Il
postale
di
Vincenzo Pardini
Edizioni
Fandango
Narrativa
romanzo
Pagg.
224
ISBN
9788860442901
Prezzo
Euro 15,00
Altri
tempi
L’idea
di narrare un po’ della nostra storia attraverso la vita del
conducente di una diligenza postale è indubbiamente originale,
anche perché richiama un sapore pionieristico di frontiera che
noi ben conosciamo grazie ai film western, dimenticando che negli
stessi anni la vita non era dissimile anche in Europa. In effetti,
pagina dopo pagina, ci si appassiona alle vicende di Liberio
Fraterni, di quest’uomo che alla fine dell’Ottocento
recapitava la posta nell’Alta Toscana. I personaggi non sono
molti e direi che l’autentico e assoluto protagonista è
Balio, un cavallo nero, unico nel suo genere, capace di trainare da
solo la diligenza senza apparente sforzo e senza mai stancarsi, una
bestia un po’ bizzosa, non del tutto domata e che mi sono
chiesto che significato metaforico possa avere. Senza arrivare a una
conclusione certa credo che il quadrupede in questione rappresenti il
senso di libertà innato in ognuno di noi e a riprova di
questa opinione sta il fatto che Balio, che stranamente non invecchia
mai, non appena il progresso soppianta il trasporto con la diligenza,
fugge e di lui non si saprà più nulla. Peraltro,
l’autore a cui non si deve negare il merito di saper descrivere
con abilità situazioni e paesaggi, mostra una spiccata
attitudine a relazionarsi con la natura, il che può
richiamare, ma solo in parte, un’altra figura di narratore,
cioè Mario Rigoni Stern. Il romanzo in sé presenta
appunto il motivo di interesse in questo rapporto fra Liberio e il
cavallo, mentre l’aspetto storico, che dovrebbe costituire
l’ossatura, a mio avviso è un po’ carente, nel
senso che pur rappresentando un periodo a cavallo di due secoli non
approfondisce più di tanto. Purtroppo, più si va avanti
con le pagine e con gli anni emergono alcune lacune, come riferimenti
fuorvianti a personaggi particolari, come nel caso della suora-madre
o di Giovanni Pascoli, oppure anche di Giuseppe Garibaldi, sul quale
il giudizio dell’autore è senz’altro opinabile, ma
che in ogni caso non si capisce perché venga inserito nel
testo. Con lo scoppio della prima guerra mondiale la vena fantastica
si amplia e così grazie alla massoneria Liberio farà
la conoscenza di Cadorna e di Vittorio Emanuele III, in una casa
posta immediatamente a ridosso della prima linea. In seguito,
terminato il conflitto, il figlio Amilcare, invalido di guerra,
diventerà un protagonista assoluto del fascismo. I tempi sono
cambiati, tutto sembra procedere veloce verso il futuro, il passato
ben presto sembra un trapassato e Liberio, che è un uomo di
un’altra epoca, che non può accettare i fascisti perché
così diversi da lui, comprende che il suo tempo è
finito e si lascia andare. Le ultime pagine, che lo colgono nel
momento della sua dipartita, non sono strazianti, ma nella misura in
cui danno il senso dell’inutilità di sopravvivere a
un’epoca sono veramente stupende e fanno dimenticare quelle
manchevolezze di cui ho prima accennato, contribuendo non poco a un
giudizio sostanzialmente positivo.
Vincenzo
Pardini (Fabbriche di Vallico, 7 luglio
1950) è giornalista e scrittore. Ha pubblicato diversi libri
di narrativa (romanzi e racconti) fra i quali La volpe bianca (1981),
Il falco d’oro (1983), Jodo Cartamigli (1989), La congiura
delle ombre (1991), Giovale (1993), La terza scimmia (2001), Il
viaggio dell’orsa (2011) e Il postale (2012).
Renzo
Montagnoli
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