1912 + 1
di Leonardo Sciascia
In copertina: Julio Romero de Torres. Viva el pelo,
1928 (Museo Julio Romero de Torres, Cordova)
Adelphi Edizioni
www.adelphi.it
Narrativa
Collana Fabula
Pagg. 104
ISBN 9788845902147
Prezzo € 14,00
Innocente, anche se
colpevole
Negli ultimi anni della sua vita, quasi
pago dei successi ottenuti dai suoi romanzi, ma più probabilmente perché la
vena creativa si era un po' esaurita, Leonardo Sciascia prese spunto da fatti
realmente accaduti per una loro rivisitazione, chiamando gli scritti infatti Cronachette. E tale è anche 1912 + 1, titolo alquanto
strano, ma che, come vedremo in seguito, ha una sua precisa ragion d'essere. E'
del 1913 il fatto della cronachetta, sicché è logico
pensare che lui fosse un po' superstizioso, ma così non è, perché quella votata
agli scongiuri è ben altra persona, un altro scrittore allora in grande
spolvero; questi, benché meridionale – e di conseguenza per lui il 13 doveva essere considerato un numero fortunato – per una
repentina infatuazione per il Nord dell'Italia, ove soggiornerà a lungo fino
alla morte, iniziò a vedere il 13 come sinonimo di jella,
di sfortuna nera e allora prese a non citarlo, tanto che in uno dei 50
esemplari dell'edizione su papier de Hollande del Martyre del Saint Sebastien,
scritto direttamente in francese da Gabriele D'Annunzio durante il suo non
breve soggiorno ad Arcachon, ove si era rifugiato
incalzato dai creditori, figura una dedica autografa <<à Fernand Charles Ecot “Chaque flèche est pour le salut.”
Gabriele d'Annunzio, 7 jiun 1912 + 1>>. Questo
libro entrò nella biblioteca di Sciascia che non poté fare a meno di notare la
stranezza della data e alla luce della sua scarsa stima dell'autore abruzzese
mise bene il rilievo la circostanza agli inizi della cronachetta. A parte questo inciso, il fatto non riguarda
direttamente il vate nazionale, se non per quella atmosfera
di fulgide apparenze e di squallide realtà che sembravano caratterizzare
l'inizio del XX secolo, con la conquista della Libia e la feroce repressione
dei ribelli, con le classi sociali ben delineate e talmente chiuse da risultare
impenetrabili. Ed è appunto da un incontro fra un ceto superiore e uno
inferiore che nasce il fatto, con la contessa Maria Tiepolo, moglie del
capitano di Stato Maggiore Carlo Ferruccio Oggioni,
che l'8 novembre 1913 uccide con un colpo di pistola sparato quasi a bruciapelo
l'attendente del marito, il bersagliere Quintilio Polimanti, nella vita civile falegname, ma ribattezzato dai
giornali ebanista per cercare di rendere meno evidente la differenza di classe.
Il processo che ne seguì è l'occasione per Leonardo Sciascia di mettere in
risalto vizi privati e pubbliche virtù, spesso con un'ironia dirompente, da cui
esce un quadro per nulla lusinghiero degli uomini in genere e di quel
particolare contesto sociale.
Sono continue annotazioni, riflessioni
che accompagnano gli atti del procedimento che, come non poteva
che essere prevedibile, si concluderà con l'assoluzione dell'assassina. Il sostegno
indispensabile alle forze armate, appena uscite vittoriose dalla campagna di
Libia, e il patto Gentiloni che chiamava alle urne i
cattolici, prima diffidati dal pontefice, a patto che
il parlamento si attenesse rigorosamente ai principi cristiani, non cedesse
alla tentazione di fare una legge sul divorzio e considerasse pertanto la
famiglia una e indivisibile influenzarono i giurati e così accadde che un
colpevole, peraltro reo confesso, anche se a suo dire per difendere la propria
onorabilità, diventasse di colpo innocente, in un iter che di verità univoche
non ne ebbe, ma tante, tantissime, in un contesto fatalmente pirandelliano, in
cui apparenza e realtà si confondono, confondendo anche chi è chiamato a
giudicare.
Non è certo un capolavoro di Sciascia,
che tanti peraltro ne ha scritti, ma 1912 + 1 è uno di quei libri, di
gradevolissima lettura, a cui ci si affida con
fatalismo constatando che il nuovo secolo, il nostro, porta troppi segni del
precedente, tanto che le somiglianze son più delle differenze, e credo che se
fossero ancora in vita Pirandello e Sciascia si limiterebbero a sorridere, come
per dire “che novità! Ve l'avevamo già detto, no?”.
Leonardo
Sciascia (Racalmuto,
8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989). E' stato autore di saggi e
romanzi, fra cui: Le parrocchie di Regalpietra (Laterza, 1956), Il giorno della civetta (Einaudi, 1961),
Il consiglio d'Egitto (Einaudi,
1963), A ciascuno il suo (Einaudi,
1966), Il contesto (Einaudi, 1971), Atti relativi alla morte di Raymond Roussel
(Esse Editrice, 1971), Todo modo (Einaudi, 1974), La
scomparsa di Majorana
(Einaudi, 1975), I pugnalatori
(Einaudi, 1976), Candido, ovvero Un sogno
fatto in Sicilia (Einaudi, 1977),
L'affaire Moro (Sellerio, 1978), Il
teatro della memoria (Einaudi, 1981), La
sentenza memorabile (Sellerio, 1982),
Il cavaliere e la morte
(Adelphi, 1988), Una
storia semplice (Adelphi, 1989).
Renzo Montagnoli