Caporetto:
una battaglia e un enigma
di
Mario Silvestri
B.U.R.
Biblioteca Universale Rizzoli
Storia
Pagg.
316
ISBN
978-8817107112
Prezzo
Euro 14,00
Caporetto
e Caporettismo
Considerato
che Mario Silvestri non è uno storico di professione questo
suo libro (Caporetto: una battaglia e un enigma) assume
maggior valore, perché l’autore vi ha profuso la
passione dell’autodidatta, ma restando vincolato, giustamente,
alle ferree regole alla base di ogni ricerca che, andando a ritroso,
cerca di avvicinarsi il più possibile alla verità. Di
questa disfatta, di cui tanti hanno scritto e che nei testi
scolastici viene presentata come un dramma senza precedenti nella
storia italiana, Silvestri ci fornisce un resoconto a volte fin
troppo capillare, quasi ora per ora di quelle tragiche giornate che
videro un grande esercito in un’iniziale disordinata ritirata.
Peraltro, non mancano le premesse, ciò che prima avvenne, in
funzione soprattutto di cercare di comprendere i motivi per i quali
un attacco congiunto dei tedeschi e degli austriaci, che avrebbe
dovuto avere soprattutto funzioni di alleggerimento della nostra
pressione sul fronte orientale, per poco non finì per
trasformarsi in una vittoria del tutto insperata. Incapacità
del comandante in capo, cioè di Cadorna? Pochezza dei
comandanti divisionali? Stanchezza e sfiducia delle nostre truppe?
Non è improbabile che concorsero insieme queste circostanze,
ma ciò che stupisce in tutta la vicenda è che lo stesso
soldato sconfitto, ribelle alla disciplina, logorato dalla guerra, a
ritirata ultimata dietro la sponda
del
Piave e sul massiccio del Grappa si trasformò, come per
incanto, in un milite deciso, disposto anche al supremo sacrificio
pur di difendere la propria patria. A essere sinceri al brillante
arresto dell’offensiva austro-tedesca contribuì non poco
anche una diversa metodologia tattica imposta più dalle
circostanze che non da una tradizione, e cioè la possibilità
di scelte autonome sul campo, svincolate quindi dalle lungaggini
degli ordini, che partendo dal comando centrale raggiungevano dopo
non poche ore le unità combattenti. I nostri, pressati, si
ritiravano, ma poi, appena possibile, andavano al contrattacco,
praticando così quella difesa elastica dei tedeschi che aveva
vanificato tanti attacchi dei nostri alleati sul fronte occidentale.
Ma Silvestri non si limita a discutere solo di Caporetto, perché
giunge a formulare l’ipotesi che quella nostra disastrosa
disfatta sia sintomo di un male che ci affligge da prima e anche dopo
di allora. Secondo l’autore l’Italia caporetta è,
innanzi tutto, l’Italia priva del senso delle proporzioni, con
la carenza dei relativi freni inibitori che prepara il terreno alle
Caporetto storiche e cita alcuni esempi. La sconfitta di Adua fu una
Caporetto antedatata, frutto di una politica inseguitrice di
obbiettivi contraddittori e se ad Adua avessimo vinto la situazione
sarebbe rimasta la stessa, cioè l’Italia sarebbe restata
quel che era, un paese depresso in corso di lentissimo progresso
industriale. Caporettissimo fu Benito Mussolini, perché, pur
predicando per tanto tempo la violenza internazionale e pur
perseguendo una politica estera aggressiva, trascurò le forze
armate, ridotte a poca cosa, quando invece la politica di potenza
adottata richiedeva il contrario. Non mancano strali anche per i
controsensi dell’Italia attuale, per quelle spese folli e
ingiustificate di cui prima o poi si dovrà render conto,
probabilmente quando il paese sarà oggetto di una Caporetto
finanziaria ed economica. Può darsi che Silvestri abbia
ragione, ma io non sono del tutto d’accordo. Certo, la nostra
politica è tutto e il contrario di tutto, però la
tragedia di Caporetto secondo me fu provocata da un comandante in
capo che aveva tenuto troppo sulla corda i suoi uomini, considerati
alla stregua di carne da macello, da un’impreparazione di un
esercito alla difesa , essendo stato impegnato sempre prima in
manovre offensive, dalla stanchezza e dal disagio morale di truppe
troppo impegnate, da comandanti divisionali per lo più
burocrati e privi di fantasia, e anche da alcune circostanze
sfortunate, che sono sempre presenti in qualsiasi evento. Il motivo
poi per cui questa massa di sbandati e sfiduciati, una volta
arroccati sulla sponda sinistra del Piave e sul Grappa, ha combattuto
con la massima determinazione, come anche riscontrato dal nemico, sta
anche e forse soprattutto nel fatto che ora non si trattava più
di conquistare territori, ma di difendere la propria casa; inoltre
fra individui che avevano sperimentato un’angosciosa ritirata
si era venuto a cementare uno spirito di comunione che per la prima
volta li aveva fatti sentire fratelli, figli di quella stessa madre
che ora difendevano con unghie e con denti.
Da
leggere, perché è un libro molto interessante.
Mario
Silvestri
(1919-1994)
fu professore al Politecnico di Milano e titolare della cattedra di
impianti nucleari. Appassionato di storia e grande divulgatore, tra
le sue opere ricordiamo Caporetto, La
decadenza dell’Europa occidentale e Isonzo 1917,
tutte disponibili in BUR.
Renzo
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