La
guerra d’Etiopia
L’ultima
impresa del colonialismo
di
Angelo Del Boca
Casa
Editrice Longanesi
Saggistica
storica
Pagg.
304
ISBN
978-88-304-2716-7
Prezzo
Euro 18,00
Voglia
d’Impero
L’Italia
fascista aveva mire di espansione in Africa e poiché questo
continente, in cui pure erano ricomprese colonie italiane, era già
stato da tempo occupato, o direttamente o attraverso protettorati,
dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dal Belgio, rimaneva ben poco,
in pratica solo l’Etiopia. Ed è a questo stato che già
dal 1930 Mussolini iniziò a rivolgere l’attenzione,
tanto più che occuparlo avrebbe anche significato una
rivincita della cocente sconfitta subita ad Adua il 1° marzo del
1896. Fu così che vennero predisposti con largo anticipo i
piani di guerra, anche perché prima si sarebbe dovuto
ottenere, se non il consenso, la tacita indifferenza delle altre
potenze coloniali. Inoltre, fra i motivi per l’intervento,
c’era una situazione economica interna per niente
soddisfacente, con una gran massa di disoccupati che avrebbero potuto
essere utilizzati per coltivare le terre fertili dell’altopiano
etiopico. L’avversario, peraltro, era piuttosto facile da
sconfiggere, visto che la struttura statale era ancora embrionale,
così come quella dell’esercito, non armato modernamente
e privo di aeronautica, tutti elementi positivi per il Duce in quanto
la pressoché assoluta certezza di vittoria, con conseguente
istituzione dell’impero, avrebbe galvanizzato gli italiani, la
cui simpatia per il fascismo si era alquanto intiepidita. D’altra
parte, l’eventualità, se pur remota, di una sconfitta
avrebbe avuto conseguenze catastrofiche per il regime e per
scongiurare questa infausta ipotesi si preparò la guerra con
una larghezza di mezzi mai vista prima e con un onere economico, di
cui non si è avuto mai un conto esatto, ma del tutto
astronomico e che l’aggiunta delle sanzioni degli altri stati
contribuì a far lievitare tanto da indurre il regime a
effettuare una sottoscrizione straordinaria mediante il conferimento
volontario dell’oro (fedi d’oro contro fedi metalliche,
per esempio). Nonostante la nostra netta superiorità di mezzi
corremmo il rischio di essere battuti, almeno fino a quando il Negus
Hailé Selassié condusse una campagna di guerriglia,
senza mai arrivare al confronto aperto in una battaglia campale, che
invece sostennero a Mai Ceu il 31 marzo 1936, subendo una batosta da
cui non si sarebbe più ripreso. Vi è da dire che, oltre
all’armamento moderno degli italiani e il ricorso massiccio
alla nostra aeronautica, i due comandanti in capo (erano due le
nostre direttrici d’attacco), cioè il maresciallo Pietro
Badoglio e il generale Rodolfo Graziani, stimolati da Mussolini, non
esitarono a ricorrere a un’arma proibita dalle convenzioni
internazionali, sottoscritte anche dall’Italia, e cioè i
gas, soprattutto il fosgene, che provocò un’ecatombe fra
le truppe e la popolazione etiopica. Formalmente, almeno per noi, con
il Negus in fuga e poi in esilio, la campagna terminò il 5
maggio 1936, con l’ingresso nella capitale Addis Abeba delle
nostre truppe al comando di Badoglio. Ma la guerra non era terminata,
perché avevamo occupato solo un quarto del territorio, al
punto che intorno alla capitale pullulavano i guerriglieri etiopi e
rendevano difficoltosi i rifornimenti. É pur vero che
Graziani, diventato governatore della nuova colonia, usò il
pugno di ferro per reprimere i partigiani, con massacri inauditi di
cui furono vittime ribelli e popolazione, ma il territorio restò
sempre insicuro, al punto che di nostri coloni ne arrivarono ben
pochi. Intanto il costo della spedizione aumentava ancora, per fare
strade, acquedotti, insomma per dare una struttura al paese; si
arrivò così alla seconda guerra mondiale e alla rapida
occupazione dell’Etiopia da parte di truppe inglesi ed
etiopiche, queste ultime sotto il comando del Negus che non infierì
sugli italiani, dando prova di una misericordia che ebbero ben pochi
capi di stato e dimostrando così al mondo che lui non era la
belva, il senza Dio dipinto da Mussolini, che volutamente non teneva
conto del fatto che gli etiopici erano cristiani prima di noi. Aveva
inizio così la fine della nostra avventura coloniale (a breve
sarebbe seguita la perdita dell’Eritrea e della Libia), con
miliardi buttati al vento e un costo nostro in vite umane veramente
ragguardevole (fra guerra e guerriglia circa 50.000 morti).
La
grande riconciliazione con Hailé Selassiè si ebbe solo
il 6 novembre 1970, quando su invito del nostro Presidente della
Repubblica Giuseppe Saragat il Negus venne in visita ufficiale in
Italia. Si chiuse così un capitolo, che era proseguito in
piena democrazia negando l’estradizione dei non pochi soggetti
che si erano macchiati di orrendi crimini in Etiopia, in primis
Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani.
Il
saggio di Del Boca parla di tutto questo e di altro ancora, e lo fa
con il rigore proprio dello storico di razza, cioè verificando
sempre prima l’attendibilità delle notizie con riscontri
documentali, riportati nell’ampio elenco delle fonti e
bibliografia di supporto; lo stile è snello, la narrazione
appassionante e, per quanto l’autore cerchi di mantenersi
equidistante, più di una volta trapela una simpatia per gli
etiopi, per questi coraggiosi e ben pochi armati soldati che si
immolarono per difendere la loro patria.
La
guerra d’Etiopia è un libro che non delude le
aspettative, è una di quelle opere la cui lettura è
quasi d’obbligo.
Angelo
del Boca (Novara
1925), saggista e storico del colonialismo italiano, ha insegnato
storia contemporanea all'università di Torino. È stato
insignito di tre lauree honoris causa dalle università di
Torino (2000), Lucerna (2002) e Addis Abeba (2014). Tra le sue
numerose e importanti opere ricordiamo: L'altra
Spagna (1961), I
figli del sole (1965), Giornali
in crisi (1968), I
gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia (1996), Il
mio Novecento (2008), La
guerra d'Etiopia. L'ultima impresa del colonialismo (2010), Da
Mussolini a Gheddafi: quaranta incontri (2012).
Da Mondadori ha pubblicato: Gli
italiani in Africa Orientale (4
voll., 1992-1996),Gli italiani in Libia (2
voll., 1993-1994), L'Africa
nella coscienza degli italiani. Miti, memorie, errori,
sconfitte (2002).
Renzo
Montagnoli
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