Al Dio morente
di Renzo Montagnoli
Hai sempre accarezzato queste rive,
hai dissetato i campi riarsi dal sole,
sei stato un amico fedele,
a volte adirato e minaccioso
hai sciolto le briglie delle tue acque,
hai sommerso un mondo
che non ti aveva portato rispetto.
Venivo la sera a gioire sulle sponde
il flusso ininterrotto del tuo respiro,
calmo, silente, dolcemente carezzevole.
Mi specchiavo e dietro la mia immagine
c'eri tu, rassicurante, padre sereno,
amorevole con questi poveri figli
che da te ricevon la vita.
E le ninfe, tue ancelle fedeli,
levavano il canto alla luna
per la tua gloria e il tuo sonno notturno.
Scivolavi, allora, nel letto d'argilla,
riposavi le ore del buio,
ti assopivi insieme a noi.
Da domani questo non sarà più
e un unico Dio prenderà il
posto
di tante divinità che i nuovi sacerdoti
definiscono false e superbe.
Uno solo a cui parlare,
ma non vedere,
lui che ha occhi per tutti,
ma che non conosciamo.
Non come te, Dio del fiume,
che hai cullato i giorni di tutta la mia vita
e che fra poco morirai,
in una siccità dell'animo
senza lacrime e senza dolore,
tranne il ricordo che mi accompagnerà
per il resto dei giorni,
invano soffocato da una nuova divinità
che è tutto e niente,
un'immagine vuota
di cui non udirò il respiro,
né potrò toccare.
Al volger dell'alba
questo fiume non sarà che acqua,
queste rive non saran che fanghiglia.
Nel sogno che svanisce,
l'incerta luce del giorno
mi accompagnerà al nuovo
nel rimpianto del passato.
(da
Canti celtici – Edizioni
Il Foglio Letterario,
2007)