I sommersi e i salvati
di Primo Levi
Prefazione di Tzvetan Todorov
Posftazione di Walter Barberis
In copertina:
elaborazione grafica particolare
del ciclo di affreschi di Luca Signorelli, Cattedrale
di Orvieto, Cappella della Madonna di San Brizio©
Sandro Vannini / Corbis
Edizioni Einaudi
Saggistica storica e
antropologica
Collana Super ET
Pagg. XII – 202
ISBN 9788806186524
Prezzo
€ 11,00
Affinché non si ripeta
«Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario,
perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere
sedotte ed oscurate: anche le nostre».
Primo Levi
Quarant'anni dopo di Se questo è un uomo, Primo Levi torna a
scrivere dei Lager, non con un romanzo, oppure con una puntualizzazione di
quella che fu la sua tragica esperienza di recluso, bensì per effettuare un'attenta e approfondita analisi del sistema dei
campi di concentramento come mezzo per affermare il potere assoluto, nonché,
altro aspetto di rilevante interesse, per evidenziare i comportamenti degli
esseri umani, sia a livello individuale che collettivo, così come determinato
dalla vita non vita del Lager. Il suo
approccio non è per niente enfatico, anzi Levi dimostra una straordinaria
lucidità, come se il tempo trascorso dall'evento di cui è stato vittima avesse
smussato quella carica interiore di rabbia e di dolore; anzi, ritiene opportuno
premettere come la memoria sia sempre fallace e come l'aspetto temporale, cioè
gli anni trascorsi, possano nuocere alla trattazione per involontarie omissioni,
oppure trasgressioni dei fatti accaduti. L'autore è un uomo di scienza e come
tale persegue quotidianamente la ricerca della verità, nel suo caso tanto più
importante non per comprendere, ma per poter
determinare come un orrore simile sia potuto accadere. Non si tratta solo di
un'analisi storica, ma anche di un'indagine antropologica le cui risultanze non sono fini a se stesse, ma travalicano il
fatto, di per sé un unicum fino ad
ora, al fine di conoscere, affinché non si debba ripetere. In questo modo Levi
trova delle risposte che sono basilari per una corretta interpretazione della
storia del secolo scorso e per una definizione stratigrafica delle
caratteristiche individuali e sociali dell'uomo contemporaneo. Fra l'altro, ho
rilevato la straordinaria visione d'insieme che porta l'autore a proiettare la
tragedia dell'olocausto ad analoghi avvenimenti successivi che hanno
interessato popoli che noi europei ben poco conosciamo, come per esempio la
follia omicida del regime di Pol Pot
in Cambogia.
E' questo il risultato delle risposte
alle domande che consistono essenzialmente in una metodologica ricerca della
verità. Levi si chiede, infatti, quali siano le strutture gerarchiche su cui
basa un regime autoritario, quali sono i metodi per annichilire un individuo,
per distruggere insomma la sua personalità, quali rapporti intercorrono fra i
carnefici e le vittime, come può sussistere una forma di collaborazione, la
cosiddetta zona grigia. Tutto questo costituisce questo splendido saggio,
diviso schematicamente in capitoli che trattano di volta in volta un argomento,
con le inevitabili domande accompagnate da risposte del tutto logiche, che
costituiscono per l'autore non la verità assoluta, ma un'interpretazione, e in
questo credo di poter dire che tuttavia si avvicina di molto alla realtà
oggettiva. Devo pure riconoscere a Levi che già il titolo del
libro ci offre uno spaccato esatto della divisione degli internati fra quelli
inevitabilmente destinati alla morte (lo erano tutti, ma la maggior parte,
annichilita, si lasciava andare, non reagiva), cioè cosiddetti sommersi, e i
salvati, quelli che si arrangiavano, magari con un lavoro particolarmente
richiesto (sarto, ciabattino, muratore, ecc.) e che nonostante tutto cercavano
di porre ostacoli al loro crudele destino di morituri, vale a dire insomma chi
lottava ancora per sopravvivere. A differenza del suo romanzo più famoso
(Se questo è un uomo), anche qui da
testimone l'autore va oltre la ristretta visione del suo essere per giungere a
una visione, che potrei dire universale, dei comportamenti, sia degli
internati, che degli aguzzini, in cui cerca di trovare le attenuanti
(l'educazione ricevuta, l'indottrinamento). Ma c'è anche una terza categoria,
fuori dai reticolati, cioè
il popolo tedesco, che è poi la più importante, perché l'aver creduto prima
ciecamente a un populista come Hitler, subendone il fascino, e l'averlo poi
assecondato sono pregiudiziali senza le quali non ci sarebbero state né la
guerra, né la Shoah; e quel che è peggio è il silenzio indifferente dei tanti
che pur non essendo aguzzini, sapevano e
tacevano, a loro modo in preda a una sottomissione della propria personalità a
quella artefatta costruita dal nazismo. Per loro in effetti
di scuse non ce ne sono ed è proprio per questo comportamento, per questa
ardente o indifferente assuefazione a un regime, che la tragedia potrebbe ripetersi, in altre
zone, in altre forme, con vittime diverse.
Levi sembra volerci ammonire affinché
mai e poi mai una collettività, un popolo, affidino il
loro destino a un potere assoluto, con un mandato irrevocabile con cui viene
segnata la sorte non solo dei mandatari, ma soprattutto dei soggetti più
deboli, di coloro che un regime, anche per nascondere le sue incapacità e
scelleratezze, va ad indicare di volta come i responsabili di fallimenti, capri
espiatori dati in pasto alle belve dell'odio e dell'indifferenza.
La lettura non è solo consigliata, ma è
caldamente raccomandata.
Primo
Levi (Torino 1919-1987) ha pubblicato presso
Einaudi Se questo è un uomo; La tregua; Storie naturali; Vizio
di forma; Il sistema periodico; La chiave a stella; La
ricerca delle radici. Antologia personale; Lilìt
e altri racconti; Se non ora, quando?; L'altrui mestiere; I sommersi
e i salvati. Sempre da Einaudi sono usciti postumi i due volumi delle Opere;
Conversazioni e interviste (1963-1987);L'ultimo
Natale di guerra; L'asimmetria e la vita. Articoli e saggi
1955-1987;Tutti i racconti, sempre a cura
di Marco Belpoliti.
Renzo
Montagnoli