insomma, e anche piuttosto birichine. Le
si può, in qualche modo, associare agli elfi, molto più
conosciuti. Venivano talvolta considerate come degli esseri che
stavano nel mezzo tra il mondo degli umani e quello delle
divinità.
Si narrava che, all’interno delle
piccolissime case, trascorressero il loro tempo tessendo sui loro
magnifici telai d’oro.
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Domus
de Janas
Stanno
le
case delle fate
nei campi verdi e soleggiati.
L’ingresso
buio e misterioso
è un velo sollevato
su vite già
vissute.
Tessono
sempre
le fate silenziose
sui telai d’oro
lucenti
come soli.
Poi,
quando arriva
il momento del distacco,
abbandonato il
corpo
morbido e sinuoso,
si trasformano in pietre.
Sentinelle
guardinghe,
ridono
nel buio delle stanze,
scrutando il
mondo intorno
e l’inutile affanno
degli uomini.
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Al
di là delle leggende, sempre molto suggestive, la verità
è abbastanza diversa.
Le Domus de Janas erano in realtà
delle tombe preistoriche scavate nella roccia più di
cinquemila anni fa.
Talvolta erano effettivamente piccole, altre
invece costituite da più ambienti. Spesso venivano scavate le
une accanto alle altre, formando delle necropoli anche molto ampie.
Le pareti venivano talvolta decorate con motivi stilizzati o simboli,
ma anche con disegni geometrici o rappresentanti delle divinità.
Tra queste quelle più venerate erano il Dio Toro e la Dea
Madre.
Nel tempo, all’interno dei vari ambienti, sono
stati trovati diversi oggetti che costituivano il corredo funerario
del defunto. Come presso altre civiltà, si pensava infatti che
dopo la morte incominciasse una nuova vita.
La Sardegna è
disseminata di Domus de Janas, ve ne sono diverse in tutte le
province. Alcune sono particolarmente frequentate dai turisti, che
rimangono positivamente colpiti dalle spiegazioni fornite dalle guide
locali, come spesso avviene anche durante le visite ai nuraghi.
Voglio,
in breve, dire alcune cose almeno su due di esse.
La prima è
la Domus de Janas di Ludurru. Si trova presso Buddusò, poco
distante da Pattada, il paese in provincia di Sassari in cui sono
nata, ed è una necropoli appartenente al Neolitico finale
(3200-2800 a. C.).
E’ scavata nel granito, essendo Buddusò
una terra particolarmente ricca di questo tipo di roccia, una pietra
nobile e bella che viene abilmente lavorata, e che ha permesso al
paese di essere conosciuto non solo all’interno dell’isola
ma anche fuori.
La particolarità di questa necropoli sta
proprio nel fatto che sia stata scavata in questa pietra dura, mentre
solitamente le Domus venivano scavate nel calcare, molto più
facile da modellare.
La seconda è la necropoli
prenuragica di Sant’Andrea Prius. Si trova in una zona
pianeggiante a circa dieci chilometri da Bonorva, in provincia di
Sassari, presso una chiesetta campestre dedicata a Santa Lucia.
La
necropoli è costituita da venti domus de janas, e risale al
IV-III millennio a.C. Fu riutilizzata per lungo tempo anche durante
il periodo romano e bizantino.
Una parte, la cosiddetta “Tomba
del Capo”, al tempo delle persecuzioni venne poi trasformata in
una chiesa rupestre. Più tardi venne affrescata con scene
tratte dal Nuovo Testamento.
La chiesa fu dedicata a
Sant’Andrea. Per questo motivo anche il sito prese il nome del
Santo.
Una
storia antica di millenni, quella sarda, come è antichissima
l’isola, che conserva con passione e amore le tante leggende
che di generazione in generazione sono state tramandate, e nello
stesso tempo cura con rigore e competenza la sua storia.
Una
storia alla quale i turisti sembrano oggi più interessati
rispetto al passato, più curiosi e propensi ad
approfondirla.
Io sono da sempre convinta che, per poter
conoscere almeno un po’ i luoghi che desideriamo visitare, sia
opportuno dedicare un pochino del nostro tempo anche alla loro
storia.
Le
foto, reperite sul web, rappresentano dall’alto in basso: le
prime tre la
Domus de Janas di Ludurru, le successive e ultime tre la necropoli
prenuragica di Sant’Andrea Prius.
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