Paestum
di
Renzo Montagnoli
Era
certo un’altra epoca quando giravo in lungo e in largo per
l’Italia, avido di conoscenza, desideroso di scoprire ogni
bellezza, e in una di queste scorribande, scendendo lungo la
penisola, mi sono imbattuto in Paestum, antica città della
Magna Grecia chiamata dai suoi fondatori Poseidonia, in onore di
Poseidone, rinominata Paistom dopo la sua conquista da parte dei
Lucani, per poi assumere la definitiva denominazione di Paestum sotto
la dominazione romana. Città fiorente dovette la sua decadenza
a una diminuita importanza della strada che lì passava e al
progressivo impaludamento di un fiume che sfociava, e sfocia ancora,
nei suoi pressi, tanto che finì con lo sparire per affacciarsi
di nuovo timidamente al mondo a partire dal XV secolo. Del resto, se
gli scavi archeologici erano ancora del tutto primitivi, a
testimoniare che lì un tempo doveva esserci un agglomerato
urbano di non trascurabile entità restavano i templi
miracolosamente conservati.
Questa
città conobbe il suo massimo splendore fra le metà del
VI e del V secolo a.C. e fu proprio allora che assunse il volto che
oggi conosciamo, con l’agorà, cioè la piazza
principale al centro e i due maggiori santuari ai due lati. Sempre in
quel periodo sorsero le opere più rilevanti come la Basilica,
il tempio di Cerere e quello di Nettuno; nell’agorà,
all’incirca il 520 a.C si costruì l’heroon, il
monumentale sacello dedicato all’eroe fondatore della città
e nel 480-470 a.C fu realizzato
l’ekklesiasterion,
deputato alle assemblee e alle decisioni politiche.
Non molto si sa della dominazione lucana, però si ha la
certezza che, cambiati i padroni, non mutarono le fortune e fu solo
nel 273 a.C. che i Romani s’impadronirono di Poseidonia,
mutandone il nome in Paestum. I suoi abitanti non furono asserviti,
ma diventarono alleati come socii
navales,
cioè impegnati, in caso di necessità, a fornire navi
all’urbe, alleanza che non venne mai meno, nemmeno durante il
difficile periodo delle prime due guerre puniche. L’impronta
dei Romani tuttavia non tardò ad arrivare con il nuovo Foro
che occupava la parte meridionale dell’agorà e tutta una
serie di nuovi edifici che andavano dal Tempio della Pace
all’anfiteatro e alle terme, senza contare le numerose ville
lussuose. Fu un periodo ancora di prosperità, ma con la
costruzione di due importanti strade (l’Appia che collegava
Roma all’Adriatico e la Popilia che attraversava la Magna
Grecia con un percorso lontano dalla costa) Paestum finì con
il trovarsi lontana dalle principali direttrici commerciali e così
iniziò la sua decadenza.
Gli
scavi archeologici, che ebbero maggiore impulso nello scorso secolo,
ci hanno restituito la porzione di città antica che era il suo
cuore, con i monumenti più importanti, quali i due santuari
con i famosi templi, l’agorà greca e il Foro romano con
le tabernae,
la basilica e il macellum, l’ekklesiasterion greco
e il comitium romano
(entrambi luoghi di riunioni politiche), la tomba dell’eroe
fondatore, le terme, le strade principali, perfino l’anfiteatro,
per quanto tagliato di netto a metà. Resta tuttavia ancora
molto da scavare e gli archeologi non nascondono la possibilità
di fare nel tempo ritrovamenti importanti. Del resto, proprio grazie
all’intuizione di un’archeologa è stato ritrovato
negli anni Trenta del XX secolo il tempio di Hera, che si trova
proprio alla foce del Sele. Gli scavi lì effettuati hanno
portato alla luce numerose metope, cioè pannelli di pietra
figurati, di pregevole fattura, oggi ospitati al Museo di Paestum.
E
così siamo arrivati alla casa delle meraviglie, cioè il
museo archeologico di Paestum. Neli anni Trenta del novecento il
sovrintendente Amedeo Maiuri, famoso per aver riportato alla luce
Pompei e le altre città distrutte dall’eruzione del
Vesuvio, ebbe l’intuizione che tutto quanto allora trovato in
loco, a parte ovviamente i grandi edifici, dovesse essere conservato
in un luogo idoneo, anche per consentirne la visibilità al
pubblico. Fu così che commissionò il progetto del museo
all’architetto Marcello de Vita. La guerra ci si mise di mezzo,
così che l’importante opera fu inaugurata solo nel 1952;
purtroppo si rivelò troppo piccolo per poter contenere tutti i
reperti che la continuazione degli scavi portava alla luce, così
che necessitò subito di nuovi lavori. L’edificio si
sviluppò su quattro livelli: il seminterrato, il piano
rialzato, il primo e il secondo piano. Furono eseguiti diversi
ampliamenti, di cui l’ultimo è famoso perché
destinato a ospitare la meraviglia delle meraviglie, la celebre Tomba
del Tuffatore, venuta alla luce nel 1968, chiamata così perché
sulla lastra superiore è rappresentato un giovane nudo nel
corso di un tuffo, sospeso in aria in procinto di entrare nell’acqua,
con un effetto di movimento che stupisce e affascina.
Non
bastasse, la cinta muraria lunga quasi 5 Km. è perfettamente
conservata, così come le sue quattro porte principali di
accesso, insomma per vedere tutto forse una giornata non basta (a me
ne sono occorse due); dopo un percorso itinerante sotto il sole,
magari nel pieno dell’estate, come è stato nel mio caso,
si sente la necessità di rinfrescarsi e allora basta volgersi
a Ovest, perché a pochi chilometri c’è il Tirreno
con le sue belle spiagge di sabbia, con un mare invitante in cui
buttarsi magari con ancora negli occhi il gesto plastico del
tuffatore del museo.
Paestum
non è una località vicina al nord dell’Italia, è
oltre Salerno e il modo migliore per arrivarci è ricorrendo
all’autostrada del Sole; in loco
poi non mancano le strutture atte a ospitare il turista, per quanto
non così numerose
come
si potrebbe invece pensare, data l’importanza del luogo
archeologico.
ORARI
E PREZZI DEI BIGLIETTI PER VISITARE IL PARCO ARCHEOLOGICO DI
PAESTUM E VELIA
https://www.museopaestum.beniculturali.it/orari-e-biglietti/
Fonti:
Wikipedia; Parco archeologico di Paestum
Nota:
le fotografie a corredo dell’articolo sono state reperite in
diversi siti Internet.
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