Blatte
di Renzo Montagnoli
Come per i proci in casa d'Ulisse
tutti intenti a mungere le ricchezze
in attesa d'impalmare la regina
hanno occupato ogni scranno libero
hanno insozzato ruoli e istituzioni.
Non attendono un'altra Penelope
perché di fatto è loro il possesso d'ogni
cosa
tutti intenti a divorare l'altrui ricchezza
incautamente affidata alle rapaci mani.
Non uomini, né animali – perché mai offendere
costoro, vittime di questi predatori? –
No, mi ricordano ben altro
blatte nere ingorde e putrescenti
che s'affollano al banchetto.
Travestite da agnellini
s'erano al popolo proposte
a noi gli oneri del comando
- così dicevano –
a Voi gli onori e nulla a cui pensare.
Ma poco a poco non bastarono gli avanzi
e al cibo grosso rivolsero l'attenzione
lasciando – che onore e gloria! –
solo gli scarti amari della torta.
Arroccati ad imperare
non li smuovi
non riesci a farli ragionare
che se l'ingordigia è troppa
nulla rimarrà da mangiare.
E mentre noi stringiam la cinghia
loro l'allargano ogni giorno
di quanto predano a tutto andare
di tanto cala il
nostro desinare.
Ben pasciuti ed altezzosi
ci han preso tutto
ci han tolto ogni potere
han cancellato perfino la speranza.
E noi padroni imprevidenti
ci siam ridotti a scialbi
servitori
fra mugugni e lamentele
ma proni davanti a questi signori.
E non si riesce a mandarli via
perché i nuovi eletti son figli della casta.
E allora viene alla mente
che in tempi antichi
quando le blatte s'affacciavano in cucina
era una corsa a spiaccicarle
a ripulire con buona varechina
e se questo non bastava
c'erano e ci sono polveri miracolose
che dei parassiti fanno scempio
e li ricacciano,
sconfitti,
nel loro mondo di squallore.
Da Lungo il cammino