Il fabbro
di Renzo Montagnoli
Mi sembra ancora di vederlo
chinato sull'incudine
a battere con il martello
il ferro arroventato
fra spruzzi di scintille
che rischiaravano
quell'antro ben poco illuminato.
Passavo lì davanti
e a voce alta un saluto gli
porgevo.
Allora si volgeva
un breve cenno
con il martello che pareva roteare
e un poco così si riposava.
Niente parole se era impegnato
ma l'unico occhio brillava
d'amicizia.
Era il fabbro del paese
ma non solo
perché ogni giorno erano altre
le cose che batteva
il desiderio di un mondo
un po' più umano
dove ognuno avesse dignità
in cui non si dovesse più
procedere a testa china
proni a un potere
che la vita disgustava.
Ci ha dato tanto
il fabbro del paese
e noi non l'abbiamo mai ricambiato
anzi umile com'era
ben presto ognuno l'ha scordato.
Riposa
in pace,
vecchio
mio,
perché
finchè sarò su questo mondo
avrò
sempre il tuo ricordo
una
luce che brilla nelle tenebre
e
che guida i miei stanchi passi.
Fino
a quando avrò voce
parlerò
di te
perché
tutti devono sapere
che
un piccolo fabbro di paese
accanto
ai cancelli
che
così bene faceva
tutta
la vita ha brigato
per
aprirne altri,
quelli
messo lì da uomini
avidi
e accidiosi
perché
i più vivessero in prigione,
quella
prigione
in
cui siamo rinserrati
da
chi ha il potere nelle mani
e
vuole usarlo solo
per
un dominio che tutto toglie
e
niente dà.
Sei
stato un Don Chisciotte
tutto
per gli altri
e
niente per te
solo
contro i giganti
ci
hai provato
e
di questo sempre
ti
sarà grato.
Da Il
mio paese