Silvinia
di Giuseppe Bonaviri
Introduzione di Sarah
Zappulla Muscarà
Edizioni Bompiani
Narrativa romanzo
Collana Tascabili
narrativa
Pagg. 192
ISBN 9788845258510
Prezzo € 7,50
Nulla è più presente
del passato
Giuseppe Bonaviri,
romanzo dopo romanzo, non finisce di stupirmi, mai uguale pur nell'ambito di un
itinerario logico che ha accompagnato nel tempo la sua produzione. Se si parte
dalla prima opera, Il sarto della strada
lunga, edito nel 1954, e che può essere
considerata di stampo naturalistico, quasi nel filone verghiano
pur evidenziando a sprazzi quei riferimenti onirici più accentuati in lavori
successivi, e si procede nel tempo si arriva a La divina foresta, del 1969, quasi un poema, la cui scrittura immaginativa
prende definitivamente corpo e svincola da quello che può essere
un'osservazione di stampo realistico per confluire magmaticamente
in una trascendenza delle cose, in particolare della natura, le cui sensazioni,
elaborate inconsciamente e metabolizzate, si esplicitano in un fantasmagorico
caleidoscopio di immagini quasi surreali.
Negli anni successivi questi ricordi
infantili, che con il susseguirsi delle età dell'autore inevitabilmente
sfumano, diventano più sostanza del loro significato che figure, paesaggi e
storie relative. Poco a poco risultano il frutto di
una proiezione onirica, di un mondo lontano mescolato fra la fantasia di un
bimbo e quella più creativa di un adulto. E' così che fioriscono metamorfosi e
allegorie, un segno distintivo dello scrittore di Mineo,
sempre più incline a mediare la realtà oggettiva con le soggettive sensazioni
della stessa.
Ed é questo anche il caso di Silvinia, romanzo
pubblicato nel 1997, che rievoca la dolorosa epopea dei nostri emigranti, in
particolare di quelli siciliani, dall'Etna a Manhattan, alla ricerca della
piccola Silvinia. Lei è una fornaia che porta insieme
ad altre bimbe la farina in fornerie
site in un vulcano spento, da cui escono pani fragranti, che vengono riportati
e distribuiti fra le genti dell'isola. Sparisce, non si sa
dove sia finita, tutti la cercano, in particolare il padre fornaio
Salvatore Casaccio che si reca perfino in America, nel caso sia là (si noti che
questi è un personaggio reale, nonno materno di Giuseppe Bonaviri).
Il viaggio per mare è un'ulteriore occasione per dare sfogo alla grande fantasia
dell'autore con immagini che ricordano le illustrazioni della Divina Commedia
di Doré, o che rievocano atmosfere melvilliane, in un crescendo proprio dell'opera sinfonica
che trova il suo naturale e definitivo acuto in una Manhattan allegorica,
brulicante di immigrati riuniti per commemorare il quinto anniversario della
scomparsa di Silvinia e dove il funerale dello stesso
Salvatore Casaccio assume una ridondanza creativa che vede partecipi il sindaco
Fiorello La Guardia, Charlie Chaplin che veste i panni di Charlot, celebri
protagonisti dei cartoni animati, quali Paperino, la Bella addormentata e
perfino un attore come James Stewart, in un caos e una sarabanda infernali, che
visivamente possiamo ritrovare solo in certe pellicole di Federico Fellini.
La nozione di tempo viene ad essere così annullata, passato e presente diventano un
unicum e il corso della vita è visto da un adulto con gli occhi di un bambino.
Nulla è dovuto al caso, siamo un istante nell'eternità e il candore di
quest'uomo lo spinge a raccontare con altrettanta apertura d'animo una storia
che può essere vista come la metafora dell'esistenza, di quella
inutile ricerca di se stessi a cui mai si approda se non quando si
lascia il mondo.
Comunque le interpretazioni possono
essere e probabilmente sono molteplici, perché quel discorso della farina che
diventa pane, per poi essere distribuito, ricorda tanto l'eucaristia, qui forse
vista non sotto l'aspetto propriamente religioso, ma come partecipazione di
ognuno all'umanità a cui tutti dovrebbero dare per
poter ricevere, insomma al di là della fantasmagoria che balza agli occhi ci
sono messaggi ben più profondi, occasioni di riflessione, di ritorni sulle
pagine, di soste più o meno prolungate, in ogni caso indifferibili, se si vuol
cercare di entrare in sintonia con questo grandissimo scrittore.
Giuseppe
Bonaviri è nato a Mineo,
in Sicilia, nel 1924. Il suo primo romanzo Il sarto della stradalunga apparve nel 1954 nella collana dei
“Gettoni” diretta da Elio Vittorini per Einaudi. Fra le sue opere di maggior
rilievo: Il fiume di pietra (1964), La divina foresta (1969), Notti
sull'altura (1971), Novelle saracene (1980), Il dormiveglia
(1988), Ghigò (1990), Il dottor Bilob (1994), Il vicolo blu (2003), L'incredibile
storia di un cranio (2006). Nei tascabili Bompiani è uscito Silvinia (2007), sempre a cura di Sarah Zappulla Muscarà.
Sarah Zappulla Muscarà, ordinaria
di Letteratura Italiana nell'Università di Catania e incaricata di Letteratura
Teatrale Italiana e di Storia e Critica del Cinema, si occupa di narrativa,
teatro e cinema tra Otto e Novecento, di edizioni di testi e carteggi inediti.
A sua cura sono apparsi nei Tascabili Bompiani Tutto il teatro in dialetto
di Luigi Pirandello e Tutto il teatro di Stefano Pirandello (in
collaborazione con Enzo Zappulla), Giovannino, Un bellissimo novembre, Gli
ospiti di quel castello, Roma amara e dolce di Ercole Patti, Un posto
tranquillo di Enzo Marangolo, Silvinia
di Giuseppe Bonaviri.
Renzo Montagnoli