Cadorna
Il
generalissimo di Caporetto
di
Gianni Rocca
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
biografia
Pagg.
344
ISBN
978-8804532590
Prezzo
Euro 10,40
Il
macellaio
Non
credo che le conclusioni che si ritraggono da questo libro possano
infangare l’onore di un uomo, perché non si tratta di
illazioni, bensì di fatti, di circostanze ampiamente
documentate da cui emerge che, al di là degli errori di un
comandante in capo, il suo comportamento verso i sottoposti era
tipico di chi, illudendosi di essere un superuomo, considera gli
altri delle totali nullità, dei numeri, una massa indistinta
buona solo da mandare al macello.
In
buona sostanza, non è tanto la disfatta di Caporetto che può
essere considerata una macchia indelebile nella carriera di questo
militare, ma è soprattutto quel suo cinismo, quella sua
mancanza di umanità che lo portava a non considerare gli
altri, i subordinati.
Se
avesse avuto un minimo di cuore, avrebbe almeno provato a cambiare
tattica nelle sanguinose battaglie dell’Isonzo, a evitare morti
del tutto inutili per difendere un fazzoletto di terra indifendibile.
Qualora, poi, non avessero provveduto il fuoco nemico o le malattie a
far strage dei nostri soldati, un errato concetto di disciplina di
questo macellaio gli faceva credere che si dovessero temere più
i propri superiori che l’avversario austriaco, e così
anche semplici, spontanee e giustificate proteste sfociavano
nell’aberrante pratica della decimazione. Era il fronte
interno, erano i socialisti a fomentare la truppa, secondo Cadorna,
che non si chiese mai in che reali condizioni combattessero i nostri
fanti, immersi nel fango, quasi sempre all’addiaccio, un rancio
poco stimolante e povero di calorie, nessun periodo lontano dalla
prima linea, se non sovente dopo mesi, insomma l’inferno in
terra. Per il comandante in capo era diverso, lontano dal fronte, al
sicuro, in un comodo alloggio e con cibo squisito e abbondante.
Questo è il Cadorna peggiore dal lato umano, ma non è
che anche come militare fosse una cima; lui credeva di esserlo, non
aveva autocritica e in cambio guai a esprimere pareri in contrasto
con le sue idee, perché era l’immediato trasferimento di
un generale a un incarico minore, magari in prossimità o nel
bel mezzo di una battaglia. E a proposito di tecnica militare, se
forse come tattico era passabile, come stratega era una nullità;
non si spiegherebbero così le 11 battaglie dell’Isonzo
che sono ognuna la fotocopia della prima o come lo stesso disastro di
Caporetto dovuto quasi esclusivamente non solo alla sua incompetenza,
ma alla ben poca fiducia nel nostro Ufficio informazioni. D’altra
parte, non si poteva pretendere di più da uno che soffriva di
manie di persecuzione, che vedeva il governo come un covo di nemici e
di massoni, un governo che non riconosceva pubblicamente la sua
genialità nominandolo “generalissimo”. Tutti
questi elementi emersero dall’inchiesta effettuata subito dopo
i fatti di Caporetto e le conclusioni della commissione furono
unanimi sulla sua responsabilità di quel disastro. Lui,
rimosso dall’incarico, ovviamente non fu d’accordo e
scrisse memoriali su memoriali per difendere la sua posizione. Sarà
il fascismo a riabilitarlo, ma non perché convinto della sua
estraneità alle accuse mossegli, bensì perché
all’epoca conveniva così.
Questo
saggio storico di Gianni Rocca è estremamente interessante,
perché l’autore, pur non parteggiando per la
colpevolezza o l’innocenza, riesce a fornire un quadro preciso
e completo delle caratteristiche psicologiche e militari di Cadorna,
non solo un macellaio, ma anche un vigliacco, al punto che a ritirata
ancora in corso in un comunicato dichiarò che unici
responsabili del disastro erano i soldati che non avevano combattuto.
Non era vero che si erano arresi giulivamente, tranne qualche caso
isolato, era vero invece che pur considerati dei sotto uomini per non
pochi anni questi militari dimostrarono in quelle giornate di essere
migliori dei loro capi e diedero poi prova del loro coraggio e del
loro eroismo difendendo, con le unghie e con i denti, il Piave.
Cadorna,
il Generalissimo di Caporetto è un libro senz’altro
da leggere.
Gianni
Rocca (Torino, 22
ottobre 1927 – Roma, 20
febbraio 2006)
è stato un
giornalista italiano, fra i fondatori del quotidiano La Repubblica.
A partire dagli anni ottanta si è dedicato anche a scrivere
opere di riflessione storica che hanno avuto grande successo. Al
riguardo, fra le più note, si ricordano Cadorna, il
generalissimo di Caporetto; Fucilate gli ammiragli. La tragedia
della Marina italiana nella seconda guerra mondiale; L’Italia
invasa: 1943 – 1945; Stalin: quel “meraviglioso
georgiano”; Caro revisionista, ti scrivo….
Renzo
Montagnoli
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