Forse un'aia
di Luisito
Bianchi
Nota introduttiva di Don Angelo Lanzini
Pubblicato a cura del Circolo Culturale “G. Gusberti”
della Parrocchia San Leonardo
di Vescovato (CR)
Pro Manuscripto
(I Ristampa novembre 1999 con qualche aggiunta di note, II Ristampa novembre
2007)
Poesia
Pagg. 79
La memoria
Luisito Bianchi è assai conosciuto come autore
soprattutto per quel capolavoro sulla resistenza, e non solo, che è La messa dell'uomo disarmato. Non
molti sanno che amava anche la poesia e che ne ha scritte non poche, fra cui
ricordo le sillogi Vicus Boldonis terra di
marcite e appunto Forse un'aia.
Quest'ultima, purtroppo, non mi risulterebbe in commercio e al riguardo auspico che qualche
editore, leggendo questa mia, ne sia interessato, e non solo per onorare la
memoria di questo scrittore-sacerdote di grandi qualità, ma anche per deliziare
i lettori dei suoi versi scritti con bello stile e dall'indubbio elevato
contenuto.
Il tema della memoria, presente anche
in La messa dell'uomo disarmato, e
pure reiterato, in misura ancora più accentuata nello stupendo Le quattro stagioni di un vecchio lunario,
ritrova qui il suo fulgore in liriche che dipingono un'epoca passata, dei
periodi dell'infanzia e dell'adolescenza trascorsi nella natia Vescovato, un
piccolo paese agricolo sito in provincia di Cremona.
Il mondo che viene
descritto, con affettuosa partecipazione, non esiste più, l'immobile civiltà
contadina si è ormai da tempo estinta e così questa silloge finisce con il
diventare una rievocazione alla ricerca e conferma delle proprie radici.
E' così che rammentando fatti e usi di
un tempo Luisito ritrova l'incanto di un paese che
ora è profondamente cambiato e lo partecipa al lettore, affinché sappia quel
che è stato e che mai più ritornerà.
In quegli anni si
allevavano i bachi per la seta (Foglie di
gelso, ne bastava un pugno / per la schiusa dei bachi sul camino; / non
bastavano sacchi e sacchi a giugno / per l'abbuffata sotto l'abbaino./ …),
così com'era d'uso in ogni famiglia tenere il maiale, giusto il tempo per
ingrassarlo e poi farne salami, coppe e ciccioli (…Naso schiacciato al vetro di cucina / vedevo il nonno scender dal
fienile / fare un furtivo giretto in cantina / per poi postarsi a lato del
porcile. / << E' l'ora>>, urlava,
e ne apriva il portello. / S'avventava il norcino sul
maiale / e gli inficcava nel cuore il coltello./….A
volte non crollava al primo assalto / e cominciava un pazzo carosello; / nonno
saliva sui pioli d'un salto / e il norcino tendeva altro tranello. /….Squartato disossato e fatto a pezzi / il maiale in cucina
era ammucchiato; / il norcino affilava i suoi attrezzi / e beveva un grappino a
tutto fiato. / Poi dava inizio all'opera d'artista / riconosciuta in tutto il
circondario; / tritava polpa grasso e carne mista /
ch'insaporiva col suo ricettario. / ….).
Ecco due tradizioni che si sono spente,
la prima superata dalle fibre artificiali, e la seconda che sopravvive solo in
pochi sparuti casi.
Per Luisito
il nonno era un preciso punto di riferimento e come tale non potevano mancare
versi a lui dedicati ( I baffi di mio nonno hanno una storia / ch'è troppo lunga a mettere in
sonetto; / basta ch'egli ebbe soldato la gloria / d'una mano di re sul forte
petto. /…).
Al granoturco, atteso che la polenta era
all'epoca un'alimentazione base, è dedicata poi una minisilloge
costituita da diversi sonetti (…Era il
rito più sacro della sera / il cadenzato giro del mestone
/ quasi fosse litanica preghiera / sulla farina
gialla del pastone. /…).
