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  Recensioni  »  Forse un'aia, di Luisito Bianchi, pubblicato a cura del Circolo Culturale “G. Gusberti” di Vescovato 14/12/2012
 

Forse un'aia

di Luisito Bianchi

Nota introduttiva di Don Angelo Lanzini

Pubblicato a cura del Circolo Culturale “G. Gusberti

della Parrocchia San Leonardo di Vescovato (CR)

Pro Manuscripto (I Ristampa novembre 1999 con qualche aggiunta di note, II Ristampa novembre 2007)

Poesia

Pagg. 79

 

 

La memoria

 

 

Luisito Bianchi è assai conosciuto come autore soprattutto per quel capolavoro sulla resistenza, e non solo, che è La messa dell'uomo disarmato. Non molti sanno che amava anche la poesia e che ne ha scritte non poche, fra cui ricordo le sillogi Vicus Boldonis terra di marcite e appunto Forse un'aia.

Quest'ultima, purtroppo, non mi risulterebbe in commercio e al riguardo auspico che qualche editore, leggendo questa mia, ne sia interessato, e non solo per onorare la memoria di questo scrittore-sacerdote di grandi qualità, ma anche per deliziare i lettori dei suoi versi scritti con bello stile e dall'indubbio elevato contenuto.

Il tema della memoria, presente anche in La messa dell'uomo disarmato, e pure reiterato, in misura ancora più accentuata nello stupendo Le quattro stagioni di un vecchio lunario, ritrova qui il suo fulgore in liriche che dipingono un'epoca passata, dei periodi dell'infanzia e dell'adolescenza trascorsi nella natia Vescovato, un piccolo paese agricolo sito in provincia di Cremona.

Il mondo che viene descritto, con affettuosa partecipazione, non esiste più, l'immobile civiltà contadina si è ormai da tempo estinta e così questa silloge finisce con il diventare una rievocazione alla ricerca e conferma delle proprie radici.

E' così che rammentando fatti e usi di un tempo Luisito ritrova l'incanto di un paese che ora è profondamente cambiato e lo partecipa al lettore, affinché sappia quel che è stato e che mai più ritornerà.

In quegli anni si allevavano i bachi per la seta (Foglie di gelso, ne bastava un pugno / per la schiusa dei bachi sul camino; / non bastavano sacchi e sacchi a giugno / per l'abbuffata sotto l'abbaino./ …), così com'era d'uso in ogni famiglia tenere il maiale, giusto il tempo per ingrassarlo e poi farne salami, coppe e ciccioli (…Naso schiacciato al vetro di cucina / vedevo il nonno scender dal fienile / fare un furtivo giretto in cantina / per poi postarsi a lato del porcile. / << E' l'ora>>, urlava, e ne apriva il portello. / S'avventava il norcino sul maiale / e gli inficcava nel cuore il coltello./….A volte non crollava al primo assalto / e cominciava un pazzo carosello; / nonno saliva sui pioli d'un salto / e il norcino tendeva altro tranello. /….Squartato disossato e fatto a pezzi / il maiale in cucina era ammucchiato; / il norcino affilava i suoi attrezzi / e beveva un grappino a tutto fiato. / Poi dava inizio all'opera d'artista / riconosciuta in tutto il circondario; / tritava polpa grasso e carne mista / ch'insaporiva col suo ricettario. / ….).

Ecco due tradizioni che si sono spente, la prima superata dalle fibre artificiali, e la seconda che sopravvive solo in pochi sparuti casi.

Per Luisito il nonno era un preciso punto di riferimento e come tale non potevano mancare versi a lui dedicati ( I baffi di mio nonno hanno una storia / ch'è troppo lunga a mettere in sonetto; / basta ch'egli ebbe soldato la gloria / d'una mano di re sul forte petto. /…).

