Gente
di paese 1
di
Renzo Montagnoli
Lontano
per anni dal mondo
quasi
nascosto al progresso
tre
case in croce e pochi abitanti
gente
di paese verrebbe da dire
ma
non pochi con tare varie
da
Ernesto l’idiota che rideva
ai
funerali e piangeva ai matrimoni
orecchie
a sventola a cornice
di
un viso glabro e con un pressochè
eterno
sorriso ebete, non un mostro,
ma
quasi, eppur da tutti amato
perché
buono e servizievole
in
quella disgrazia che dalla nascita
gli
era fedele e non gradita compagna
assistito
con premura dai genitori
che
ancor giovane seguì nella tomba
lasciando
un vuoto che non si sarebbe
sospettato
e con sulla lapide scritto
“Ernesto,
con affetto, ci mancherai.”.
E
poi c’era Giustino, il messo comunale,
gobbo
da sembrare Rigoletto
un
uomo semplice che con dignità
portava
la sua disgrazia, da tutti amato.
Un
anno, quando son tornato,
non
l’ho più trovato, anche lui sulla rupe
era
una notte d’inverno andato
in
silenzio come solo e sempre era stato.
E
poi c’era Silvio, un ragazzo bello come
un
cherubino, ma che trascinava la più
corta
gamba destra, sempre disponibile
al
sorriso, buono e bravo, un esempio.
Ma
un giorno, di ritorno per un sentiero,
la
gamba buona aveva ceduto e lui
era
ruzzolato a valle, morendo sfracellato.
Tutto
il paese era al suo funerale e di certo
lui
lieto ne sarebbe stato, a sentire il discorso
del
sindaco, le parole commosse del prete,
e
forse invece tutto ha udito, affacciato dal cielo
sul
suo paese fra i monti, mentre correva
finalmente
con le gambe buone da una nube
all’altra,
da una cima al gran ghiacciaio,
e
infatti sulla lapide c’è scritto un auspicio
“Che
tu ora possa correre per le praterie del cielo”.
Da
Un paese tra i monti
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