Né potevano mancare le poesie
strettamente religiose, come quelle dedicate alla Pasqua (Il giovedì fra tutti i giorni santo / sdguravo
la catena del camino / strisciandola per campi fin che il manto / di fuliggine
fosse un ermellino. / In chiesa san Luigi discendeva /
dalla sua nicchia sbocciata in un fiore / e per un giorno l'onore cedeva / al
sepolcro del suo e mio Signore. /…).
Ma se la Pasqua, metafora della vita
eterna, inizia con il dolore di una morte e finisce i suoi giorni con la gioia
di una rinascita, c'è un altro periodo che è invece solo
allegria, cioè il carnevale, i giorni della festa e dell'abbuffata prima
della quaresima, oggi relegato a un'attrazione folcloristica, svincolato dal
suo significato religioso. Per Luisito erano giorni
del tutto particolari ( Scorreva in aria odore di frittelle / e in chiesa effluvi d'incenso aromale; / la terra denudava la sua pelle / al primo sole
ed era carnevale. /…./ Quand'era il carnevale al mio
paese / tre giorni di balera e d'ostensorio; / donne e fornai non badavano a spese,
/ nemmeno l'arciprete col ciborio. / Alla festa seguiva l'astinenza / con vie
crucis fioretti e dottrinetta; / per smaltire la
lunga penitenza / mi scatenavo a lippa ed a staffetta.
/…).
Sono immagini di un mondo che pare oggi
remoto, ma che Luisito con il suo bello stile, con
questi sonetti, ha fatto riemergere dalla bruma dei fatti trascorsi con
commovente semplicità, porgendolo a chi nulla ne sapeva, quasi un mito, un
arabesco fatato, fatto tuttavia di duro lavoro e anche di miseria, ma così
legato a questa terra, alla natura, al tempo a misura d'uomo,
di cui anch'io, che pur ancor non c'ero, avverto nostalgia.
Luisito Bianchi era nato a Vescovato in provincia di Cremona il 23 maggio
1927 ed era
sacerdote dal 1950. E stato insegnante e traduttore, prete-operaio e
inserviente d'ospedale. Ha svolto la funzione di cappellano presso il monastero
benedettino di Viboldone (Milano) dal 1953 al 2011.
E' deceduto il 5 gennaio 2012 dopo lunga malattia.
Ha pubblicato: Salariati (Ora Sesta, Roma 1968), ), studio sociologico sul salariato di cascina nel
cremonese; Come un atomo sulla bilancia
(Morcelliana, Brescia 1972, riediz.
Sironi, Milano 2005), storia di tre anni di fabbrica; Dialogo sulla gratuità (Morcelliana, Brescia 1975, riediz.
Gribaudi, Milano 2004), Gratuità tra cronaca e storia (1982). Dittico vescovatino
(2001, riediz. Sironi con il titolo: Le
quattro stagioni di un vecchio lunario); Sfilacciature di fabbrica (1970, riediz.
2002); Simon Mago (2002); La Messa dell'uomo disarmato (1989, riediz. Sironi, Milano 2003), un romanzo sulla resistenza; Monologo partigiano sulla Gratuità (Il
Poligrafo, Padova 2004), appunti per una storia della gratuità del ministero
nella Chiesa; diverse raccolte di poesie tra cui Vicus Boldonis terra di marcite (1993) e Sulla decima
sillaba l'accento, In terra
partigiana, Parola tu profumi
stamattina, Forse un'aia. I miei amici (Sironi, Milano 2008) diari
di fabbrica dal 1978 al 1970; Quando si
pensa con i piedi e un cane (di nome Dorean) ti taglia
la strada (ed.L'Ancora del Mediterraneo, Napoli
2010) un incontro fortuito e i ricordi di una vita.
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Renzo Montagnoli