Al granoturco, atteso che la polenta era all'epoca un'alimentazione base,  è dedicata poi una minisilloge costituita da diversi sonetti (…Era il rito più sacro della sera / il cadenzato giro del mestone / quasi fosse litanica preghiera / sulla farina gialla del pastone. /…).

Né potevano mancare le poesie strettamente religiose, come quelle dedicate alla Pasqua (Il giovedì fra tutti i giorni santo / sdguravo la catena del camino / strisciandola per campi fin che il manto / di fuliggine fosse un ermellino. / In chiesa san Luigi discendeva / dalla sua nicchia sbocciata in un fiore / e per un giorno l'onore cedeva / al sepolcro del suo e mio Signore. /…).

Ma se la Pasqua, metafora della vita eterna, inizia con il dolore di una morte e finisce i suoi giorni con la gioia di una rinascita, c'è un altro periodo che è invece solo allegria, cioè il carnevale, i giorni della festa e dell'abbuffata prima della quaresima, oggi relegato a un'attrazione folcloristica, svincolato dal suo significato religioso. Per Luisito erano giorni del tutto particolari ( Scorreva in aria odore di frittelle / e in chiesa effluvi d'incenso aromale; / la terra denudava la sua pelle / al primo sole ed era carnevale. /…./ Quand'era il carnevale al mio paese / tre giorni di balera e d'ostensorio; / donne e fornai non badavano a spese, / nemmeno l'arciprete col ciborio. / Alla festa seguiva l'astinenza / con vie crucis fioretti e dottrinetta; / per smaltire la lunga penitenza / mi scatenavo a lippa ed a staffetta. /…).

Sono immagini di un mondo che pare oggi remoto, ma che Luisito con il suo bello stile, con questi sonetti, ha fatto riemergere dalla bruma dei fatti trascorsi con commovente semplicità, porgendolo a chi nulla ne sapeva, quasi un mito, un arabesco fatato, fatto tuttavia di duro lavoro e anche di miseria, ma così legato a questa terra, alla natura, al tempo a misura d'uomo, di cui anch'io, che pur ancor non c'ero, avverto nostalgia.

 

Luisito Bianchi era nato a Vescovato in provincia di Cremona il 23 maggio 1927 ed  era sacerdote dal 1950. E stato insegnante e traduttore, prete-operaio e inserviente d'ospedale. Ha svolto la funzione di cappellano presso il monastero benedettino di Viboldone (Milano) dal 1953 al 2011. E' deceduto il 5 gennaio 2012 dopo lunga malattia.

Ha pubblicato: Salariati (Ora Sesta, Roma 1968), ), studio sociologico sul salariato di cascina nel cremonese; Come un atomo sulla bilancia (Morcelliana, Brescia 1972, riediz. Sironi, Milano 2005), storia di tre anni di fabbrica; Dialogo sulla gratuità (Morcelliana, Brescia 1975, riediz. Gribaudi, Milano 2004), Gratuità tra cronaca e storia (1982). Dittico vescovatino (2001, riediz. Sironi con il titolo: Le quattro stagioni di un vecchio lunario); Sfilacciature di fabbrica (1970, riediz. 2002); Simon Mago (2002); La Messa dell'uomo disarmato (1989, riediz. Sironi, Milano 2003), un romanzo sulla resistenza; Monologo partigiano sulla Gratuità (Il Poligrafo, Padova 2004), appunti per una storia della gratuità del ministero nella Chiesa; diverse raccolte di poesie tra cui Vicus Boldonis terra di marcite (1993) e Sulla decima sillaba l'accento, In terra partigiana, Parola tu profumi stamattina, Forse un'aia. I miei amici (Sironi, Milano 2008) diari di fabbrica dal 1978 al 1970; Quando si pensa con i piedi e un cane (di nome Dorean) ti taglia la strada (ed.L'Ancora del Mediterraneo, Napoli 2010) un incontro fortuito e i ricordi di una vita.

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Renzo Montagnoli

 
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